domenica 1 maggio 2016

QUARANTATREESIMO SOLILOQUIO

Io, nel proporre il riflettere in me, in quanto io esterno, lascio balenare avvii di processi, squarci di schiarimento ghermiti dalla pertinenza ai loro settori di ricerca specialistica, per cogliere in quei tratti i loro effetti solventi, additatati a sollevare la concentrazione su circostanziante variazioni ambientali sia segnalanti tempi ripetitivi, nelle loro diversità, del sempre stato sia incoraggianti possibili modifiche all’attuale organizzazione umana di quella che, per dottrina, definiamo società.
Uno sfavillio nel rivangarli, spinto da un inquietante turbamento, dei miei pensieri: schegge in deflagrazione…non celata…della massa di tessuto nervoso del mio cranio, in funzione della quale, quel mio riflettere ne amalgama determinati suggerimenti, incentivanti una loro esplorazione…
…un lavorìo in consapevole errori grammaticali”, dei quali non chiedo alcuna assoluzione, senza stereotipatica invenzione selettiva  (lo spettro di quella “grammatica”).
In congruenza, il mio agire pensante si situa in parallelo a quello che Duque (precedentemente cit.) definisce <assemblaggio riflettente mobile> il comportamento d’oggi – la conquista individuale della parola, in forza dell’ingegnosità liberatoria della tecnologia mobile, e che la reificazione delle nostre coscienze pensanti ha trasformato in un parlare tanto per parlare che, in “candore” assiomatico, si muta in Io, la verità, parlo (Lacan, già cit.)..
…e in tale atteggiamento, prende posizione di fronte alla foschia che annebbia…oggi, in cui il parlare tanto per parlare assume lo spessore pragmatico della sua funzione sociale, causando una confusione nel linguaggio, specificatamente nel suo funzionamento logico / in conseguenza, viene ad alimentarsi un clima, che all’certezza del vivere, incorpora la confusione che assilla il nostro agire pensante / clima, che si pone problema poiché, nella non trasparenza del linguaggio, nella comunicazione, rileva le motivazioni dell’offuscamento delle idee; - oscurità e confusione, che si ripercuotono nella qualità della nostra sensibilità, dei desideri, del diritto di ogni vivente, in reciproca solidarietà, ad essere il costruttivo della propria esperienza mondana, nella consapevolezza che quel suo diritto, non come obbligo morale, ma in onestà intellettuale, si esercita nella differenza di ogni suo simile: io/tu, in reciproco riconoscersi uguali nella differenza: conformità disgiuntive che, nello sfaldare l’uniformità, lascia emergere, nella eterogeneità, la naturalità relazionale che ci fa presenti…a partire da quel vagito senza timbro”…nel normato spazio circostante, individui in relazione – l’intuizione di Kant, spenta nell’Io trascendentale: debito culturale verso la sua matrice logica: la nostra cultura, produttrice e riproduttrice in forme diverse nel variante delle stagioni, di un <processo astrattivo (in grado, anche nel virtuale, il “reale” d’oggi, di) imprimere a ogni formazione concettuale l’illusione della grandezza> (Adorno, Minima moralia).
Naturalità della relazione, la quale implica…dirottando Kant, e recuperando la distanza tra processo astrattivo e processo reale che si manifesta, per dirla con Nancy, in ondeggiamento incoativo…l’indice di praticabilità della interrelazione fra io e tu nel percorso che essa istruisce attraverso e con l’interrelazione io/tu e il divenire di quello che noi percepiamo come nostro mondo
interrelazione: azione di reciprocità in covarianza di segno / scansione in temporanea convergenza di due “domini” di due “contesti” in interazioni dirette, in bivalenza cooperative o antagoniste, individui/ambito di convivenza / interazioni, legate dalla stessa logica culturale, la quale, nella manifestazione del linguaggio, la quale, nel volere dare trasparenza alla comunicazione, rendendola più chiara e più razionale possibile, costituendosi <luogo conflittuale, (nella) inversione continua dei termini…nega radicalmente dall’interno del suo manifestarsi la trasparenza del pensiero al pensiero stesso, (ne perpetua) la confusione, (rendendola più) pericolosa> (R. Vinçon, Ermeneutica: teoria e pratica, in <Il Testo Filosofico>, a cura di F. Costa)…
…<di conseguenza (la confusione del linguaggio) deve essere presa in considerazione> (ibidem) proprio oggi, in cui il linguaggio si dà <altamente formalizzato (software)…implementato come se fosse naturale> (Duque, cit.)…
…ed esercitato in un parlare tanto per parlare…monomania, se riflettiamo sulla sua funzione sociale di trasmettere una propria esperienza di verità: parlottìo imitativo di quella forma di ragionamento che aveva nella svolta logica della conoscenza…
…in relazione alla quale il rilievo critico di Adorno in Metacritica si rivela attuale, se ci scrutiamo con onestà intellettuale, senza quel falso moralismo, gramigna dei nostri giudizi
…riallacciandosi a Durkheimer, Adorno mette in risalto la funzione che esercita ogni proposizione logica <sulla coscienza del singolo> / Un risalto, il cui staglio ha lievitato nella mia mente un’assonanza comparativa con due puntualità, riscontrabili sia in Kant (Critica della ragion pura) che in Wittgenstein (Lezioni e conversazioni), da me citati nei precedenti soliloqui…assonanza che ha svegliato in me il condividere con Vinçon l’indispensabilità di prendere, proprio oggi, possessori della parola, in considerazione la confusione del linguaggio, in quanto condizione necessaria di quella rivoluzione culturale, auspicabile per uscire dalla crisi – e che a me, nel vocio appare (vorrei tanto sbagliare!), sbandieramento propagandistico.

Proposizione logica, e il far sorgere l’ira, mi è comprensibile / un fare esperienza di un vivere alla deriva, quel propositivo fomenta lo sdegno – e lo sbraitare di un Grillo a cinque stelle si dimostra più penetrante di quella astrusità…eppure Grillo parla

Nel dire le parole si compongono in formazione discorsiva, legata da un nesso che <mostra la forma necessaria e costante> affinché una proposizione sia dotata di senso – me lo ricorda Cacciari in Krisis
…e ciò è constatabile sia nel linguaggio del quotidiano, ma specificatamente nel linguaggio enigmatico ed astruso degli intellettuali…io incluso…e in modo spregiudicato in quello di coloro che  personificano la forma stato / oggi espressione in delega della nostra volontà, esercitata da un parlamento che ne sancisce l’indipendenza…cioè l’irresponsabilità degli atti compiuti nel suo esercizio…costituzione obliata…\ nella ripartizione dei suoi poteri: esecutivo e giudiziario…
…in quel loro linguaggio impicciano la loro autonomia, spettante per diritto e, in sincronia, la responsabilità verso il parlamento, con la indipendenza, spettacolarizzando un conflitto di competenza insalubre…
…e quel marasma linguistico…che si aggroviglia con la conquista della parola, la quale ci induce ad affermarci Io, la verità, parlo (Lacan)… alimenta la confusione delle idee ed opacità nella pragmatica azione riformistica…
…e quel vincolo sociale, pur rimanendo tale, nonostante lubrificato da un moralismo che condanna l’uomo…indubbio reo, e condannabile in relazione alla sua reità, nella cui tangibilità, rimane inviolabile la sua dignità di uomo…ma tace sulla tara che sempre ha afflitto quel vincolo, già selettivo all’origine…
società mutilata.

In attualità tutto cambia / l’ingegno dell’uomo ha reso plasmabile la nostra mondanità e il desiderio, fluente anelito dell’incondizionato di ogni uomo, ha configurato rinnovate esperienze organizzative del vivere insieme la nostra temporalità: oggi, novelli Sisifo in cammino, torniamo al nostro macigno, divenuto il nostro destino, da noi stessi creato (tratto da Camus, Il mito di Sisifo, già precedentemente cit.)…
…oggi, in cui la ciarla si fa, nel suo confuso linguaggio, verità, quel <macigno rotola ancora> (ibidem), ingigantitosi dal calcolo individualistico e contraffatto da un pietismo mistico: il vaticinio di Musil (L’uomo senza qualità, vol. II)…
…eppure bisogna tentare di fermare il rotolare del macigno…entrare nella confusione e addossarla come problema in onestà intellettuale di uomini infettati nel loro agire pensante propositivi di un’ultima parola

continuerò nel prossimo soliloquio.    
Franco Riccio