giovedì 23 febbraio 2017

SESSANTASEIESIMO SOLILOQUIO

In quel permanente mutuo permutarsi....riallacciandomi alla chiusura della precedente esternazione...è l'individuazione e il riconoscere la qualità che rende singolare la nostra cultura / il sincronismo con il quale viene a configurarsi, per dirla con Lacan, una <esperienza di verità>, ne caratterizza la peculiarità, che la coltiva: condizione, del modo di vivere la nostra mondanità attraverso il confarsi delle interazioni delle sue varianti che la configura area di esperienza; manifestazione della sviluppo spirale del nostro cammino / l'articolazione della sua dinamica interna si esterna nella promozione...in noi occidentali...di una capacità bilaterale, la quale è un “bifronte” tra valutazione e affermazione nei confronti di un esterno di per sé incomprensibile, se non nel linguaggio degli dei: l'esistente, il quale...nell'abituale nostro modo di identificarlo...si dà come universo/natura, per un verso; per l'altro, come nostra esperienza del vivere il nostro passaggio su un pianeta che ci ospita.

Capacità...conquistata e maturata, in forza di un correlarsi l'intelligenza – la nostra – con l'ondeggiamento incoativo, nel linguaggio di Nancy, dell'esperienza (mondo/società) / in quel correlarsi si dà conflittuale a quel fuori, costituito da fenomeni (Kant): un negare quell'esterno, per riprodurlo secondo l'intelligibilità di quella capacità bilaterale, alimentata, appunto, dall'intelligenza / in quel ritaglio...in cui promozionale è il linguaggio...l'istanza valutativa si concretizza, nell'affermarlo esperienza di verità, riprodotta mediante le diverse tecniche linguistiche: in tale affermazione, quel “reale” si fa “storia” e la “storia” si fa “cultura”.

Questo mio sproloquiare, di chi e di che cosa ciarla? Di chi parlo?!? Di me, di te, di noi con i nostri mestieri, professioni, ascrivendo filosofi, scienziati, artisti, poeti / parlo di noi, corpi viventi, i quali, nell'agire...differenziato a vari livelli...pensiamo / conduzione esplicativa di una naturalità in atto, <emergente soltanto grazie allo sviluppo della scatola cranica (, sviluppo decisivo nella) evoluzione del sistema nervoso centrale (disimpegnante in noi intelligenza e riflessione) / facoltà, l'una, <ricca di immensa potenzialità> (Monod, Il caso e la necessità); <ricchezza del rinnovamento costante, della creazione di nuove modalità di agire, di pensare e perfino di sentire> (Oléron, L'intelligenza, in Trattato, vol. 7°, cit.) / esercizio del vagliare, l'altra; un riflettere, il quale si impone al sorgere di situazioni e di oggetti in stato di squilibrio, avendo come obiettivo, non una finalità speculativa, ma la trasformazione della situazione e dell'oggetto, costituitesi problema (Piaget/Inhelder, Le operazioni intellettuali, in Trattato, vol. 7°, cit.)...
...in siffatta naturalità ci posizioniamo operanti culturalmente, riproducendo un “reale” che parla di “umano” - e quel “reale” prende storia, si fa cultura / vale a dire: riproduce...ricreandola... sia con le diverse tecniche del linguaggio sia con quel dicibile che è dell'arte e della poesia...la temporaneità di quella esperienza di vita nelle sue dimensioni, nelle sue forme, nei suoi umori che la configurano...

...ma nell'immaginario collettivo cultura è quel mondo, definito da Aristotele, che è al di la del vero e del falso, il regno dell'arte, della poesia...
...e ciò fa sorgere in me il bisogno di riflettere, rinviando all'incerto domani.




giovedì 16 febbraio 2017

SESSANTACINQUESIMO

L'uomo? Il maschio, manifestazione del genere umano, del quale la donna è il complementare? Assuefazione mentale biblica, che, nell'acquisizione del concetto di virilità...memoria romana...è diventata costume di supremazia, egemone in ogni settore dell'organizzazione del vivere l'esperienza della nostra mondanità.
Ma, su quella condizione che s'impone “architettonica” messa in ordine una contingenza incontrollabile, la nemesi della storia.
La staffilata è piombata su quella mentalità, dissigillandola: nel mio immaginario, la sollevazione delle donne / sferzata...oggi, lontana e obliterata dalle donne, lusingate ed appagate dal canto maschile del 50%...a quel costume maschile di conduzione del vivere l'esperienza del transitare questo nostro passaggio mondano.
Il mio rievocarla con quel termine ha una motivazione politica: il suo costrutto...in quel mio immaginario...esterna l'insorgenza di un ribaltamento della nostra cultura / insorgenza, che io...in arbitrio...esterno: da una libertà condizionata dalla esigenza difensiva dell'equilibrio di un sociale, organizzato con i criteri di chi ne assume la gestione, all'autodeterminazione individuale in un sociale auto-gestito.
Soggettiva interpretazione, ma che ha un suo fondamento, almeno per me, in quella staffilata: non richiesta di legittimare un diritto usurpato, ma affermazione di una presa di diritto, e che maschi e donne nel '68 hanno proiettata in immaginazione al potere: - data di una rondine che non fa primavera...il mio rinascimento culturale.
Sollevarla alla memoria è un voler urlare il valore dell'equipollenza della differenza irriducibile dei due sessi e il suo farsi statura sia per ogni altra forma di sessualità sia per la eliminazione della sperequazione sociale / per me, energia per provare a scuotere le menti sulla validità della circolazione della diversità delle idee per una relazione sociale degna ad esseri umani che fruiscono...direbbe Adorno...di <una coscienza padrona di sé>.
Oltre quell'urlo, sottolineare in quella presa di diritto la vulnerabilità di quella condizione di vita, formalizzata in “terminologia”, attraverso la quale l'articolazione del tutto e l'organicità di ogni conoscenza rilevano il loro grado di astrazione / obiettivo perduto / quella ventata, normalizzata al maschile, intensifica la confusione / si fa, in buona fede, acciambellare nell'incetta dei voti dell'elettorato.

Non siamo usciti dal maschile / abbiamo assimilato le novità emergenti attraverso schemi mentali ereditari, a diverso grado di profondità / li abbiamo trasmessi all'attuale generazione / noi e loro, oggi...in persistenza educativa, socialmente stanziale...conformiamo la nostra psiche ad assimilare le novità emergenti a quegli schemi – ribadisco – ereditati.
In ciò, mi sostiene una convergenza fra Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino, e Hallowell, Culture, personality, and society, in Trattato, vol. 10, già cit.
Per tale influsso siamo strascinati nel vortice di una crisi diversa da quella che provocò...nel 1929...il crollo di Wall Street (Bordoni, Stato di crisi, già cit.).

Una crisi, che coniuga, in ibrido amalgamare: virtualità del capitale finanziario, che sconvolge il mondo del lavoro e rende sterile la consueta lotta sindacale, in quanto il centro gravitazionale dell'economia non è la fabbrica, ma la banca / crisi dello Stato di diritto, lacerato da un conflitto interno tra i suoi poteri autonomi, esecutivo/magistratura – la democrazia americana ne è testimonianza recente / crisi di rappresentanza, per una classe politica svilita da idee e cieca, a tal punto da non rendersi conto di aver perduto quel potere politico...sia pur parziale...sull'economia, oggi posseduto in anonimato nell'olimpo finanziario (rimando al mio ciclo sulla crisi), per cui gli atti di specifici contenuti politici si traducono in enfasi verbale: atti...direbbe Adorno, (Prismi)...<a riempire il vuoto delle coscienze espropriate> / <l'ordito sempre mobile e sempre mutevole di relazioni instabili che formano noduli di intensità in una Rete sempre in formazione e distruzione, come risultato di incroci che aumentano o diminuiscono in base all'uso> (Duque, L'età è mobile...cit.) / la mina islamica all'interno delle nostre territorialità / l'imperialismo economico cinese.

Tematiche già esternate nelle mie precedenti riflessioni / Qui, schizzi di una panoramica molto più vasta per sottolineare il fattore causale...un per me senza presunzione di prendere “testo”...della confusione come il problema in risalto attanagliante il nostro attuale agire pensante sia nelle nostre prese di posizioni nei vari settori, che delineano il perimetro che circoscrive la consuetudine del nostro vivere sia nell'intrecciarsi...e nel conseguenziale interagire...della crisi economica con sviluppi di eventi situazionali e le sempre più aggiornate possibilità, fornite dalla Rete e dal cellulare.

Presenza, quindi, di un contemporaneo contesto che prende storia attraverso, appunto, quel reticolo di connessione di situazione diverse con una connotazione che va precisata: il contagio: diffondono effetti di propagazione del loro reciproco interagire in ogni settore del nostro vivere organizzato: lavoro, famiglia, scuola, divertimento, religioni varie.

La confusione come problema è posta da quel contesto ed è in relazione alle dinamiche che si esplicano nella relazione induzione/risposte: induzioni, che chiedono nuovi adattamenti, e le nostre risposte sia da individui privati sia da individui deleganti ai gestori della nostra volontà politica e...in responsabilità...dai delegati, i quali, per quell'onere, la risposta assume valenza determinante per la legalità dei nostri comportamenti / risposte a quelle induzioni...che l'interazione reciproca rende complesse...implicanti il cambiamento delle condizioni organizzative, in avaria, dell'insieme associativo, e, quindi, assunzione di adeguati adattamenti...
...e in quella assunzione di responsabilità dei delegati, la confusione, che è nei nostri cervelli, rientra tortuosa e si fa pericolosa...
...nella misura in cui la risposta agli stimoli nuovi continua a reagire in maniera conforme a quella mentalità ereditaria di una riequilibrazione della condizione di sempre: l'utilizzo della <centralizzazione>, la quale fa della <sovranità individuale...una sola macchina, e di ogni individuo uno strumento per un solo fine> (Nietzsche, Umano troppo umano, già cit.)...
...con un aggravio: quanto più il linguaggio nella comunicazione della risposta all'induzione vuole essere più chiaro, tanto più...nella varianza dei termini...quella confusione ritorna.

Retaggio culturale di circostanze che pongono l'intelligenza dell'uomo di fronte alle perturbazioni che esse esternano, provocando una rottura dell'equilibrio esistente / momento genealogico di un diverso esercizio del pensare in andamento integrativo delle variabili dell'esistente / momento configurante un pensare oggettivante che sancisce un criterio di demarcazione tra forma e contenuto (Adorno) / criterio che si fa pedagogia del nostro agire pensante, condizionando la costruzione linguistica del comunicare, e che la nostra intelligenza...nella sequenza dei tempi...modificherà quel criterio in normalizzazione dei nostri comportamenti (il moderno e la sua modernizzazione); oggi, in <io, la verità, parlo> (Lacan).

La confusione di oggi va posta in quel “concepimento” genealogico della matrice logico/ontologica della nostra cultura / matrice datata: registra il trasfigurare di quell'atteggiamento mentale che contrassegnò la cesura dal mito: la provenienza della nostra cultura. Periodo della decadenza di una Grecia sotto il dominio macedone; quell'atteggiamento scopre la sua conformazione mentale: la gerarchia delle forme...Aristotele...firmò la nostra cultura / matrice, la quale è sociale, in quanto è genealogicamente concettuale, ed è concettuale, in quanto è sociale, anche nella versione della critica...cioè nella sua negazione (Adorno, Parole chiave) / matrice, che fertilizza l'auto-legittimazione di una formazione discorsiva a costituirsi...attraverso l'auto-costruzione di un linguaggio adeguato (filosofico, scientifico, software)...modello di sapere / matrice, che determina quella gerarchia delle forme che allontana la cultura dalle nostre vicissitudini, anche se li normalizza a propria immagine.

Oggi...per me...porsi la domanda sulla confusione è un prenderne atto, in quanto problema della nostra contemporaneità / un prenderne atto che è un rilevarne l'intelligibilità in quella matrice istitutiva della forma di razionalità della nostra cultura, della quale noi siamo epigoni legulei.
Prendere cognizione, in conseguenza, implica il riportare quella intelligenza costituitasi intellighenzia, egemonia culturale, alla dimensione di ogni uomo/donna <nella misura in cui questo/questa vive, parla, e produce> (Foucault), ma, soprattutto riflette: un riflettere che è un costruire, un trasformare le situazioni e gli oggetti (Piaget/Inhelder, Le operazioni intellettuali...già cit.): è cultura che si fa storia, e, in corrispondenza, è storia che si fa cultura.

continua


martedì 7 febbraio 2017

SESSANTAQUATTRESIMO SOLILOQUIO

Riprendo il diario delle mie esternazioni inservibili / la solita titubanza di chi e di che cosa io vado chiacchierando / albeggia / mi dispongo al fluire dei miei pensieri inutili / utilizzo, aggiornandolo, il materiale indispensabile al mio riflettere, e, nel rivitalizzarlo, mi si ravvivano, rinverditi, i miei pensieri / li sfiato in un virtuale sgolarmi a virtuali uditori
nella speranza di disassuefarli dalla confusione delle idee e del linguaggio in cui viviamo / socializzo le esperienze, legate al mio lavoro e al taglio operativo di una scelta di intervento partecipativo alle vicissitudini di un sociale alterato e strozzato dalle menomazioni inflitte da un capitalismo padrone del mercato finanziario e da una politica senza potere e rovesciata in un brigare...interno a quel “componibile” che li discrimina da noi “spettatori”...fra gli addetti ai lavori per un posto al “sole” / nel trasmettere quelle mie esperienze, necessariamente, mi apro verso la contingenza fluente dell'esterno.

Rifletto su quella brusca interruzione del soliloquio precedente / in quel mio rimuginare è l'accendersi interrogativi che sbriciolano il filo conduttore del discorso sulla cultura, proprio nel momento in cui, con Aristotele, l'argomentazione prende forma e, in essa si fa cultura, la quale prende storia, e, viceversa, la storia si fa cultura.

Reciproca convertibilità, su cui, oggi, è necessario riflettere, sottraendola a quella letteratura / simultaneità che smitizza ogni “fabbricazione” subordinata alla costruzione del “sistema”, che nella sua trasparenzala configura dotata dall'unità del Nome” / defluisce attraverso la commistione di variabili dipendenti e variabili indipendenti che determinano il temporaneo campo di determinazione storica: - un mio pensare che non fa testo.


Mi rendo conto della divagazione. Innegabile svarione / mi dichiaro reo confesso, con l'aggravio di una mia presa di posizione da non credente verso la “corporatura” che prende “facciata” ogni “formalizzata” procedura / in quell'abito, mi chiedo: una formazione discorsiva può auto-legittimarsi? Per quell'auto non deve ricorrere ad una modalità operativa – e, quindi farsi logica? Di conseguenza, auto-costruirsi un linguaggio, il cui simbolismo deve connettersi con quel registro? Proiettarsi verso la contingenza dell'esperienza? Quindi, farsi storia, aut-rivelando una propensione ontologica, spiegata sotto l'unità del Nome, che rende reale il fluente dato di fatto? Propensione, la quale, nei climi differenziati, legati alle durate temporanee...cambiando i fattori, non si muta il risultato...quella propensione, permane, facendosi ontica, - fenomeno, rispecchiato...per memoria culturale...sotto l'unità variante del Nome? Infine, quelle propensioni (logica, ontologica/ontica) non entrano in conflitto con la contingenza, incoativa di per sé, e nella quale, a volte, il caso si fa necessità? Il darsi della contingenza in ondeggiamento rapsodico...per cui basta una indecisione a cambiare la posta in gioco...non rende impossibile il suo essere pensata all'interno di un sistema (Nancy, Le discours de la syncope)?

In essi, il movente / irresistibile inquietudine, per quanto reprensibile nel troncare il filo del discorso e che mi espone al ludibrio degli accademici e della critica burocratica / movenza in contro tendenza: non occuparmi delle strutture interne che assegnano al discorso forma di verità (epoca classica), forma di scientificità (dal moderno ai nostri giorni) / riportare queste ai produttori, cioè ai filosofi, agli scienziati, facendo mia la presa di posizione della Stengers (Concetti nomadi, già cit.): i veri protagonisti / presa di posizione che estendo...con Foucault (Le parole e le cose, già cit.)...all'uomo nella misura in cui questo vive, parla, produce: -

il problema insoluto di un rivolgimento totale della nostra cultura / rivolgimento, non liquidazione: se esaltare la cultura è <ideologico>, come già esternato, <dall'altra parte la teoria della società, e qualsiasi prassi che si orienti su di essa, non può buttarsi col coraggio della disperazione da parte della tendenza più forte, colpire ciò che cade e far propria la liquidazione della cultura: altrimenti si fa complice della caduta nella barbarie> (Adorno/Horkheimer, Sociologia II).

Riportare oggi…fuorviando ogni umanesimo e ogni appiattimento delle diversità...quell'uomo nella misura in cui questo vive, parla, produce... è la scommessa di una configurazione organizzativa della relazione di convivenza basata su quella misura, la quale spezza l'origine della sperequazione sociale / scommessa ragionevolmente fondata nella valutazione dei mezzi della tecnologia mobile in quanto prestazione.

Dibattere in comparazione di idee, estranea al conflitto tra idee...per me... è diradare la nebulosa che offusca le nostre menti e rende lontana la cultura dal nostro vivere quotidiano: il <feticcio supremo> per il turista sfaccendato: la cultura non ha una sua capitale: si impone al di sopra delle geografie politiche e delle razze / non ha compartimenti circoscritti: è un modo di concepire...letto nel suo significato etimologico...il mettere in luce un modo di vivere il nostro passaggio su una terra liberata da ogni profeta, nostro redentore / è un graffiare l'artificiosità architettonica di un sistema formale che ci vede...ancora oggi...democratici in balia delle decisioni di chi si auto-dichiara espressione della volontà popolare.

Bisogna ancora riflettere...

...al prossimo


giovedì 2 febbraio 2017

SESSANTATREESIMO SOLILOQUIO

Sono trascorsi appena pochi mesi, una voce autorevole, oggi zittita per la gara al voto: il Presidente della repubblica – e, il trasudare di una sua pensosa considerazione...nel marasma delle dicerie sulla crisi economica...mette alle strette i commentatori politici, economici, sociologici e noi, uomini di strada: il processo soggiacente la crisi in atto è di ordine culturale, strutturalmente legato con l'economia finanziaria.

Quella voce...in una acclamata coralità di consensi...sorrise alla mia speranza / Il trambusto di una dialettica politica senza idee lasciava trapelare un concepire...in quella voce in estensione unanime...un ordine di pensare, slittante la tradizionale separazione tra struttura e sovrastruttura: un oltre Marx e un avvicinarsi – per me – alla scuola dei francofortesi / esaltazione...in quella coralità.../ attimo fuggente, immemore di quella convinzione...maturata per educazione e per contagio...della non pertinenza di un discorso sulla cultura nei nostri travagli giornalieri.
In un baleno...la nebbia del linguaggio abbuiò, e abbuia ancora oggi, quell'avviare inaugurale / il mio pensare si fa pesante / quella voce... azzittita, oggi, dalla controversia del come farci votare...da pregiudiziale a qualsiasi analisi, ripristinava nei fatti la convinzione di sempre: la cultura è lontana dal mondo del lavoro, dell'economia, della politica / regno a sé, si esprime nella poesia, nell'arte: limbo della fantasia – Aristotele, giudice istruttore d'appello.
Quel dire autorevole, un momentaneo raptus:
<esaltare astrattamente la cultura e farne una norma o come si suol dire un valore, (tali) asserzioni di simile tenore (,) tagliano il rapporto di tutto ciò che è culturale con la creazione di una vita degna dell'uomo da parte di una coscienza padrona di sé> (Adorno/Horkheimer, Sociologia II)...
...ciò mi sospinge verso un acquitrinoso stagno: - il mio interrogativo, impervio, dovrà imbattersi in tale intralcio.

Autarchia di un concetto - maturazione di uno sviluppo delle nostre operazioni intellettuali in acclimatazione, che nel prendere storia, si fa concepimento di un redigere in sé la relazione inestinguibile uomo/dato di fatto: relazione, - intuizione di un Kant (Critica della Ragion pura) infettato da quella climatizzazione attestatasi memoria culturale del nostro essere occidentali.

Io, in contagio...frontale a quella memoria...in rivisitata ponderazione, coinvolgente il mio orientato interrogativo...

...e la storia mi riporta a quell'atteggiamento mentale che data la presa di diritto dell'<esclusivamente umana di tutto ciò che è umano> (Camus) / il riconsiderarlo, oggi, in correlazione tra...storia dei fatti e progressi della biologia molecolare, di una psicologia sperimentale del comportamento, delle elaborazioni, provenienti dai vari campi del sapere...è un prendere coscienza storica della nostra cultura / intenderci per operare, attraverso riforme, nelle quali la necessità immediata sia, pari tempo, proiettata verso l'incerto domani.

Abbiamo bisogno del risveglio in ciascuno di noi di quella coscienza / in essa, e con essa, è il rinvenire...attraverso la fluttuante trafila della provenienza della nostra cultura...quel suo orientare...che oggi...nella copiosa informazione senza sapere...ci fa sovrani fideisti...le attività di un agire pensante a concepire le risposte ai problemi emergenti, in forza di un rinvenire in quel comportamento mentale la soluzione / un rinvenire in sé - l'elemento strategico da porre a problema - il cui effetto solvente nell'agire pensante di ogni azione degli uomini e nella loro reciproca interrelazione veniva...in quel nostro passato...a costituirsi condizione di vita / oggi, tortuosamente persistente e ridotto a slogan pubblicitario che ci condanna a spettatori passivi delle controversie degli addetti della politica e degli stessi detentori dei poteri dello Stato – un tempo di diritto – e chiamati al bisogno: e grazie alla norma costituzionale...confusi dai rispettivi tracciati di un si e di un no...per un decimo di secondo, diventiamo, da appendici, soggetti potestativi.

Io – inutile Sisifo – vi ricordo la storia della trafila della provenienza della nostra cultura: in una prima fase...quel punto nevralgico da mettere in questione...è esemplificato nella <scultura, efflorescenza dell'arte greca e nella tragedia, efflorescenza della società greca> (giudizio di Nietzsche, La nascita della tragedia, riportato da Weber, già cit.) / una seconda fase di quella prosecuzione lascia tralucere un modo di pensarerazionale”, ma “informe” nel costrutto: ciò è fotografabile a partire del 430 a.C.: quel rinvenire in sé le relazioni duali io/tu e io/fuori – per dirla con Lacan – nella parola, sostenuta dal desiderio, viene affermata esperienza di verità / la terza fase...in scenario in mutata trasformazione (300 a.C. - in memoria) – siamo in epoca ellenistica, quindi nuovi orizzonti / imperialismo macedone e il mutamento del <significato della polis> (Weber) – segna di quella prosecuzione una problematica più elaborata, per l'attivarsi di influenti scuole, quali: epicureismo/stoicismo/accademia di Platone e che, nella scuola peripatetica di Aristotele, assurge a fonte di un pensare quelle relazioni duali nel ritaglio operativo della gerarchia delle sue forme...
...e le condizioni dell'esistenza si tramutano in argomentazioni / la loro formalizzazione prende storia: si fa cultura, e la storia si fa cultura... 

...mi interrompo / un prorogare, il quale è un vigilare il mio esternare...al prossimo