CINQUANTESIMO SOLILOQUIO
Rilievi,
accondiscendenti alla mia esigenza di capire,
espressa nel precedente soliloquio, per quel taglio che
produce una diversa intelligibilità nella critica alla forma
storica con cui si dà ogni
centro gravitazionale
(unificante, normativo, multiforme, virtuale) / condizione che
qualifica la connessione-esistenza
esperienza
di verità, nel linguaggio di Lacan.
Taglio,
che, nel mio serpeggiante occhieggiare, riscopro nella svolta di
Adorno e nell'archeologia di Foucault, differenziato nelle rispettive
formazioni discorsive: non investe il risultato
- la
forma della centralizzazione – ma il percorso,
in
differenti iter, che conduce al risultato / percorso
che vedo rilevato, tratteggiato su altro binario, dalla psicologia
sperimentale di Piaget / accostamento non amalgamante le diverse
categorie di intelligibilità degli autori, da me proposto in
arbitrio,
attinenza
nel centrare i processi
soggiacenti che
ci orientano a chiarire la questione della centralizzazione,
focolaio
di <una malattia sociale che colpisce gli uomini e li determina
ereditariamente> (Adorno, Minima
moralia).
Da
tale angolazione, attraverso quei rilievi,
che io traggo dalla procedura scientifica su noi, corpi
viventi, espressa da
Piaget e dai vari autori del Trattato,
è possibile collaudare dalla svolta francofortese
e dall'archeologia di
Foucault una idea
più chiara di quel fattore
gravitazionale e la
sua relativa pressione
selettiva esercitata
sul come pensiamo
sia da uomini in grado di congegnare saperi
sia da uomini segnati
dal loro mestiere di
vivere il quotidiano.
Considerazioni
di notazioni,
ovviamente / considerazioni
non neutrali,
ma
deliberate a svolgere un ruolo provocatorio di quelle domande
qualitative di cui
oggi abbiamo
grande bisogno / considerazioni,
le quali possono aiutarci a svincolarci dalla posizione
di partigiani,
barricati nel nostro credo,
che legittima e, quindi, sancisce e conferma il nostro potere
di decisione teorica e politica,
riattivando la radice
della logica della
nostra cultura;
radice che
ha reso infeconda la nostra intelligenza,
fertilizzandola in quel <pensiero>, definito da Derrida della
<gerarchia violenta> (Posizioni).
Pensiero
della gerarchia violenta,
- ricostruzione di un processo del pensiero
condivisibile / tuttavia, quell’intelligibilità induce a pensarlo
come proprietà di fatto di una sua autonomia,
separata dalla realtà del nostro vivere: ciò ingiunge un mio
rifletterlo…senza farmi testo,
ma in desiderio consorziale:
osservarlo…con le
mie lenti…schiarite
da quelle analisi, intorno alla costruzione progressiva delle sue
strutture operatorie che sono opera del vivente,
in grado di cambiare le sue forme
di pensiero nell’interazione
con il suo ambiente.
Occhiata,
per la quale è la scelta di fare
mia l’espressione
di Oléron. Adottare <i termini “attività intellettuali”
piuttosto che “pensiero”> (cit.)
/ Due le motivazioni: pensiero
ha un sua conformità
“olimpica”, a tal punto da assumere quella autosufficienza in
grado da promuoversi una autocritica
– è sufficiente dare uno sguardo al dibattito sulla critica
della ragione
(“ragione” è equivalente a “pensiero”, distinguendosi dal
nostro uso linguistico), a partire da Kant, includendo lo stesso
Adorno; di contro, squadrarlo, nella lettura di aggiornamento,
nell’articolazione in circuiti interagenti dei vari elementi
genetici, psicologici, fisiologici nel loro interagire con le
perturbazioni esterne
/ in tale composito,
che ci struttura corpi
viventi, le “attività
intellettuali” (la Stengers usa il termine logica)
svolgono <un ruolo essenziale nella stabilità di un comportamento
vivente> (Complessità,
in Concetti nomadi,
cit,).
/ “attività intellettuali”, frutto dell’intelligenza
che possediamo unitamente con le nostre pulsioni, con le nostre
passioni, con
le diverse esigenze.
Scorsa,
pertanto, sfuggente dalla lettura di Derrida nel suo normalizzarsi
nella prospettica
compensazione
di <indicibili>.
i quali <non si lasciano più comprendere> in quella forma
di pensiero che
riattiva quella dialettica
speculativa, in
funzione della quale, nella congiunta
disgiuntiva lettura
di Adorno e Foucault, è rigeneratrice di rapporti
di potere.
Guardata,
altrettanto letta in
schermirmi, per non
scivolare in quella compensazione
che riscopro in quell’arricchimento datoci da Deleuze e da Guattari
per averci reso intelligibile il desiderio
e il suo
funzionamento
nel sociale: il propositivo di una semantica
desiderante e la
posizione trasversale alla società. di gruppi
soggetti, pluralità
di centri di
rinnovamento di un
reale possibile su quelle dinamiche molecolari,
da loro sollevate nel L’anti-Edipo:
- non ricadiamo
in
quella logica
della normalizzazione,
<che fa di molti una sola macchina, e di ogni
individuo uno
strumento per un solo fine. Il suo effetto più generale è di
insegnare l’utilità della centralizzazione> (Nietzsche, Umano
troppo umano, II)?
Ripetizione
per sollevare l'attenzione sul diverso
/ il
diverso
è un <modo di strutturare l'esperienza>, quindi è <una
interpretazione>; in quanto tale,
le procedure mentali...assorbiti pedagogicamente...muovono dalle
operazioni <logiche di base> dell'interprete e rendono
il diverso
normato dalla stessa cultura dell'interprete (cfr., P. Livet, Norme,
in Concetti
nomadi,
cit.)
- <differenza
mimetica>, mi suggerirebbe Adorno (Dialettica
negativa).
Centralizzare, sia al plurale
sia nella sua indicibilità
decostruttiva, non
implica un <giudizio di valore> dell’interprete
sull’interpretato? In quanto tale non ripristina quel mondo
è fatto così,
poiché in quella
tessitura,
monopolarizzandosi,
l’esperienza mondana si fa radicale,
in quanto ogni problema di qualsiasi ragione è risolto (cfr. M.
Cacciari, Krisis,
Feltrinelli)? In tale tessitura
non si rinnova il
<valore della discriminazione? Infatti, <il non identico (non
viene) mediato dalla coazione all’identità, vuoto resta dopo che
l’identificazione si è tagliata via la propria fetta> (Adorno)?
Quell’atto
giudicante non <è
più che il semplice ordinare in uno> (Adorno, Metacritica)?
Il suo attuarsi come processo di oggettivazione del pensiero
soggettivo dell’interprete
non richiama quel processo di normalizzazione
in ogni sapere che
si trova in risonanza con le pratiche di normalizzazione, analizzate
da Foucault?
Riflettendo in me
queste esternazioni,
si fa bruciante la convinzione di slittare l’interpretazione
su quel pensiero
della gerarchia violenta che
si ripristina nell’Altro
del pensiero, pur
aprendoci nuovi orizzonti, e concentrarmi intorno allo schema
mentale che ci
costringe ad oggettivare
i nostri pensieri
soggettivi,
sorgenti dall’urto
della nostra
intelligenza
con le perturbazioni esterne.
Quindi, individuare la prassi
che lo riattiva:
delineare in quel percorso
il binario ad unica
corsia di preferenza
/ binario,
riscontrabile nella ricostruzione dei modelli
e delle tecniche,
nelle varie ideazioni delle teorie,
nella formazione di ogni genere
di sapere,
che qualificano l’eterogeneità
della filosofia,
delle scienze,
comprese quelle esatte
e quelle, definite
da Lacan, congetturali
/ scoprire
i meccanismi di una stessa posta in gioco: <il dominio (sia)
nella sfera del concetto (sia
nella sfera de l’Altro
del concetto) si erge
sul fondamento del dominio nella realtà> (Adorno, Metacritica)
/ dominio, esercitato attraverso l’oggettivazione
del pensiero dell’interprete,
dispiegante quella normalizzazione
dei comportamenti e degli assetti associativi, come già ho
evidenziato.
Tale
orientamento mette in causa l’aspetto operativo delle funzioni
cognitive nel loro processo di sviluppo a strutture logiche. Lavoro,
quindi, non da logici,
ma da psicologi che
sperimentano quel percorso
su
basi organiche...
...implicando,
in conseguenza, questa mia scelta in un problema di relazione con il
tema in
questione: la pertinenza
che io non posseggo. Da qui il supporto delle analisi della
psicologia sperimentale condotte da Piaget, ricca per me di spunti di
chiarificazioni e che non chiudono ma aprono altri percossi
possibili, e proiettarli in quell'orizzonte di rinnovamento radicale,
proposto da Adorno e Foucault..
La
tirannia dello spazio e la logorrea della mia prolissità mi
impongono il rimando alla prossima esternazione.
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