CINQUANTADUEESIMO
SOLILOQUIO
Il
parlarne sul serio è
l’affrancamento dal nostro schema
mentale, educato a
segnare <la linea
che l’interprete deve seguire nel futuro> (Vitello) – e il
tempo defluisce nei cardini del sempre
stato /
la scommessa di un
oggi che ci
convalida, per dirla con Bauman, individui solitari <in una festa
piena di gente> (Stato
di crisi, cit.)
/ scommessa di uno stile
praticabile
un fuorviare i paradigmi disciplinari,
e necessitante un conoscere
a più voci.
In
tale scommessa,
la mia decisiva responsabilità: il prelevare: - in
relazione al
processo di trasformazione
delle
varianti instaurazioni,
di riattualizzazione
del
<già è>, all'interno dell'insorgenza di nuovi problemi,
provocati dall'inarrestabile fluire dell'esperienza della nostra
mondanità - indici
pregnanti nel
loro mutamento di forma
che
investono strutture economiche, organizzazione dei nostri rapporti
sociali, il sapere e i suoi generi
discorsivi
/ indici
estratti a partire
da quella svolta,
genealogia della
nostra cultura
/ <non
si tratta di una cifratura retrospettiva dello sguardo storico>,
concordando con Foucault di <Che
cosa è un autore?> / si
tratta di un tentativo di usare quel che Foucault definisce <il
chiavistello della dimenticanza> (ibidem)
– il non
dimenticare
adorniano
per non cadere in balia
del mondo -
: <la chiave che permette di aprir(e quella radice
che
instaura ogni diversa formazione
discorsiva e il
relativo
effetto solvente sui
dati di fatto), in modo tale che la dimenticanza e l'impedimento del
ritorno stesso possono essere aboliti dal ritorno> (ibidem).
La
chiave:
il problema insoluto / il blocco mentale dell'amnesia della nostra
intelligenza,
distratta dalle imbrigliature delle lusinghe delle novità
con l'affanno del vivere l'immediato
/ blocco,
che oggi ci
posiziona in una rassegnata indifferenza il vivere la crisi:
rischio di un'attuale
posta in gioco che circoscrive, una <crisi
di rappresentanza>
che passa oltre la perdita di fiducia della gente verso la società
istituzionalizzata, poiché
coinvolge tutte la
varie sovranità
territoriali / quel vissuto,
praticato dalla gente nella bipolarità
che la situava appendice
di un apparato,
macchina organizzativa del loro essere al mondo, viene assorbito da
una complementaria bipolarità
che relega, ancor di
più, quella gente al rango di assoggettati volontari, normalizzati
in balia del mondo.
Viene,
infatti, a consolidarsi quella, già da me precedentemente
evidenziata nel ciclo sulla crisi,
<sovraclasse
globale che prende tutte le principali decisioni economiche, e le
rende del tutto indipendenti dai legislatori e, a fortiori, dalla
volontà degli elettori di un dato paese> (R. Rorty, cit.
in
Stato di
crisi).
Salta
fuori n interregnum di
gestione delle <finanze, (dei) capitali di investimento, (dei)
mercati di lavoro e (della) circolazione delle merci> (perché)
ha sottratto il potere
dalla politica,
vincolando ogni territorialità
<a cercare soluzioni locali
a problemi generati a livello
globale> (Barman,
Stato di crisi,
cit.)
/ effetto, pertanto <paralizzante (del) sistema
politico (di ogni
geografia politica)
ridott(a) a gestire l’ordinaria amministrazione, incapace di
sostenere e risolvere problemi che il potere globale…impone
con sempre maggiore frequenza> (ibidem).
Viviamo
una situazione del tutto particolare che ci pone <di fronte al
compito di innalzare la politica e le poste in gioco a un livello del
tutto nuovo e senza precedenti> (ibidem)
/ noi educati normativamente da un sapere
fondato
sulla divisione dei compiti
che
dà luogo ad
un comportamento
statistico dominante,
il quale disperde le possibili nostre manifestazioni (rinvio alla
lettura del saggio di Pierre Livet Norne,
specificatamente
al cap. Norme
collettive, dispersione statistica e genetica,
in Concetti
nomadi,
cit.).
Un
impegno che ci situa in una condizione dilemmatica
che conia col sigillo dell'evidenza: ogni aspetto del nostro vivere
il quotidiano; lo smantellamento del garantismo sociale; il
propositivo riformista delle varie tendenze politiche e sindacali,
indefinibile
per la separatezza dei settori “guasti” dall'insieme normato
e
dagli eventi
internazionali;
la sconnessione, per l'impossibilità del prevenire la svolta di una
situazione, tra logica
dei fatti e
logica
delle norme,
investendo, in conseguenza lo statuto dei vari saperi,
chiamando,
pertanto, in causa la nostra matrice
culturale...
...e
ciò che è frustrante è il rilevare quella condizione
generale l'effetto
solvente di
quell'interregnum
economico/finanziario, svincolato <da limitazioni di opportunità
politica come da esigenze di natura sociale, in nome di
un'oggettività e di un principio di equità che non esprime
un'effettiva giustizia> (Bordoni, Stato
di crisi,
cit.).
Oggettività,
- e la memoria
culturale
ricostruisce in essa, in quel suo manifestarsi, oggi, virtuale,
l'istanza
– impronta
attivante, nella misura, in cui si produce, l'operazione di cattura
del nuovo
– di giuntura incorporea
di
ogni condizione a partire dalla quale la relativa situazione si
manifesta...
...e
l'astratto diviene il reale del dato di fatto di ogni situazione /
pre dato, oggi, che si ringiovanisce in una mondanità
in veloce trasformazione, attraverso <situazioni
insostanziali> (Duque, già cit.) e dispositivi
tecnologici che agiscono sull'assetto organizzativo della società
e sul nostro agire pensante, graffiandone l'affettività, la
solidarietà la formazione della nostra personalità.
Ma
tutto è umano, troppo umano,
parafrasando Nietzsche / quell'astratto, in
qualunque stagione del nostro passaggio,
si attualizza come il
compiuto dell'<esistente> in
metamorfosi differenziata, climatizzandola in relazione al simbolo
che lo specifica, è opera dell'intelligenza
dell'uomo, in quanto agente pensante
/ essa è congiunta all'evoluzione delle strutture corticali del
cervello, alla quale è legata la funzione conoscitiva, la quale, se
nel linguaggio reperisce la sua ragion d'essere (J. Monod, Il
caso e la necessità), nella
connessione tra stimoli e risposte fa di essa la causale delle
attività intellettuali (Oléron, cit,).
Un
dato di fatto, il
quale impone un prenderne atto
attraverso un pensoso conoscere
le cagioni di quella
nebulosa che ha cinto e cinge ancora oggi la nostra intelligenza,
canalizzandola alla elaborazione
di quei modelli causativi
della reificazione
dell'<umanità (la quale, non
solo la) comprende in sé (ma viene a costituirsi condizione)
positivamente (accettata) come la forma, sia pure frammentaria e
inadeguata, che realizza il moto soggettivo solo a patto di
oggettivarlo> (Adorno, Prismi).
E,
qui mi chiedo: Siamo
dotati di una intelligenza indicibile;
non oggetto da
laboratorio né patrimonio di qualsiasi genere di discorso;
è il seme fertile nel
<rinnovamento costante, (nella) creazione di nuove modalità di
agire, di pensare e perfino del sentire (messe) in luce dalla storia,
(costituisce) il fondamento del progresso delle scienza e delle
tecniche il cui ritmo di crescita è tra i fattori sorprendenti della
nostra epoca> (Oléron)...
…tuttavia
lo spettro della reificazione, nell'esperienza che viviamo, per il
suo esercizio, concentra in sé, in istanza unica,
la singolarità del nostro vivere: precari con
il cellulare in
raffronto alla consumata procedura riformista delle forze che si
contendono il governarci,
uniti nelle diversità delle formule;
procedure che autogarantiscono
la loro “scientificità” nel riassestamento dell'equilibrio della
società, - equilibrio,
sbilanciato dalla crisi economica e dalla recrudescenza degli atavici
mali / procedure in
istanza unica per la
conformità, nella differente messa in pratica
delle forze in gioco, per il ritualizzo di quelle categorie
d'intelligibilità, memoria culturale
della nostra formazione mentale /
categorie, condizioni
di un pensare unico,
basato sul criterio<del
concetto superiore> (Adorno), in grado di canalizzare circostanze
e variazioni ambientali.
Viviamo
questo nostro passaggio in una frangente trasformazione
economica che è sociale, ed è sociale in quanto è economica, per
la correlazione di reversibilità delle operazioni dei loro circuiti
all'interno dell'organizzazione umana, coordinatrice della
complessità dei rapporti fra uomini uguali per natura e per
diritto / trasformazione che si manifesta dissipativa della
relazione interattiva dei loro circuiti: <i mercati,
luoghi virtuali...,privati di territorialità, spersonalizzati
e invisibili, sono diventati adesso lo strumento vincente di un
potere sovranazionale...sottratto al potere politico> (Bordoni,
cit.)...
...e noi
siamo legati al vecchio modello, oggettivante l'attività dell'uomo
in circuiti chiusi, determinante il dissociarsi dell'uomo del
quotidiano vivere, persuadendolo ad agire nel modo previsto da quei
circuiti, attraverso <modi e mezzi (tali da strutturare) la psiche
dell'individuo, così da indurlo ad agire in certe prevedibili
maniere> (cfr.A.I. Hallowell, Culture, personality, and
society, in “Trattato”, vol. 10°, cit.).
Tale
ragguaglio si spiega attraverso quel fattore individuato da
Piaget/Inhelder (Le operazioni intellettuali e il loro
svilppo, in “Trattato” , vol 7°, già cit.)
l'<equilibrazione>, la cui caratteristica peculiare è
data dall'esigenza che il processo delle coordinazioni generali
applicabili all'azione individuale sfocino nella costituzione di un
essere organizzato e regolato al fine della sopravvivenza e
riproduzione del tipo di organizzazione umana della società.
Da qui l'esigenza concettuale del modello unico, in
grado di catturare, con le proprie categorie oggettive i dati
di fatto e l'emergenza / esigenza...mimesi del morto (Adorno):
ogni esperienza di verità ha i presupposti e la stessa impostazione,
nella diversità configurativa, attinta al <già è>
(Hòlderlin): il mito, <il vero apriori. Il prima
che regola il dopo...e segna la linea che l'interprete deve
eseguire nel futuro> (Vitiello, già cit): <siamo
concettualmente radicati in una tradizione che ci ha dato accesso a
un modello semplice e che ha definito gli strumenti convenienti a
questa natura> (Stengers, Complessità, già cit.).
Il mio
interrogativo: se lo <statuto
di causa del modello unico è, in ultima analisi, la riequilibrazione
dell'essere vivente in <istanza unica>; se ogni definito
è l'uomo condizione di ogni manifestazione (Kant), poiché
l'intelligenza in ogni uomo è in <”equilibrio mobile”
cosicché, posta di fronte alle perturbazioni esterne, il soggetto
tende a compensarle con trasformazioni orientate in senso contrario>
(Piaget/Inhelder), perché
è indotta <a dire, “Si, certo, dev'essere così”. Una
mitologia che ha molto potere> (L. Wittgenstein, Lezioni
e conversazioni, già cit.)?
La mia
risposta: è tutto
umano, e la spiegazione umana,
per me, è rinvenibile
nella correlazione tra l'instaurazione genealogica di quel
criterio di oggettività,
istitutivo di una centralità primaria e costitutiva del darsi e
dell'accadere di ogni manifestazione
e la nostra conformazione mentale,
in concordanza uniformità protocollante l'oggettivazione
in morfosi dei pensieri soggettivi:
- instaurazione suo effetto solvente e
<condizione irreversibile di un modo di comportamento del
pensiero> (Adorno, Metacritica)...
...ne
consegue il necessario rimando al prossimo soliloquio