martedì 18 agosto 2015

TRENTADUESIMO SOLILOQUIO

Le idee, schegge luminose, resistono all’usura del tempo / rime baciate in poetica atmosfera sberleffano l’erudito burocrate, custode della pertinenza / congiunzioni disgiuntive, ossigeno al mio pensare meditabondo / mio canale per infarcire il sospeso del precedente soliloquio: <ogni manifestazione rinvia a delle condizioni del suo manifestarsi>
/ Deleuze, e la semplicità dell’asserito, nella giunzione apposta, il  <quando io dico>, concentra in sé l’insorgenza di problemi che ne rivelano l’articolazione di una compagine di elementi che avviluppano la genealogia di ogni emergenza in una innovata complessità, tale da rendere problematico il carattere di prolungamento, culturalmente delineato da una concezione lineare dell’attuarsi dell’esperienza mondana del nostro esistere
/ pungolo al mio inquietante interrogativo su quello che, a mio parere, uno spontaneo legame. dettato da quel vagito, testimonianza della nostra presenza, ciascuno, nessuno escluso, nel circoscritto habitat, non scelto da noi. che, per naturalezza, dovrebbe suffragare una convivenza fra uomini diversi in un unico corpo associativo, diversamente, si trasforma, socialmente, per assuefazione, in un vincolo che suffraga una distribuzione qualitativa di corpi sociali, nel medesimo coabitare
/ interrogativo, prorogato dal ricevere, in enunciati, a registri e codici linguistici in articolate formalizzazioni diverse nell’impianto, che io, in soggettivo pensare, definirei modello semplice / semplice, in linea con le riflessioni di Isabelle Stengers, in Concetti nomadi, per l’acquisire in noi  esperienza mondana del nostro pianeta, compositivo di natura e società e delle loro pieghe evolutive. attraverso <categorie d’ìntelligibilità che presuppongo delle proprietà intrinseche> al suo divenire in sincope (Nancy) costanti nelle sue variabili stagionali: la letteratura ci ha reso eruditi intorno a tre modelli diversificati nel lo prolungamento in successione lineare in ogni emergenza: lo stacco dal mito, figurazione di una esperienza mondana del vivere in una realtà già data compiuta in ogni sua manifestazione e nel suo stesso divenire in via di una circolarità del tempo, implicante il ritorno dell’identico (Hölderlin): il modello classico: il mondo della consonanza tra pensiero ed essere nella formalizzazione degli enunciati, che rende riconoscibile la distinzione tra discorso vero e falso; nelle maturazioni di condizioni economiche e politiche, il moderno, - soglia epocale di un duplice distaccco stagionale sia dal passato remoto sia dal suo stesso farsi storia, delinea il diversificarsi di un mutamento nei registri e codici linguistici nell’impianto formalizzante la elaborazione della duplicità storica nel discorso, in funzione del quale noi acquistiamo conoscenza dell’esperienza mondana del vivere: - lo stagliarsi della figura dell’uomo, fondamento della sua esperienza di verità nel vivere la sua mondanità (penso e sono), poiché il pensare si dà inerente al sono: stacco dal modello classico, il quale, nel rifletterlo, si rivela attualità di quel divario, dislivello dal mito (Dialettica dell’illuminismo), resa implicita nel riproporsi nell’univocità del discorso, che la corrobora vera; - ripiegatura dello  stesso uomo cesura a fondamento delle novità che delineano l’avvento di una novella stagione: di nuovo il verificarsi di una attualizzazione della precedente nella metamorfosi delle sue diversità nell’unità di un Io trascendentale, condizione dell’esperienza dell’uomo del vivere il suo mondo: metamorfosi che apre la via alle varie soggettività storiche, che, nel modello configurativo della prassi, si affermeranno nell’abito borghese, proletario, democratico legalista, e persino anti.politico: cesura in ripetizione dell’oltraggio all’uguaglianza della diversità, rivestita dell’abito deliberato dalle varie egemonie: proiezioni del  taglio kantiano del riportare il rapporto penso e sono, in termini di condizioni del loro darsi tali nell’abito deliberato dalla centralità decisionale

in tale segno, si innesta la mia riflessione su quel <quando io dico>: giunzione: traccia della mia esplorazione da infedele nella fedeltà

Distogliere lo sguardo dalla manifestazione emergente alle condizioni che la promuovano / richiamo, il quale mi sollecita una sospensione riflessiva, a rendere leggibili, nelle condizioni, l’articolarsi di proprietà che non trovano riscontro né nel criticismo né nelle sue varanti storiche
/ il riflettermi sospensivo di una esplorazione, dettata dal mio sdegno, oggi, può presentarsi congiuntura di un risveglio in ciascuno di noi della nostra dipendenza assoluta / non operazione teoretica, coagulazione in ultima parola - sua filiazione nel riproporla nella forma di esperienza di parola, slogan di una redenzione, riattizzante l’esperienza storica divisoria dell’io dall’altro / atto conoscitivo per conoscerci per quel che siamo sempre stati, per la nostra cultura, soggetto-oggetto: oggi, nella conquista di una democrazia – risveglio di un popolo contro quella divisione, esperienza politica della dittatura – esperita come delega della propria sovranità a simili che, nella norma, risultato di un conteggio, si fanno chiamare Stato / interrotta ascendenza della suggestiva responsabilità, precetto della logica culturale della nostra mentalità di uomini occidentali “civili” e “civilizzatori”, <cesura del tempo> / cesura, e la storia disvella, dalle cicatrici non rimarginate, inflitte sul corpo sociale dal suo segno emancipante una dipendenza atavica, in positivo focolaio di un rinnovato processo divisorio fra l’Io, soggetto e l’io, appendice delle sue decisioni (Adorno) / cicatrici aperte in ogni stagione nella loro diversità climatica: non letteratura, ma una loro organica riapertura stagionale / vivaio di formazioni discorsive, promozionali di effetti solventi sull’organizzazione del vivere il rapporto di convivenza da individui separati in casa: disfacimento del corpo sociale in dualistica composizione di corpi sociali in rivalità: nobile/borghese; borghese/proletario; proletario/sottoproletario; oggi, dopo il barbarismo nazista e fascista, e il trionfo della democrazia dell’atomica e del calcolo dei numeri, individui-stato/appendici delle loro decisioni: cesura: conferma di un rivolgimento stagionale in articolazione di un nuovo tipo di rapporto sociale che rende condivisibile la divisione duale fra l’io e l’altro io, attraverso l’uguaglianza sociale del voto, avvolgente in sè diritto e dovere / la crisi, in atto, ne mette in mostra l’oltraggio atavico, che la propagazione di un pietismo misericordioso, abbaglio evangelico, scopre divisorio fra primi e gli ultimi / in tale atmosfera si elettrizza il confronto politico, fraternizzante i vocati per grazia ricevuta a rimarginare le cicatrici degli ultimi, crescenti nel numero, tale da livellare una situazione di povertà, la cui distinzione è nella esteriorità del comportamento / confronto politico: eufemismo: chiassoso scontro di presunzioni di verità decisionali che avvolge i contendenti nell’unità del rimedio nella governabilità, senza porsi il problema se la crisi attuale richieda di essere interrogata da domande qualitativamente diverse: politici e anti-politici, fraterni nella spettacolarità del loro contrasto “ideologico”, in formazione discorsiva promozionale della bontà del proprio prodotto.

Non sono fuori del mio proposito di lettura intorno alle condizioni che determinano il manifestarsi di una emergenza. Al contrario. L’esperienza dell’oggi mi spinge ad una lettura di ciò che si manifesta eterno ritorno dell’identico attraverso un approfondimento della giunzione come contributo, insisto, a conoscermi.

Spinta, da me sentita, impegno da esternare, in onestà intellettuale, aliena da ogni moralismo e da ogni pietismo, nella consapevolezza dell’essere uomo senza qualità / esternazione di un interrogarmi su quel ritorno, il quale, come mi rileva Foucault, é non identico, ma riproduttivo di una mutilazione del corpo sociale, il quale contempla in sé l’individuo, il quale è tale in quanto sociale, ed è sociale in quanto individuo (Adorno, Parole chiave) / un interrogarmi, in mentalità esplorativa, che si dispiega con e attraverso quella giunzione, per tentare di mettere in luce quella condizione, la quale, in ogni rottura stagionale, si costituisce centro potenziale di un nuovo processo, il quale, nella misura delle sue innovate articolazioni, rigenera la condizione genealogica dal distacco dal mito / condizione, per me che non fa “testo”, maturata da determinate indicazioni di Nietzsche e Adorno e dalla costante della storia, secrezione di una disposizione mentale produttrice in riproduzione di una situazione esistenziale fruttifera di una commistione di grano e gramigna.


pausa ossigenante i miei pensieri Le idee, schegge luminose, resistono all’usura del tempo / rime baciate in poetica atmosfera sberleffano l’erudito burocrate, custode della pertinenza / congiunzioni disgiuntive, ossigeno al mio pensare meditabondo / mio canale per infarcire il sospeso del precedente soliloquio: <ogni manifestazione rinvia a delle condizioni del suo manifestarsi>
/ Deleuze, e la semplicità dell’asserito, nella giunzione apposta, il  <quando io dico>, concentra in sé l’insorgenza di problemi che ne rivelano l’articolazione di una compagine di elementi che avviluppano la genealogia di ogni emergenza in una innovata complessità, tale da rendere problematico il carattere di prolungamento, culturalmente delineato da una concezione lineare dell’attuarsi dell’esperienza mondana del nostro esistere
/ pungolo al mio inquietante interrogativo su quello che, a mio parere, uno spontaneo legame. dettato da quel vagito, testimonianza della nostra presenza, ciascuno, nessuno escluso, nel circoscritto habitat, non scelto da noi. che, per naturalezza, dovrebbe suffragare una convivenza fra uomini diversi in un unico corpo associativo, diversamente, si trasforma, socialmente, per assuefazione, in un vincolo che suffraga una distribuzione qualitativa di corpi sociali, nel medesimo coabitare
/ interrogativo, prorogato dal ricevere, in enunciati, a registri e codici linguistici in articolate formalizzazioni diverse nell’impianto, che io, in soggettivo pensare, definirei modello semplice / semplice, in linea con le riflessioni di Isabelle Stengers, in Concetti nomadi, per l’acquisire in noi  esperienza mondana del nostro pianeta, compositivo di natura e società e delle loro pieghe evolutive. attraverso <categorie d’ìntelligibilità che presuppongo delle proprietà intrinseche> al suo divenire in sincope (Nancy) costanti nelle sue variabili stagionali: la letteratura ci ha reso eruditi intorno a tre modelli diversificati nel lo prolungamento in successione lineare in ogni emergenza: lo stacco dal mito, figurazione di una esperienza mondana del vivere in una realtà già data compiuta in ogni sua manifestazione e nel suo stesso divenire in via di una circolarità del tempo, implicante il ritorno dell’identico (Hölderlin): il modello classico: il mondo della consonanza tra pensiero ed essere nella formalizzazione degli enunciati, che rende riconoscibile la distinzione tra discorso vero e falso; nelle maturazioni di condizioni economiche e politiche, il moderno, - soglia epocale di un duplice distaccco stagionale sia dal passato remoto sia dal suo stesso farsi storia, delinea il diversificarsi di un mutamento nei registri e codici linguistici nell’impianto formalizzante la elaborazione della duplicità storica nel discorso, in funzione del quale noi acquistiamo conoscenza dell’esperienza mondana del vivere: - lo stagliarsi della figura dell’uomo, fondamento della sua esperienza di verità nel vivere la sua mondanità (penso e sono), poiché il pensare si dà inerente al sono: stacco dal modello classico, il quale, nel rifletterlo, si rivela attualità di quel divario, dislivello dal mito (Dialettica dell’illuminismo), resa implicita nel riproporsi nell’univocità del discorso, che la corrobora vera; - ripiegatura dello  stesso uomo cesura a fondamento delle novità che delineano l’avvento di una novella stagione: di nuovo il verificarsi di una attualizzazione della precedente nella metamorfosi delle sue diversità nell’unità di un Io trascendentale, condizione dell’esperienza dell’uomo del vivere il suo mondo: metamorfosi che apre la via alle varie soggettività storiche, che, nel modello configurativo della prassi, si affermeranno nell’abito borghese, proletario, democratico legalista, e persino anti.politico: cesura in ripetizione dell’oltraggio all’uguaglianza della diversità, rivestita dell’abito deliberato dalle varie egemonie: proiezioni del  taglio kantiano del riportare il rapporto penso e sono, in termini di condizioni del loro darsi tali nell’abito deliberato dalla centralità decisionale

in tale segno, si innesta la mia riflessione su quel <quando io dico>: giunzione: traccia della mia esplorazione da infedele nella fedeltà

Distogliere lo sguardo dalla manifestazione emergente alle condizioni che la promuovano / richiamo, il quale mi sollecita una sospensione riflessiva, a rendere leggibili, nelle condizioni, l’articolarsi di proprietà che non trovano riscontro né nel criticismo né nelle sue varanti storiche
/ il riflettermi sospensivo di una esplorazione, dettata dal mio sdegno, oggi, può presentarsi congiuntura di un risveglio in ciascuno di noi della nostra dipendenza assoluta / non operazione teoretica, coagulazione in ultima parola - sua filiazione nel riproporla nella forma di esperienza di parola, slogan di una redenzione, riattizzante l’esperienza storica divisoria dell’io dall’altro / atto conoscitivo per conoscerci per quel che siamo sempre stati, per la nostra cultura, soggetto-oggetto: oggi, nella conquista di una democrazia – risveglio di un popolo contro quella divisione, esperienza politica della dittatura – esperita come delega della propria sovranità a simili che, nella norma, risultato di un conteggio, si fanno chiamare Stato / interrotta ascendenza della suggestiva responsabilità, precetto della logica culturale della nostra mentalità di uomini occidentali “civili” e “civilizzatori”, <cesura del tempo> / cesura, e la storia disvella, dalle cicatrici non rimarginate, inflitte sul corpo sociale dal suo segno emancipante una dipendenza atavica, in positivo focolaio di un rinnovato processo divisorio fra l’Io, soggetto e l’io, appendice delle sue decisioni (Adorno) / cicatrici aperte in ogni stagione nella loro diversità climatica: non letteratura, ma una loro organica riapertura stagionale / vivaio di formazioni discorsive, promozionali di effetti solventi sull’organizzazione del vivere il rapporto di convivenza da individui separati in casa: disfacimento del corpo sociale in dualistica composizione di corpi sociali in rivalità: nobile/borghese; borghese/proletario; proletario/sottoproletario; oggi, dopo il barbarismo nazista e fascista, e il trionfo della democrazia dell’atomica e del calcolo dei numeri, individui-stato/appendici delle loro decisioni: cesura: conferma di un rivolgimento stagionale in articolazione di un nuovo tipo di rapporto sociale che rende condivisibile la divisione duale fra l’io e l’altro io, attraverso l’uguaglianza sociale del voto, avvolgente in sè diritto e dovere / la crisi, in atto, ne mette in mostra l’oltraggio atavico, che la propagazione di un pietismo misericordioso, abbaglio evangelico, scopre divisorio fra primi e gli ultimi / in tale atmosfera si elettrizza il confronto politico, fraternizzante i vocati per grazia ricevuta a rimarginare le cicatrici degli ultimi, crescenti nel numero, tale da livellare una situazione di povertà, la cui distinzione è nella esteriorità del comportamento / confronto politico: eufemismo: chiassoso scontro di presunzioni di verità decisionali che avvolge i contendenti nell’unità del rimedio nella governabilità, senza porsi il problema se la crisi attuale richieda di essere interrogata da domande qualitativamente diverse: politici e anti-politici, fraterni nella spettacolarità del loro contrasto “ideologico”, in formazione discorsiva promozionale della bontà del proprio prodotto.

Non sono fuori del mio proposito di lettura intorno alle condizioni che determinano il manifestarsi di una emergenza. Al contrario. L’esperienza dell’oggi mi spinge ad una lettura di ciò che si manifesta eterno ritorno dell’identico attraverso un approfondimento della giunzione come contributo, insisto, a conoscermi.

Spinta, da me sentita, impegno da esternare, in onestà intellettuale, aliena da ogni moralismo e da ogni pietismo, nella consapevolezza dell’essere uomo senza qualità / esternazione di un interrogarmi su quel ritorno, il quale, come mi rileva Foucault, é non identico, ma riproduttivo di una mutilazione del corpo sociale, il quale contempla in sé l’individuo, il quale è tale in quanto sociale, ed è sociale in quanto individuo (Adorno, Parole chiave) / un interrogarmi, in mentalità esplorativa, che si dispiega con e attraverso quella giunzione, per tentare di mettere in luce quella condizione, la quale, in ogni rottura stagionale, si costituisce centro potenziale di un nuovo processo, il quale, nella misura delle sue innovate articolazioni, rigenera la condizione genealogica dal distacco dal mito / condizione, per me che non fa “testo”, maturata da determinate indicazioni di Nietzsche e Adorno e dalla costante della storia, secrezione di una disposizione mentale produttrice in riproduzione di una situazione esistenziale fruttifera di una commistione di grano e gramigna.

pausa ossigenante i miei pensieri  

Franco Riccio

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