mercoledì 15 giugno 2016

QUARANTACINQUESIMO SOLILOQUIO

Ricompongo il sospeso…la proposta di Gervet: <esaminare come la realtà sociale appaia a livello della conoscenza comune> / proposta, la quale mi induce a perseguire…con lievitata persuasione…quel mio inquietante tentativo di sollevare all’attenzione sul come pensiamo, in quanto il problema dei problemi.

Esaminare…nel caso specifico, e lo recepisco tale in Gervet, restando ferma, nell’ascolto, la distanza degli itinerari della disamina…è un osservare analizzante, altro dal sondaggio / in tale angolazione, quell’osservare è un esporre investigante / assolve in sé il compito dell’esploratore / <frantuma il guscio (del dato rilevato): l’impotentemente isolato in base al criterio del concetto superiore, che lo (identifica)> / e in tale penetrante perforazione mette in evidenza quei <minimi tratti intramondani, (ir)rilevanti per (quel criterio)> (Adorno, Dialettica negativa) / indici, scelta a binario per una attenta riflessione su una questione alla quale è legata la ventura della nostra convivenza compartecipativa.
 
Tali indici, appunto, per la natura della questione richiedono, un’appuntita lettura / in rispondenza, mi è giovevole l’analisi sulla complessità della Stengers, in Concetti nomadi (già cit.): il costruire l’esperienza della nostra mondanità esige <una sperimentazione intelligente, che si assuma la rischiosa responsabilità di formulare domande pertinenti>: “intelligente”. vale a dire, il mettere in dubbio le <categorie d’intelligibilità> adottate nella procedura dell’identificazione di quegli indici: “controllo”, quindi, nell’interpretare quei minimi tratti una retrospettiva deduzione dalla loro singolarità una complessità con la quale si manifesta la vitalità sociale: renderebbe muta quella <comparsa di comportamenti collettivi coerenti>, proposta da Gervet / il campo da esaminare è composto di esseri viventi come è vivente la società che configura l’organizzazione del loro coabitare: quei tratti intramondani denunciano una sintomatica correlazione interattiva che provoca uno svolgimento fluttuante di quel loro singolo attrattore gravitazionale che li pone in essere nel loro confluire a configurare quel, che Foucault rileva Sulla archeologia delle scienze, <campo di determinazione storica >: sia del sapere e dello spostamento successivo delle sue strutture…e in tale sottolineatura mi risuona l’eco di Adorno nel sostenere che nessun ramo del sapere si è esaurito in se stesso <secondo il suo senso, secondo il suo essere in  sé>: ogni ramo è stato <sempre in rapporto col reale processo della vita della società, da cui si separava> (Prismi); sia di ogni manifestazione che <si manifesta a ciascun soggetto empirico> (Kant nel commento di Deleuze, in Lezione su Kant del 14 marzo 1978).

In tale corsia l’ascoltare, nel riproporla, va inserita la proposta di Gervet di un conosciuto che conosciamoio altro della società…/ ascolto, oggi, esigenza fondamentale che riguarda ciascuno di noi, colti e incolti / oggi, in cui la crisi economica esteriorizza l’intrinseca fisionomia culturale, e, quindi, coinvolge e compromette il nostro agire pensante attuale e futuro: viviamo una esperienza di un neoliberalismo fluttuante una irrefrenabile cultura dell’immediato che ci spinge a perseguire il nostro vantaggio, il quale filtra persino nell’ondata di misericordia, in quanto quieta la nostra coscienza, assillata dai propri affanni, in quel momento dell’atto caritatevole – e tutto rimane come prima (rimando ai miei precedenti soliloqui) / ci troviamo necessitati a cercare in noi stessisenza garanzia del contesto…a porci quegli interrogativi a rischio, ma, provocatori di una configurazione di prassi che instradi…in una maturata presa di coscienza della nostra temporalità…verso primavere senza ritorni.

<Il punto che più colpisce è senza dubbio il fatto che questa realtà (società) sia innanzitutto segnata dal marchio dell’esteriorità>, fa notare Gervet - e i miei pensieri lasciano affiorare la nostra memoria storica e il suo eternarsi nelle nostre varianti stagioni, uniformandoli in quella esteriorità, tale da ombrarne le diversità: antico, moderno, post-moderno, oggi dilemmatico: temporalità ripetitive della medesima rappresentazione nella mentalità degli individui in conformità di una progressiva evoluzione dei vari saperi: la società è l’altro: <dualità bipolare…: evidenza primaria della coscienza ingenua (non solo, ma perniciosa sia in quella elitaria sia nel  postulato scientifico che l’oggettiva), e il “comportamento” riflette la tensione tra i due poli costituiti dal desiderio proprio del soggetto e dagli ostacoli (o gli incitamenti) offerti dalla istituzione> (ibidem)…
…”istituzione” – risveglio nella mia memoria di un impaludarsi di quella cesura, genealogia della nostra cultura nella evoluzione dei saperi, in successione rientro nei cardini di quell’uniformità del tempo – la nostra memoria culturale…e in conseguenza, dei loro effetti solventi nella nostra mentalità.

Dicotomia, dissociazione psichica del nostro legame relazionale, naturalmente attivo (Rousseau, Emilio) in rinnovato  vincolo sociale, restaurante l’incoerente nostra condizione di appendici dell’iter del vivere la nostra mondanità
…e la foschia annebbia le rivoluzioni / le libertà sudate emanano il fetore della gramigna, non disponendo <di altro modello di libertà che quello in cui  la coscienza penetri nella complessione generale e attraverso questa in quella dell’individuo> (Adorno, Dialettica negativa)…
…e in tale processo si rinnovano le pratiche di normalizzazione, funzionali, attraverso i vari “apparati”, alla catalogazione e disciplinazione dell’individuo (Foucault, Sorvegliare e punire)...
…e la differenza stagionale dell’organizzazione umana della nostra socialità  nella nostra conformazione mentale ammorba insensibilmente il ripristino di una necessità, fattasi storia: affinché quell’organizzazione <si mantenga, non occorre soltanto che in essa si provveda all’aggiunta di nuovi individui per mezzo della riproduzione, ma che vi siano modi e mezzi di strutturare la psiche dell’individuo, così da indurlo ad agire  in certe prevedibili maniere> (A.I. Hallowell, 1953, Culture, personalità, and society, in T. Dobzhanky, L’evoluzione della specie umana, 1973, Einaudi)…
…cadenza, per la quale la primavera del giorno atteso attualizza la memoria culturale nel suo rientro nei cardini dell’uniformità del tempo: <se esistono molte maniere di strutturare l’esperienza, se ogni imposizione di significato è un’interpretazione, avremo un bell’utilizzare le stesse procedure intellettuali, le stesse operazioni logiche di base, la nostra visione del mondo sarà comunque normata dalla nostra cultura> (P. Livet, Norme. I difficili rapporti del razionale e del normativo, in Concetti nomadi, cit.).
Cadenza di una anomalia che rende leggibile un adulterato nel quale Adorno individua la <malattia della società>, il virus <che produce i suoi figli come la proiezione biologica vuole che li riproduca la natura: e cioè determinandoli ereditariamente> (Minima moralia) / In questa ottica la riflessione di Livet acquisisce un’attenzione da rileggerla, e in essa capire Adorno, in correlazione ad altre angolazioni.
<Chiunque desidera pensare la società e  di comprenderla non può non essere sedotto dall’idea di organismo, che permette di pensare i rapporti tra gli individui e la società>  (F. Gaill,  Organismo, in Concetti nomadi, ncit.)…
utilizzo questa premessa per certi rilievi scientifici che ci aiutano a rileggere Livet attraverso Adorno e quindi, valutarne la posta in gioco politica e ideologica / sull’organismo <si può dire di tutto>; ciò che mi sollecita è il portare all’attenzione è una interpretazione che sostiene quelle tesi e vederne nei prelievi dalle argomentazioni di Gaill le motivazioni
<Si può dire che la società debba restare nello stato, altrimenti ne andrebbe  della sua esistenza, perché ogni perturbazione rischierebbe di disintegrarla, e dunque che gli individui debbono sottomettersi ai vincoli di quest’ultima>.
Un rilievo angolato, il quale è un noi stessi, in quanto conoscenza in atto di vivere la nostra quotidianità in virtù di un medio della costituzione e connessione dell’esperienza che assolviamo / lo Stato è assente: non è il grido che solleviamo per le nostre tribolazioni? / Quel rilievo, per me diviene il nodo chiave per un orientamento ragionevole a capire quel continuo invocare motivo dei nostri rimedi.
Quindi problema complesso che richiede una investigazione qualitativamente adeguata / motivazione, la quale mi sprona verso una possibile procedura seriosa, a rischio e nella consapevolezza di non prospettarla come l’ultima parola / quindi, <facendo a meno della matematica>, in consonanza con la valutazione che Gaill ha della biologia, e nel coinvolgimento di altre fonti di informazione, estrarrò dal lavoro di Gaill rilievi…per me…indicativi a comprendere il nostro <comportamento – il quale per me è un agire pensante nel senso di Hölderlin.

Lancio all’attenzione un prelievo che interpreto centrale: il nostro comportamento è <un certo intervallo di tempo / è funzione di due fattori, il suo stato interno e il suo ambiente, entrambi definiti all’inizio dell’intervallo. Questi due fattori determinano il comportamento e lo stato interno dello stato successivo…
…e, qui la mia interruzione …
un rinvio – sospensione per un risalto, estorto da tale periodo  e dalla sua conclusione che subito esporrò / accorgimento per porre l’accento sul vincolo normativo che tesse l’esperire l’esperienza della nostra mondanità e il suo prospettico orizzonte (Livet) e l’eredità che la condiziona (Adorno / risalto, in quale, a sua volta, per il segnalein quanto evidenzia un processo soggiacente di canalizzazione delle variazioni ambientalici vincola ad una sua più approfondita considerazione / ponderatezza, quindi / sperimentare nuove vie che consentano di riflettere quel segnale in tutta la sua complessità / affrancarsi da quel conflitto delle interpretazioni: <Nessuna analisi è ancora in grado di penetrare fino all’inferno dove  vengono impresse le deformazioni che emergono più tardi alla luce come allegria, aperture, affabilità, felice adattamento all’inevitabile> (Adorno, Minima moralia) / la critica, il negativo, il <non identico (sono) mediat(i) dalla coazione all’identità, vuoto resto dopo che l’identificazione si è tagliata via la propria fetta> (Adorno, Dialettica negativa)…

quei richiami alla mia mente sottolineano il rinvio al prossimo soliloquio / tenterò di percorre il mio meditabondo pensare attraverso una correlazione con altre fonti di informazione, necessarie a capire l’ostacolo insito in una configurazione di prassi, mirante ad una convivenza fra esseri umani né primiultimi / la mia scelta vertirà su Piaget, Deleuze, Foucault: le loro diversità, lasciate da me nelle loro diversità, condivisibili o no, contribuiscono, per me, senza farmi “testo”, ad una presa di coscienza che la possibilità di realizzare il nostro desiderio dell’incondizionato sta nella consapevolezza di tale condizionamento (Adorno, chiusura di Minima moralia).. a poi…
Franco Riccio

QUARANTAQUATTRESIMO SOLILOQUIO

Riprendo il filo interrotto in quell’additare il rotolare, ancora oggi, del macigno (Camus) e, allo stesso tempo, nel suggerire il prenderne cognizione, non in base al clima che respiriamo / clima, per il quale l’altro è il corrotto o il criminale o l’egoista, privo di misericordia verso gli ultimi / clima, risonante un moralismo cieco, poiché pregiudica la dignità dell’uomo…inequivocabilmente colpevole, quindi: punibilelasciando scorrere il reato, cancrena da sradicare / prenderne, pertanto, cognizione, in forza di quell’onestà intellettuale che ci spinge a riflettere…rifrangendola in noipunto, per dirla con Nietzsche (La Gaia scienza), di una circonferenza - sulla condizione cagionatrice di quei fenomeni che hanno segnato il faticoso ed arduo nostro cammino verso l’emancipazione, e che, oggi, si manifestano in smodata recrudescenza.

Se quei fenomeni…estrazione umana…resistono al tempo, non segnalano una moria in propagazione, tale da evidenziare l’impotenza di ogni normativa, anche la più inflessibile? Non è lecito il sospetto della presenza di un virus che evidenza in quei fenomeni la malattia congenita in ogni organizzazione umana del nostro vivere da individui in naturalmente attivo (espressione a prestito dall’Emilio di Rousseau) relazionarci con i nostri simili, e che ci rende singolarmente sociali? Quel virus non denuncia un problema sociale di pertinenza politica e non giudiziaria, fermo restando la punibilità del reato? Oggi da emancipati, annebbiati della confusione delle pertinenze di quei poteri che un tempo definiva lo Stato di diritto? Non è individuabile in quella confusione una sfuggente distanza tra autonomia e indipendenza? distanza, sancita per impedire a quei poteri l’insorgere pretenzioso della riduzione all’unità di quel equilibrio, argine a ritorni, sovvertiti dalla maturata presa di coscienza popolare? Perché, noi…né guelfi, né ghibellini…non proviamo a sbirciare con occhio microscopico quella conflittualità? Non siamo…a prima occhiata…spettatori inerti di una spettacolarità angosciante e che raggiunge livelli di assurdità a tal punto da barattare un accordo tra parti, chiamati ad esercitare un servizio sociale, obliando il vincolo costituzionale e sostituendolo con il rispetto reciproco? Addentrandoci, non salta fuori una anomalia che stride con la genealogia che ha dato vita a questa nostra organizzazione sociale, e rintracciarla nella dimenticanza della conquista della nostra sovranità, sancendola…nella delega…nel requisito della responsabilità verso se stessa, cioè il diritto ad attribuirsi l’indipendenza? Più a fondo, non è visibile una delle cause che  oggi generano la crisi della rappresentanza e l’incertezza del diritto? Tali rilievi non possono costituire l’interrata condizione innovante insorgenze contro le quali abbiamo lottato?

Ci siamo impossessati di tutte quelle libertà che caratterizzano il <naturalmente attivo> (ibidem) del nostro agire pensante: prima, conquistandole attraverso lotte e sofferenze; poi, nell’avvicendarsi dei tempi,  sudandole e strappandole a formazioni sovrane per un loro riconoscimento giuridico – e il <già è> avviò il suo attualizzarsi in esse, in forza ad una normativa che noi abbiamo voluto, nella fiducia in noi di aprire una pagina su cui iniziare a scrivere una esperienza di vita. tratteggiata dalle coordinate della nostra cooperativa produttività, poiché i delegati della nostra sovranità continuarono, e continuano ancora oggi, a chiamarsi Stato (leggere Nietzsche, Così parlò Zarathustra), eternando il sempre stato della discriminante separazione fra governanti e governati: governare per governarci è la corale che oggi unifica le diverse tonalità dei vocati…in appendice la nostra sovranità.
Abbiamo reso possibile la traduzione della nostra sessualità in sapere, tale da renderla insegnabile nelle scuole / abbiamo conquistato il diritto alla parola, in forza dell’ingegno dell’uomo della tecnologia mobile che ha smacchiato quell’appellativo di massa che ci uniformava nello status di esseri all’oscuro, e resa visibile la nostra sovranità di individui, costituente una moltitudine, legata trasversalmente dalla tecnica (Duque, già cit. / siamo i padroni assoluti dell’universo intero / niente ci è oscuro: abbiamo sfidato la morte, debellando malattie tradizionali e nuove, allungando la vita; abbiamo dimostrato a Dio la nostra capacità di aver scoperto la particella con la quale ha creato il mondo / abbiamo ricuperato e evidenziato la capacità della nostra facoltà di pensare oltre al burocraticismo e formalismo del nostro agire pensante, esternando la possibilità della nostra immaginazione di una disposizione configurativa dei rapporti umani sottratta al dominio capitalistico e ad ogni forma di potere dell’uomo sull’uomo, indicandone la via in un ribaltamento culturale, reso possibile da una logica al femminile, in grado di promuovere una partecipazione collettiva nella pratica del vivere la nostra mondanità: il sessantottoutopia, dimostrata praticabile negli anni settanta e ottanta per la concomitanza di più fattori, tra i quali: <lo sviluppo della tecnologia, il post-fordismo e la smaterializzazione del lavoro, unite all’esplosione del consumismo e della diffusione delle comunicazioni> (Bordone, Stato di crisi, già cit.)…eppure
…viviamo e subiamo un loro profondo processo di revisione, il quale è più che una <restaurazione> (Bordoni, già cit.), ma una  recrudescenza del sempre stato.
Il sempre stato: il filo rosso di una economia in svolta capitalistica, nel taglio del moderno, oggi in gestione del mercato finanziario che, nella virtualità del capitale, immette e instrada nel nostro quotidiano il lasciar fare dello spirito liberista in chiave di un individualismo in bàlia del mondo e senza futuro, legandolo a perseguire il proprio vantaggio, promuovendo: lo sfaldamento della solidarietà, incanalando ciascuno di noi, educati dalla cultura dei nostri padri e vigente nella nostra operatività quotidiana, verso una cultura dell’immediato; il trasferimento della produttività del capitale dalla fabbrica alla banca, il  cui effetto solvente mette in pratica un nuovo padronato: sia in economia, poiché il visibile capitalista e individuabile, l’obiettivo delle lotte sindacali, si è virtualizzato nell’anonimato gestore del mercato finanziario; sia in politica, dalla quale ne sottrae il potere altra causa della crisi della rappresentanza, in quanto provoca <un’effettiva cancellazione di certe prerogative democratiche>, determinando <l’abbattimento drastico del welfare, (costringendo ogni Stato) a inserire la pratica del pareggio del bilancio nelle proprie Costituzioni>, (rendendo più visibile): la disuguaglianza dei cittadini>; la formalizzazione <di fatto (della) precarizzazione del lavoro come pratica necessaria per far fronte alle richieste di maggiore elasticità da parte dell’industria>; <lo sganciamento dai vincoli> di controllo dello Stato sull’economia, che di fatto implica una crescita e un consolidamento del capitalismo, rendendo più indipendente il suo anonimato (Barman, Stato di crisi)…

…un eppure, - incitamento ad una riflessione in correlazione su quei rilievi / indici…nell’utilizzare in arbitrio il dire di Lacan…eventi del mio corpo pensante…maturanti in esso un segnale di Adorno: la convinzione di esperire il vivere l’esperienza della mia mondanità in qualità di appendice di un processo confusionario di aggiornamento dell’incatenamento della mia coscienza, già espropriata: - una sua addizionale abrasione, poiché il modernismo del suo vincolo non è suscitato  da specifici contenuti ideologici, ma da una inoculazione pubblicizzante una riappropriazione di quel detratto subito, in mercanzia di scambio - e il constatarne il rispecchiarla nei mie conterranei…
…un eppure, - appello per una interdipendenza di riflessioni fra le nostre singolarità inalienabili: altra da una dialettica, fomentatrice di un conflitto tra le interpretazioni, ognuna delle quali in assiomatica ultima parola /  circolazione di liberi pensieri di un noi che lascia affiorare le singolarità degli io, foraggiata da quella circolazione / un noi non elettisenza pulpito, il podio che ci fa attori…un noi atonali in dissonanza dalla corale unificante  in tonalità in chiave di destra, di sinistra, di centro, diversificato dalle varie note, di anti-politica e di moralismo politico: manfrine, ambedue, in insegna promozionale, sventagliata in: mani puliti, cinque stelle, show in sceneggiata contro-informazione, misericordiosi: coralità di una necessaria nostra governabilità per una nostra redenzione dai mali che hanno sempre afflitto la società

…e la memoria rinnova in me l’annosa questione: il presupposto di quei mali: l’esperienza umana nel suo determinarsi storicamente o la società, in funzione della quale quel presupposto diviene il risultato.

La storia della nostra cultura, proprio nelle sue varianti, ne testimonia la rilevanza / esplicitarla ne svaluterebbe la gravità: primavere ravvivanti orizzonti di approfondimento in ogni campo del sapere: dalla filosofia alle varie scienze dell’uomo; dalla fenomenologia alla etologia e all’ecologia; dal positivismo logico alla psichiatria, alla psicologia analitica, alla psicanalisi, alla psicobiologia / ogni disciplina, comprese quelle che mi dimentico, ci hanno permesso l’approccio ai processi soggiacenti a quel presupposto.

Quel che mi preme sottolineare e portarlo alla riflessione…in un suo fluire in correlata disposizione…è una questione, che ritengo centrale, e che quelle discipline sorvolano, nella diversità dei registri e codici linguistici dei loro rispettivi generi discorsivi.

In questo momento…in cui la comunicazione manifesta opacità che concima la confusione dei linguaggi, rendendola  più pericolosa, in quanto la sua non trasparenza mette in gioco la nostra convivenza civile, rendendo inumata, in essa, l’atrofia di tutto ciò che umano (Adorno, Minima moralia)…<non vale la pena esaminare come la realtà sociale appare a livello della conoscenza umana>: suggerimento di J. Gervet (Comportamento, in Concetti nomadi, cit.)? Questione in oblio, effetto solvente delle citate formazioni discorsive e inumata negli ordinamenti pratici della vita (Adorno)?

Un mio indice di valutazione / un mio problema / esigenza “educata”, proposta alla riflessione senza valersi di uno statuto di esclusività né di oggettività / esigenza: bisogno di storia, sottratta al farneticamento delirio del vocio, in atto alternatesi tra retorica e chiacchiericcio / storia in chiave genealogica dell’operato degli uomini a costruirsi e viverla l’esperienza temporanea della propria mondanità: Nietzsche, vitalizzante in Foucault nell’attualizzare quella esperienza <il campo di determinazione storica> all’interno del quale l’uomo <vive, parla, produce>(da Le parole e le cose a L’archeologia del sapere) – esperienza di fatto che (e qui è illuminante Lacan) che si determina genealogicamente in <esperienza di verità) / problema per me che si sviluppa in varco nel problema che pone in dimensione critica il nostro modo di pensare l’antinomia del presupposto che oggi condanna l’uomo, sgravando di responsabilità la istituzionalità della  società.


* problema che mette senz’altro in gioco la mia credibilità, sebbene affermata opinabile / se ho diritto a parlarediritto che in me si trasforma in impegno socialetale diritto non mi esonera di documentare la ragionevolezza del mio dire / per tal motivo interrompo tale rilievo, per aprirlo successivamente, in quanto mi è indispensabile un riordino delle mie idee e un po’ di tempo di rivedere quei riscontri che sostengono la mia opinione – al prossimo.
Franco Riccio