sabato 18 ottobre 2014

UNA POSSIBILITA' D' INTESA



Soliloquio, il mio, il quale è un propormi io esterno / esternazione in emanazione comunicativa di un riflettere riflettendomi sulla quotidianità del nostro transitorio vivere, agibile attraverso le condizioni materiali di una estensione geografica planetaria, oggi, spazio critico di temporalità articolate in ondeggiamento incoativo, avvolgente le varietà tipologiche degli insiemi sociali in un sinergismo di potenziamento e di degradazione, reso più complesso da una prospettica interdipendenza tra le diverse etnie.

Riflettere riflettendosi, facendo mio un suggerimento di Nancy, elaborato attraverso una perforante indicazione di Adorno di spezzare il nodo che strozza la critica, in quanto causativo di una mimesi rinnovata, la quale rende insufficiente i contributi più avanzati, <inquadrandoli nel sistema eteronomo dei compiti stabilito dall’alto> (Minima Moralia) e, in ripercussione, andare alla radice di ogni questione. / Esortazione, sintomo della mia scelta inquietante di leggere ad alta voce la crisi che oggi travaglia il nostro vivere la quotidianità.

Riflettere riflettendosi ad alta voce, pertanto, si svolge a sollecito che rivolgo a chi, come me, è travagliato dall’inquietudine di scoprirsi, come ci esorta a pensarci Adorno, appendice del processo sociale e l’avverte come ribellione, contrapposta al silenzio passivo e al chiacchiericcio complice, <contro la pretesa di ogni immediato di piegarsi contro ciò che gli viene imposto>.

Un tentativo di sperimentare una pratica dialogica che si dispieghi con e attraverso un riflettere riflettendosi comparativo di tagli screziati sui retaggi logico-culturali, irretiti vettori di tutti i poteri all’interno dell’organizzazione sociale attraverso pratiche disciplinare, sempre più aggiornate, che li riproducono, dandogli nuova vigoria.
Soliloquio

Riflettere riflettendosi sui quei retaggi, maglie e circuiti attraverso i quali si è venuta a istituzionalizzarsi, convalidandola con la delega, la nostra condizione di appendici del processo sociale, nel mio sollecitarlo all’attenzione, è una esortazione a rendere possibile la compresenza di un fascio eterogeneo di esplorazione centrata su quella ereditàvirus, inoculato pedagogicamente in ciascuno di noi, attraverso canali diversi che si incrociano e si sostengono, pur trincerati nella loro diversa configurazione istituzionalizzata / e, ciò che si rivela indicativo - e, di conseguenza, induce a esternare il mio riflettere e prospettarlo terreno di un riflettere a più voci -, quel retaggio fermenta, nell’incontestabile evoluzione dei saperi e della tecnologia e nel clima di interesse che avvicina un pubblico sempre più vasto alle scienze, l’esigenza cruciale del cambiamento, rinnovando, direbbe Foucault, la morfologia del referenziale, mantenendo in vita la detenzione in sé di legge dell’oggetto – sia scientifico che sociale, e quel mi preme sottolineare, sia oggetto nell’ordinaria consuetudine del colloquiare -, attraverso l’autofondazione delle proprie asserzioni.
Cito Foucault, avendo in memoria la Metacritica di Adorno.

Stimolo al mio pensare: quel retaggio permanente nella discontinuità, esplorandolo attraverso la storia, è l’effetto di una cesura dal mito (connessione a memoria di Hölderlin, Adorno, Deleuze), divenuta, genealogicamente, radice rizomatica di una istruttività a organizzare i nostri pensieri soggettivi in pensieri oggettivi, in forza dei quali vengono a definirsi, per dirla con Foucault: - <le forme regolari, i permessi regolari e le proibizioni del nostro agire> all’interno degli immutati rapporti economici e di un nuovo sistema del potere>, la cui diversità di colore è solo una imbellettatura; radice rizomatica che fa, sindrome di Edipo, di <ciascuno…in fondo titolare d’un certo potere e, in questa misura, lo trasmette> (Foucault).

Soliloqui, per concludere questa premessa, in comunicabilità interattiva, il cui laccio connettivo è il condividere una reità: il dissociarsi dal babelico vocio dei vari “redentoristi”, interpreti e conoscitori dei bisogni dei loro simili, reputati minorenni, e l’esigenza di sollevare all’attenzione quella radice – il male atavico della società – attraverso un tentativo di lasciar circolare riflessioni in reciproca dissonanza, tali da proporsi indipendenti le une dalle altre / quindi lontani dal voler raggiungere una omogeneità di gruppo, ma compartecipi nel proposito di sottrarsi dalle varie forme di egemonia sociali, economiche, culturali, cementatrici di quella “regolarizzazione”, funzionale alla sempre più globalmente icastica produzione capitalistica, e garanti di una organizzazione sociale “normativizzata”, appunto, dalla delega.

Distanza da Apel e da Habermas, per i quali la razionalità comunicativa è fondamentalmente normativa, in quanto si fonda sul consenso degli interlocutori ad accettare la norma, ritenuta fondamentale, della definizione della <situazione argomentativa>, <e le cui parole d’ordine sono la verità, l’autenticità e la rettitudine nell’argomentazione> (cfr., P. Livet, Norme. I difficili rapporti del razionale e del normativo, in I. Stengers, Concetti nomadi).
Tangenziale alla trasversalità di gruppi soggetti di Deleuze e Guattari, per il ripristino di “soggettività”, sia pure in moltiplicazione, sulle quali si addensa il fantasma della radice esecrata per il ripristino di quel referenziale (Foucault), in forza della quale viene a rinnovarsi quella relazione di potere fotografata nell’espressione di Adorno in Metacritica: <io so, tu no>.

Il web, per la sua portata innovativa delle risonanze che crea, può essere una occasione da non perdere, per testimoniare la possibilità di una razionalità comunicazionale non normativa unificante, ma in interazione disgiuntiva di riflessioni diverse che non perdono la loro identità, e, quindi, allignante l’acclimatarsi una prassi dell’ascolto reciproco.

una nota esplicativa:
rifletti sul mio tentativo, e non sul suo prodotto. Esso non intende prospettare l’accettazione di una <situazione argomentativa>, ma testimoniare la possibilità di una intercomunicabilità delle diverse angolature di lettura senza che l’una sia costrizione dell’altra, e tale da costituirsi a fonte di una crescita comune.
Franco Riccio

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