Le idee, schegge luminose, resistono all’usura del tempo / rime
baciate in poetica atmosfera sberleffano l’erudito burocrate, custode della pertinenza / congiunzioni disgiuntive, ossigeno al mio pensare meditabondo / mio
canale per infarcire il sospeso del
precedente soliloquio: <ogni manifestazione rinvia a delle condizioni del
suo manifestarsi>
/ Deleuze, e la semplicità dell’asserito, nella giunzione
apposta, il <quando io dico>,
concentra in sé l’insorgenza di problemi che ne rivelano l’articolazione di una
compagine di elementi che avviluppano la genealogia di ogni emergenza in una innovata complessità,
tale da rendere problematico il carattere di prolungamento, culturalmente delineato da una concezione lineare
dell’attuarsi dell’esperienza mondana del nostro esistere
/ pungolo al mio inquietante
interrogativo su quello che, a mio parere, uno spontaneo legame. dettato da quel vagito,
testimonianza della nostra presenza,
ciascuno, nessuno escluso, nel
circoscritto habitat, non scelto da noi. che, per naturalezza, dovrebbe suffragare una
convivenza fra uomini diversi in un unico corpo
associativo, diversamente, si trasforma, socialmente, per assuefazione, in un vincolo che suffraga una distribuzione qualitativa di corpi sociali, nel medesimo coabitare
/ interrogativo, prorogato dal
ricevere, in enunciati, a registri e codici linguistici in articolate
formalizzazioni diverse nell’impianto,
che io, in soggettivo pensare,
definirei modello semplice / semplice, in linea con le riflessioni di
Isabelle Stengers, in Concetti nomadi,
per l’acquisire in noi esperienza mondana del nostro pianeta, compositivo di natura e società e delle loro pieghe evolutive. attraverso <categorie
d’ìntelligibilità che presuppongo delle proprietà intrinseche> al suo
divenire in sincope (Nancy) costanti nelle sue variabili stagionali:
la letteratura ci ha reso eruditi intorno a tre modelli diversificati nel lo prolungamento
in successione lineare in ogni emergenza:
lo stacco dal mito, figurazione di una esperienza mondana
del vivere in una realtà già data compiuta
in ogni sua manifestazione e nel
suo stesso divenire in via di una circolarità del tempo, implicante il ritorno dell’identico (Hölderlin): il
modello classico: il mondo della
consonanza tra pensiero ed essere nella formalizzazione degli enunciati,
che rende riconoscibile la distinzione tra discorso
vero e falso; nelle maturazioni di condizioni economiche e politiche, il moderno, - soglia epocale di un duplice distaccco stagionale sia dal passato
remoto sia dal suo stesso farsi
storia, delinea il diversificarsi di un mutamento nei registri e codici linguistici
nell’impianto formalizzante la
elaborazione della duplicità storica
nel discorso, in funzione del quale
noi acquistiamo conoscenza dell’esperienza
mondana del vivere: - lo stagliarsi della figura
dell’uomo, fondamento della sua esperienza
di verità nel vivere la sua mondanità
(penso e sono), poiché il pensare si dà inerente al sono: stacco dal modello classico, il quale, nel rifletterlo,
si rivela attualità di quel divario, dislivello dal mito
(Dialettica dell’illuminismo),
resa implicita nel riproporsi nell’univocità del discorso, che la corrobora vera;
- ripiegatura dello stesso uomo cesura a fondamento delle novità che
delineano l’avvento di una novella stagione:
di nuovo il verificarsi di una attualizzazione
della precedente nella metamorfosi delle sue diversità nell’unità di un Io
trascendentale, condizione dell’esperienza dell’uomo del vivere il suo
mondo: metamorfosi che apre la via alle varie soggettività storiche, che, nel modello
configurativo della prassi, si affermeranno nell’abito borghese, proletario, democratico
legalista, e persino anti.politico:
cesura in ripetizione dell’oltraggio
all’uguaglianza della diversità,
rivestita dell’abito deliberato dalle varie egemonie:
proiezioni del taglio kantiano del riportare il rapporto penso e sono, in termini di condizioni
del loro darsi tali nell’abito deliberato dalla centralità decisionale
in tale segno, si innesta la mia riflessione su quel <quando io
dico>: giunzione: traccia della mia esplorazione da infedele nella fedeltà
Distogliere lo sguardo dalla manifestazione emergente alle condizioni che la promuovano / richiamo,
il quale mi sollecita una sospensione
riflessiva, a rendere leggibili, nelle condizioni,
l’articolarsi di proprietà che non
trovano riscontro né nel criticismo
né nelle sue varanti storiche
/ il riflettermi sospensivo di una esplorazione, dettata dal mio
sdegno, oggi, può presentarsi congiuntura
di un risveglio in ciascuno di noi della nostra dipendenza assoluta / non operazione
teoretica, coagulazione in ultima
parola - sua filiazione nel
riproporla nella forma di esperienza di
parola, slogan di una redenzione,
riattizzante l’esperienza storica divisoria
dell’io dall’altro / atto conoscitivo
per conoscerci per quel che siamo sempre stati, per la nostra cultura, soggetto-oggetto:
oggi, nella conquista di una democrazia
– risveglio di un popolo contro quella divisione,
esperienza politica della dittatura –
esperita come delega della propria sovranità a simili che, nella norma,
risultato di un conteggio, si fanno
chiamare Stato / interrotta
ascendenza della suggestiva responsabilità, precetto
della logica culturale della nostra mentalità
di uomini occidentali “civili” e
“civilizzatori”, <cesura del tempo> / cesura,
e la storia disvella, dalle cicatrici non rimarginate, inflitte sul corpo sociale dal suo segno emancipante una dipendenza atavica,
in positivo focolaio di un rinnovato
processo divisorio fra l’Io, soggetto e
l’io, appendice delle sue decisioni (Adorno) / cicatrici aperte in ogni stagione nella
loro diversità climatica: non letteratura, ma una loro organica riapertura stagionale / vivaio
di formazioni discorsive,
promozionali di effetti solventi sull’organizzazione del vivere il rapporto di convivenza da individui
separati in casa: disfacimento del corpo
sociale in dualistica composizione di corpi
sociali in rivalità: nobile/borghese; borghese/proletario; proletario/sottoproletario;
oggi, dopo il barbarismo nazista e fascista, e il trionfo della democrazia
dell’atomica e del calcolo dei numeri, individui-stato/appendici
delle loro decisioni: cesura:
conferma di un rivolgimento stagionale
in articolazione di un nuovo tipo di
rapporto sociale che rende condivisibile
la divisione duale fra l’io e l’altro io, attraverso l’uguaglianza sociale del voto, avvolgente in sè diritto e dovere / la crisi, in
atto, ne mette in mostra l’oltraggio atavico, che la propagazione
di un pietismo misericordioso,
abbaglio evangelico, scopre divisorio fra primi
e gli ultimi / in tale atmosfera
si elettrizza il confronto politico, fraternizzante i vocati per grazia ricevuta a rimarginare le cicatrici degli ultimi, crescenti nel numero, tale da livellare una situazione di povertà, la
cui distinzione è nella esteriorità del comportamento / confronto politico:
eufemismo: chiassoso scontro di presunzioni di verità decisionali che avvolge i
contendenti nell’unità del rimedio nella governabilità,
senza porsi il problema se la crisi attuale richieda di essere interrogata da
domande qualitativamente diverse: politici
e anti-politici, fraterni nella spettacolarità del loro contrasto “ideologico”, in formazione discorsiva promozionale della bontà del
proprio prodotto.
Non sono fuori del mio proposito
di lettura intorno alle condizioni che determinano il manifestarsi di una emergenza. Al contrario. L’esperienza
dell’oggi mi spinge ad una lettura di
ciò che si manifesta eterno ritorno
dell’identico attraverso un approfondimento della giunzione come contributo, insisto, a conoscermi.
Spinta, da
me sentita, impegno da esternare, in onestà intellettuale, aliena da ogni moralismo e da ogni pietismo, nella consapevolezza dell’essere uomo senza qualità / esternazione di un interrogarmi su quel ritorno, il quale, come mi rileva
Foucault, é non identico, ma riproduttivo di una mutilazione del corpo
sociale, il quale contempla in sé
l’individuo, il quale è tale in
quanto sociale, ed è sociale in
quanto individuo (Adorno, Parole
chiave) / un interrogarmi, in mentalità esplorativa, che si dispiega con e
attraverso quella giunzione, per
tentare di mettere in luce quella condizione, la quale, in ogni rottura stagionale, si costituisce centro potenziale di un nuovo processo,
il quale, nella misura delle sue innovate
articolazioni, rigenera la condizione
genealogica dal distacco dal mito / condizione,
per me che non fa “testo”, maturata da determinate indicazioni di Nietzsche e
Adorno e dalla costante della storia, secrezione
di una disposizione mentale produttrice in riproduzione di una situazione
esistenziale fruttifera di una commistione di grano e gramigna.
pausa ossigenante i miei pensieri Le idee, schegge luminose, resistono all’usura del tempo / rime
baciate in poetica atmosfera sberleffano l’erudito burocrate, custode della pertinenza / congiunzioni disgiuntive, ossigeno al mio pensare meditabondo / mio
canale per infarcire il sospeso del
precedente soliloquio: <ogni manifestazione rinvia a delle condizioni del
suo manifestarsi>
/ Deleuze, e la semplicità dell’asserito, nella giunzione
apposta, il <quando io dico>,
concentra in sé l’insorgenza di problemi che ne rivelano l’articolazione di una
compagine di elementi che avviluppano la genealogia di ogni emergenza in una innovata complessità,
tale da rendere problematico il carattere di prolungamento, culturalmente delineato da una concezione lineare
dell’attuarsi dell’esperienza mondana del nostro esistere
/ pungolo al mio inquietante
interrogativo su quello che, a mio parere, uno spontaneo legame. dettato da quel vagito,
testimonianza della nostra presenza,
ciascuno, nessuno escluso, nel
circoscritto habitat, non scelto da noi. che, per naturalezza, dovrebbe suffragare una
convivenza fra uomini diversi in un unico corpo
associativo, diversamente, si trasforma, socialmente, per assuefazione, in un vincolo che suffraga una distribuzione qualitativa di corpi sociali, nel medesimo coabitare
/ interrogativo, prorogato dal
ricevere, in enunciati, a registri e codici linguistici in articolate
formalizzazioni diverse nell’impianto,
che io, in soggettivo pensare,
definirei modello semplice / semplice, in linea con le riflessioni di
Isabelle Stengers, in Concetti nomadi,
per l’acquisire in noi esperienza mondana del nostro pianeta, compositivo di natura e società e delle loro pieghe evolutive. attraverso <categorie
d’ìntelligibilità che presuppongo delle proprietà intrinseche> al suo
divenire in sincope (Nancy) costanti nelle sue variabili stagionali:
la letteratura ci ha reso eruditi intorno a tre modelli diversificati nel lo prolungamento
in successione lineare in ogni emergenza:
lo stacco dal mito, figurazione di una esperienza mondana
del vivere in una realtà già data compiuta
in ogni sua manifestazione e nel
suo stesso divenire in via di una circolarità del tempo, implicante il ritorno dell’identico (Hölderlin): il
modello classico: il mondo della
consonanza tra pensiero ed essere nella formalizzazione degli enunciati,
che rende riconoscibile la distinzione tra discorso
vero e falso; nelle maturazioni di condizioni economiche e politiche, il moderno, - soglia epocale di un duplice distaccco stagionale sia dal passato
remoto sia dal suo stesso farsi
storia, delinea il diversificarsi di un mutamento nei registri e codici linguistici
nell’impianto formalizzante la
elaborazione della duplicità storica
nel discorso, in funzione del quale
noi acquistiamo conoscenza dell’esperienza
mondana del vivere: - lo stagliarsi della figura
dell’uomo, fondamento della sua esperienza
di verità nel vivere la sua mondanità
(penso e sono), poiché il pensare si dà inerente al sono: stacco dal modello classico, il quale, nel rifletterlo,
si rivela attualità di quel divario, dislivello dal mito
(Dialettica dell’illuminismo),
resa implicita nel riproporsi nell’univocità del discorso, che la corrobora vera;
- ripiegatura dello stesso uomo cesura a fondamento delle novità che
delineano l’avvento di una novella stagione:
di nuovo il verificarsi di una attualizzazione
della precedente nella metamorfosi delle sue diversità nell’unità di un Io
trascendentale, condizione dell’esperienza dell’uomo del vivere il suo
mondo: metamorfosi che apre la via alle varie soggettività storiche, che, nel modello
configurativo della prassi, si affermeranno nell’abito borghese, proletario, democratico
legalista, e persino anti.politico:
cesura in ripetizione dell’oltraggio
all’uguaglianza della diversità,
rivestita dell’abito deliberato dalle varie egemonie:
proiezioni del taglio kantiano del riportare il rapporto penso e sono, in termini di condizioni
del loro darsi tali nell’abito deliberato dalla centralità decisionale
in tale segno, si innesta la mia riflessione su quel <quando io
dico>: giunzione: traccia della mia esplorazione da infedele nella fedeltà
Distogliere lo sguardo dalla manifestazione emergente alle condizioni che la promuovano / richiamo,
il quale mi sollecita una sospensione
riflessiva, a rendere leggibili, nelle condizioni,
l’articolarsi di proprietà che non
trovano riscontro né nel criticismo
né nelle sue varanti storiche
/ il riflettermi sospensivo di una esplorazione, dettata dal mio
sdegno, oggi, può presentarsi congiuntura
di un risveglio in ciascuno di noi della nostra dipendenza assoluta / non operazione
teoretica, coagulazione in ultima
parola - sua filiazione nel
riproporla nella forma di esperienza di
parola, slogan di una redenzione,
riattizzante l’esperienza storica divisoria
dell’io dall’altro / atto conoscitivo
per conoscerci per quel che siamo sempre stati, per la nostra cultura, soggetto-oggetto:
oggi, nella conquista di una democrazia
– risveglio di un popolo contro quella divisione,
esperienza politica della dittatura –
esperita come delega della propria sovranità a simili che, nella norma,
risultato di un conteggio, si fanno
chiamare Stato / interrotta
ascendenza della suggestiva responsabilità, precetto
della logica culturale della nostra mentalità
di uomini occidentali “civili” e
“civilizzatori”, <cesura del tempo> / cesura,
e la storia disvella, dalle cicatrici non rimarginate, inflitte sul corpo sociale dal suo segno emancipante una dipendenza atavica,
in positivo focolaio di un rinnovato
processo divisorio fra l’Io, soggetto e
l’io, appendice delle sue decisioni (Adorno) / cicatrici aperte in ogni stagione nella
loro diversità climatica: non letteratura, ma una loro organica riapertura stagionale / vivaio
di formazioni discorsive,
promozionali di effetti solventi sull’organizzazione del vivere il rapporto di convivenza da individui
separati in casa: disfacimento del corpo
sociale in dualistica composizione di corpi
sociali in rivalità: nobile/borghese; borghese/proletario; proletario/sottoproletario;
oggi, dopo il barbarismo nazista e fascista, e il trionfo della democrazia
dell’atomica e del calcolo dei numeri, individui-stato/appendici
delle loro decisioni: cesura:
conferma di un rivolgimento stagionale
in articolazione di un nuovo tipo di
rapporto sociale che rende condivisibile
la divisione duale fra l’io e l’altro io, attraverso l’uguaglianza sociale del voto, avvolgente in sè diritto e dovere / la crisi, in
atto, ne mette in mostra l’oltraggio atavico, che la propagazione
di un pietismo misericordioso,
abbaglio evangelico, scopre divisorio fra primi
e gli ultimi / in tale atmosfera
si elettrizza il confronto politico, fraternizzante i vocati per grazia ricevuta a rimarginare le cicatrici degli ultimi, crescenti nel numero, tale da livellare una situazione di povertà, la
cui distinzione è nella esteriorità del comportamento / confronto politico:
eufemismo: chiassoso scontro di presunzioni di verità decisionali che avvolge i
contendenti nell’unità del rimedio nella governabilità,
senza porsi il problema se la crisi attuale richieda di essere interrogata da
domande qualitativamente diverse: politici
e anti-politici, fraterni nella spettacolarità del loro contrasto “ideologico”, in formazione discorsiva promozionale della bontà del
proprio prodotto.
Non sono fuori del mio proposito
di lettura intorno alle condizioni che determinano il manifestarsi di una emergenza. Al contrario. L’esperienza
dell’oggi mi spinge ad una lettura di
ciò che si manifesta eterno ritorno
dell’identico attraverso un approfondimento della giunzione come contributo, insisto, a conoscermi.
Spinta, da
me sentita, impegno da esternare, in onestà intellettuale, aliena da ogni moralismo e da ogni pietismo, nella consapevolezza dell’essere uomo senza qualità / esternazione di un interrogarmi su quel ritorno, il quale, come mi rileva
Foucault, é non identico, ma riproduttivo di una mutilazione del corpo
sociale, il quale contempla in sé
l’individuo, il quale è tale in
quanto sociale, ed è sociale in
quanto individuo (Adorno, Parole
chiave) / un interrogarmi, in mentalità esplorativa, che si dispiega con e
attraverso quella giunzione, per
tentare di mettere in luce quella condizione, la quale, in ogni rottura stagionale, si costituisce centro potenziale di un nuovo processo,
il quale, nella misura delle sue innovate
articolazioni, rigenera la condizione
genealogica dal distacco dal mito / condizione,
per me che non fa “testo”, maturata da determinate indicazioni di Nietzsche e
Adorno e dalla costante della storia, secrezione
di una disposizione mentale produttrice in riproduzione di una situazione
esistenziale fruttifera di una commistione di grano e gramigna.
pausa ossigenante i miei pensieri
Franco Riccio