lunedì 31 ottobre 2016

CINQUANTUNESIMO SOLILOQUIO
Mi muovo, riallacciandomi a quella relazione di pertinenza, segnaletica della chiusura del precedente sol., su un campo franoso, quale è il processo mentale del nostro pensare, dischiuso, ancora oggi, ad approfondimenti, in particolar modo nel rapporto intelligenza e sviluppo / terreno complesso: investe problemi di ordine genetico; condensa l’esercizio dell’attività di ogni uomo in quanto si pratica <sia su oggetti concreti, elementi dell’ambiente fisico, sia su simboli, incarnati sugli oggetti, ma di cui contano le leggi di produzione, di combinazione…le forme intermedie di rappresentazirone> (Oléron, già cit).

La rilevazione dei segnali di individuazione di rilievi del nostro agire pensante nel vivere la nostra mondanità, tenendo fermo il non pregiudicare l’evoluzione analitica del domanisegnali che prelievo dal Trattato di psicologia sperimentale – non passano inosservati alla mia attenzione dalla consapevolezza della “parzialità”del mio taglio angolato / La multiforme conformazione del corpo vivente che singolarizza ogni singolo individuo non può essere integrata in un esclusiva disciplina scientifica, e, maggiormente. nell’intenzionato dell’interprete / Per quanto considerevole possa essere la misura di conoscenza di una disciplina e alto l'ingegno dell'interprete, quella misura è sempre un assimilare quel corpo vivente ad una realtà formale, per un verso; dall'altro, lo sviluppo di nuovi paradigmi che aprono nuove frontiere, e, per dirla con Lévy <lo zampillo sfuggente del divenire>.

In tale consapevolezza, la mia arbitraria scelta del prelievo di indici ragguaglio di pertinenza di discipline e autori diversi si pone come lavoro di elucidazione e non di risoluzione del come pensiamo.

Prelievi di pertinenze scientifiche da me intessuti in quella svolta francofortese e in particolar modo da Adorno / svolta che trova salto in quel suo avvertimento di slittare la polemica tra immanenza e trascendenza (Prismi) / Polemica, accesa dal taglio di Kant del rovesciamento del rapporto essenza/apparenza nelle condizioni sotto le quali ogni manifestazione <si manifesta ad ogni soggetto empirico> (argomento già da me trattato attraverso la lettura della Lezione su Kant del 14 marzo 1978).


Proprio in tale frase, è la mia spinta a pensare la congiunzione disgiuntiva che fraternizza Adorno, Foucault, Piaget sul punto base, da me in precedenza citato, il baricentro della critica: dalla forma della centralizzazione allo stato di determinazione storica, movimentato dall'operosità degli uomini (Foucault, Sull'archeologia delle scienze); che agiscono pesante con quel pensare <ut sic...radice pulsionale la sua e che trova la sua spinta promozionale nel processo vitale della società> (Adorno, Metacritica); nel bambino, in quanto <le origini delle operazioni intellettuali va cercata nelle (sue) azioni e nelle esperienze che egli fa> (Piaget, Le operazioni intellettuali, in Trattato, vol- 7°).

Non è un tentativo di maneggiare una congiunzione di generi di disgiunti saperi: è un collaudare a fertilizzare una relazione di pertinenze, promozionale di una circolazione di idee, maturate da pensatori, impegnati nei loro settori, appunto, di pertinenza / circolazione che può costituire quel nerbo prestante di un risveglio di attenzione intorno all’ individuo, non in quanto corpo vivente <chiuso>, ma in quanto corpo vivente che si aziona con il far tutt’uno col divenire dell’esperienza sociale / caratteristica, che ogni uomo possiede nella sua singolarità, e si manifesta dato di fatto sin dalla sua nascita, nel suo percorso dalla crescita alla sua fase di decadimento / si sottrae ad ogni forma di umanesimo e ad ogni scienza del comportamento: si dischiude superficie di descrizione delle sue manifestazioni, nel caso specifico dell’esercizio delle facoltà mentali, attraverso le sue basi organiche (cfr. J. Paillard, L’uso degli indici fisiologici in psicologia, vol. III° del <Trattato>, cit.).

Il carattere evocatore dell’attenzione della circolazione di idee, può fomentare idee che prima erano assenti; accuratezza alle modificazioni dell’ambiente esterno; fattori, rispondenti ai requisiti di una critica sferzante la linea seguita da ogni interprete nell’interpretare una configurazione di esperienza di verità; schermo contro lo spettro <dell’impotentemente isolato in base al criterio del concetto superiore che…sussume…i minimi tratti intramondani (, i quali) sarebbero rilevanti> (Adorno, Dialettica negativa): il tentativo possibile per aprire nuovi orizzonti…
possibilità decodificabile, pertanto quel criterio normativo che genera quella “logica”, indifferente nella matrice (razionale o il diversamente), attivante, in relativa attualizzazione, una normalità a senso unico: il <già è> di Hölderlin, che la svolta dei francofortesi erige a problema pregiudiziale e che riscontro…apprendendolo da Vincenzo Vitiello…in Augusto Böckh, <uno dei padri fondatori della moderna filologia>, nel <pre-dato>, in quanto <è nell’interpretazione il futuro del futuro…segno (che) rinvia (all’origine)> (Hermes, o della contraddizione, in “Anterem”, riv. n. 89).

<Il vero a priori (che) sta fermo come una salda roccia nel fiume delle interpretazioni>, ancora oggi, è quel <prima che regola il dopo> (ibidem) / un oggi quasi impossibile di essere pensato all’interno di un sistema / un oggi dilemmatico. il quale situa in tilt i nostri schemi mentali, in quanto posti di fronte allo svincolarsi di situazioni contingenziali (rimando alla lettura del saggio di F. Duque L’età è mobile, qual cella al vento, in ”Anterem”, riv., già cit.) / situazioni, incagliati, in circuiti lunghi o brevi in due situazioni irrelate, per la diversità delle loro matrici in temporanea coincidenza – il filo rosso di un capitalismo in metamorfosi finanziario e la <mobilizzazione della tecnologia>, configuranti un <reticolo…new medium, in cui l’accumulazione e interazione dei diversi media> (ibidem) incrementano eventi situazionali sul piano etico, politico, sociale, e, per quanto riguarda la seconda, in <ambito semantico> (ibidem) / il vivere della nostra mondanità è connesso a questo orizzonte di intelligibilità che ravviva un neo liberalismo promozionale di una cultura dell’immediato, in quanto ci delega ad affrontare singolarmente i problemi del nostro tempo, senza certezza del futuro, spronandoci a conseguire i nostri interessi (ho approfondito questo tema, che oggi si colorisce di un pietismo mistico, nel ciclo riguardante la crisi).

Una intelaiatura diversificata dell’organizzazione umana del nostro vivere da individui-in-relazione segna il divario dell’oggi dal passato remoto e prossimo / provoca conseguenze decisive sulla cultura, sul rapporto fra gli uomini, <sul destino stesso del mondo in cui viviamo (per il fatto) che separa il passato conosciuto da un futuro pieno di incognite (Bordoni, Stato di crisi, già cit. / reintroduce, direi a Duque, in quel suo configurato, non un <reattivamente nichilista>, ma un egotismo prominente, condividendo, per contro, quel suo <impadronirsi oggi di corpi, spazi e tempi disgiunti attraverso reti e operatori transnazionali> (ibidem).
Evidenza di un oggi fuori dai cardini di quel taglio culturale che ci ha maturati moderni e che, nel quotidiano, ci impone il confrontarci con l’immediato / risalto di un vincolo, il quale pone il nostro cervello, educato, in problematica discrepanza con quel taglio / lo costringe a cercare in se stesso la condizione che gli permetta il capire l’esperienza che sta vivendo / lo sprofonda in una confusione, la quale, pur rivelandosi linguistica nell’inversione continua dei termini, è educativa / risveglia in esso quella linea interpretativa, salda nella tradizione che muta ed accede ad una interpretazione in cui la confusione ritorna e si fa pericolosa.

Una vicissitudine che l’attuale clima, nel dischiuderci, in forza della nostra intelligenza, percorsi possibili, rispecchia in ciascuno di noi un <Sisifo felice>: immagine di Albert Camus (Il mito di Sisifo): il <nuovo Sisifo… torna al suo macigno…persuaso dell’origine esclusivamente umana di tutto ciò che è umano, cieco che desidera vedere e che sa che la notte non ha fine, egli è sempre in cammino…Ma Sisifo insegna la fedeltà superiore, che nega gli dei e solleva i macigni>: riparte / si incammina attraverso quel sentiero ammaliato da quella fedeltà superiore verso la cima nella quale <riempie il (suo) cuore>…
quel richiamo in attualità si scatena in divario: dissomiglianza nei nostri comportamenti, nell’accettare il cambiamento e le nuove esigenze, grazie, soprattutto l’informazione / non entro nel merito del divario, sul quale si sono appuntate le mie riflessioni precedenti / il Sisifo insegna…: la trasmissione del suo messaggio, in un fuorviare Camus in quella <lotta (dell’uomo) verso la cima (che gli) basta a riempire il (suo) cuore> (ibidem), per sollevare in quella lotta il <codice…(che la) rende significante…(; codice) più antico dell’interprete e dell’interpretato> (Vitello)…
codice, comune appartenenza che io riscontro nei nostri comportamenti nella loro diversità di lotta per raggiunge quella cima: l’equilibrio comunitario attraverso il “buon governo” / eterogeneità di azioni nel medesimo iter al cospetto della rassegnazione dei molti: sorda e confusa protesta; rottamatori; antipolitici, anche loro, come gli altri, legati all’organizzazione dei rapporti sociali centralizzata nello Stato: <la “governance” gestisce la comunità> (Bordoni, Stato di crisi, cit.)…
e il <macigno rotola> ancora oggi / un oggi, in cui l’evoluzione culturale ha raggiunto quella <cima> in cui lo splendore della sua superiorità sul mondo fisico esercita, in autonomia, quella pressione selettiva sul genoma, trasformando il comportamento <automatico> dell’uomo in comportamento <culturale> (J. Monod, Il caso e la necessità)…
e il nostra oggi si rivela in una dissociazione totale da richiedere <categorie d’intelligibilità che presuppongono proprietà intrinseche> (Stengers) diverse da quelle strutture preesistenti, trasmesse da quella fedeltà superiore, la quale si esplica in quel pensiero astrattivo che <imprime a ogni forma concettuale l’illusione della grandezza> (Adorno, Minima moralia).

La fedeltà superiore: “nega gli dei e solleva i macigni”: intelligenza dell’uomo in genealogica esplicazione di una deregolamentazione di quell’<universo, ormai senza padrone> (ibidem) attraverso l’utilizzazione di quella <centralizzazione>, la quale dà il <modello dell’organizzazione> dell’<ingranaggio di folle umane in azione>, affinché ogni individuo possa raggiungere quell’unico fine (Nietzsche, Umano troppo umano, cit.) che <basta e riempie il cuore di un uomo> (Camus): equilibrio mobile dell’organizzazione sociale nella salda roccia della normalizzazione di sempre…
bisogna parlarne sul <serio> (Horkheimer, La nostalgia del totalmente Altro)...

...al prossimo

CINQUANTESIMO SOLILOQUIO

Rilievi, accondiscendenti alla mia esigenza di capire, espressa nel precedente soliloquio, per quel taglio che produce una diversa intelligibilità nella critica alla forma storica con cui si dà ogni centro gravitazionale (unificante, normativo, multiforme, virtuale) / condizione che qualifica la connessione-esistenza esperienza di verità, nel linguaggio di Lacan.
Taglio, che, nel mio serpeggiante occhieggiare, riscopro nella svolta di Adorno e nell'archeologia di Foucault, differenziato nelle rispettive formazioni discorsive: non investe il risultato - la forma della centralizzazione – ma il percorso, in differenti iter, che conduce al risultato / percorso che vedo rilevato, tratteggiato su altro binario, dalla psicologia sperimentale di Piaget / accostamento non amalgamante le diverse categorie di intelligibilità degli autori, da me proposto in arbitrio, attinenza nel centrare i processi soggiacenti che ci orientano a chiarire la questione della centralizzazione, focolaio di <una malattia sociale che colpisce gli uomini e li determina ereditariamente> (Adorno, Minima moralia).

Da tale angolazione, attraverso quei rilievi, che io traggo dalla procedura scientifica su noi, corpi viventi, espressa da Piaget e dai vari autori del Trattato, è possibile collaudare dalla svolta francofortese e dall'archeologia di Foucault una idea più chiara di quel fattore gravitazionale e la sua relativa pressione selettiva esercitata sul come pensiamo sia da uomini in grado di congegnare saperi sia da uomini segnati dal loro mestiere di vivere il quotidiano.

Considerazioni di notazioni, ovviamente / considerazioni non neutrali, ma deliberate a svolgere un ruolo provocatorio di quelle domande qualitative di cui oggi abbiamo grande bisogno / considerazioni, le quali possono aiutarci a svincolarci dalla posizione di partigiani, barricati nel nostro credo, che legittima e, quindi, sancisce e conferma il nostro potere di decisione teorica e politica, riattivando la radice della logica della nostra cultura; radice che ha reso infeconda la nostra intelligenza, fertilizzandola in quel <pensiero>, definito da Derrida della <gerarchia violenta> (Posizioni).

Pensiero della gerarchia violenta, - ricostruzione di un processo del pensiero condivisibile / tuttavia, quell’intelligibilità induce a pensarlo come proprietà di fatto di una sua autonomia, separata dalla realtà del nostro vivere: ciò ingiunge un mio rifletterlo…senza farmi testo, ma in desiderio consorziale: osservarlo…con le mie lenti…schiarite da quelle analisi, intorno alla costruzione progressiva delle sue strutture operatorie che sono opera del vivente, in grado di cambiare le sue forme di pensiero nell’interazione con il suo ambiente.
Occhiata, per la quale è la scelta di fare mia l’espressione di Oléron. Adottare <i termini “attività intellettuali” piuttosto che “pensiero”> (cit.) / Due le motivazioni: pensiero ha un sua conformità “olimpica”, a tal punto da assumere quella autosufficienza in grado da promuoversi una autocritica – è sufficiente dare uno sguardo al dibattito sulla critica della ragione (“ragione” è equivalente a “pensiero”, distinguendosi dal nostro uso linguistico), a partire da Kant, includendo lo stesso Adorno; di contro, squadrarlo, nella lettura di aggiornamento, nell’articolazione in circuiti interagenti dei vari elementi genetici, psicologici, fisiologici nel loro interagire con le perturbazioni esterne / in tale composito, che ci struttura corpi viventi, le “attività intellettuali” (la Stengers usa il termine logica) svolgono <un ruolo essenziale nella stabilità di un comportamento vivente> (Complessità, in Concetti nomadi, cit,). / “attività intellettuali”, frutto dell’intelligenza che possediamo unitamente con le nostre pulsioni, con le nostre passioni, con le diverse esigenze.

Scorsa, pertanto, sfuggente dalla lettura di Derrida nel suo normalizzarsi nella prospettica compensazione di <indicibili>. i quali <non si lasciano più comprendere> in quella forma di pensiero che riattiva quella dialettica speculativa, in funzione della quale, nella congiunta disgiuntiva lettura di Adorno e Foucault, è rigeneratrice di rapporti di potere.
Guardata, altrettanto letta in schermirmi, per non scivolare in quella compensazione che riscopro in quell’arricchimento datoci da Deleuze e da Guattari per averci reso intelligibile il desiderio e il suo funzionamento nel sociale: il propositivo di una semantica desiderante e la posizione trasversale alla società. di gruppi soggetti, pluralità di centri di rinnovamento di un reale possibile su quelle dinamiche molecolari, da loro sollevate nel L’anti-Edipo: - non ricadiamo in quella logica della normalizzazione, <che fa di molti una sola macchina, e di ogni individuo uno strumento per un solo fine. Il suo effetto più generale è di insegnare l’utilità della centralizzazione> (Nietzsche, Umano troppo umano, II)?
Ripetizione per sollevare l'attenzione sul diverso / il diverso è un <modo di strutturare l'esperienza>, quindi è <una interpretazione>; in quanto tale, le procedure mentali...assorbiti pedagogicamente...muovono dalle operazioni <logiche di base> dell'interprete e rendono il diverso normato dalla stessa cultura dell'interprete (cfr., P. Livet, Norme, in Concetti nomadi, cit.) - <differenza mimetica>, mi suggerirebbe Adorno (Dialettica negativa). Centralizzare, sia al plurale sia nella sua indicibilità decostruttiva, non implica un <giudizio di valore> dell’interprete sull’interpretato? In quanto tale non ripristina quel mondo è fatto così, poiché in quella tessitura, monopolarizzandosi, l’esperienza mondana si fa radicale, in quanto ogni problema di qualsiasi ragione è risolto (cfr. M. Cacciari, Krisis, Feltrinelli)? In tale tessitura non si rinnova il <valore della discriminazione? Infatti, <il non identico (non viene) mediato dalla coazione all’identità, vuoto resta dopo che l’identificazione si è tagliata via la propria fetta> (Adorno)? Quell’atto giudicante non <è più che il semplice ordinare in uno> (Adorno, Metacritica)? Il suo attuarsi come processo di oggettivazione del pensiero soggettivo dell’interprete non richiama quel processo di normalizzazione in ogni sapere che si trova in risonanza con le pratiche di normalizzazione, analizzate da Foucault?

Riflettendo in me queste esternazioni, si fa bruciante la convinzione di slittare l’interpretazione su quel pensiero della gerarchia violenta che si ripristina nell’Altro del pensiero, pur aprendoci nuovi orizzonti, e concentrarmi intorno allo schema mentale che ci costringe ad oggettivare i nostri pensieri soggettivi, sorgenti dall’urto della nostra intelligenza con le perturbazioni esterne.
Quindi, individuare la prassi che lo riattiva: delineare in quel percorso il binario ad unica corsia di preferenza / binario, riscontrabile nella ricostruzione dei modelli e delle tecniche, nelle varie ideazioni delle teorie, nella formazione di ogni genere di sapere, che qualificano l’eterogeneità della filosofia, delle scienze, comprese quelle esatte e quelle, definite da Lacan, congetturali / scoprire i meccanismi di una stessa posta in gioco: <il dominio (sia) nella sfera del concetto (sia nella sfera de l’Altro del concetto) si erge sul fondamento del dominio nella realtà> (Adorno, Metacritica) / dominio, esercitato attraverso l’oggettivazione del pensiero dell’interprete, dispiegante quella normalizzazione dei comportamenti e degli assetti associativi, come già ho evidenziato.

Tale orientamento mette in causa l’aspetto operativo delle funzioni cognitive nel loro processo di sviluppo a strutture logiche. Lavoro, quindi, non da logici, ma da psicologi che sperimentano quel percorso su basi organiche...
...implicando, in conseguenza, questa mia scelta in un problema di relazione con il tema in questione: la pertinenza che io non posseggo. Da qui il supporto delle analisi della psicologia sperimentale condotte da Piaget, ricca per me di spunti di chiarificazioni e che non chiudono ma aprono altri percossi possibili, e proiettarli in quell'orizzonte di rinnovamento radicale, proposto da Adorno e Foucault..

La tirannia dello spazio e la logorrea della mia prolissità mi impongono il rimando alla prossima esternazione.


sabato 29 ottobre 2016

QUARANTANOVESIMO SOLILOQUIO

Esigenza, - la  mia / esternazione di  sbilanciare il mio punto di vista, arguito dalla mia scelta esplorativa di quella svolta, in un certo qual modo, da me svincolante una tensione dei due ideatori, Horkheimer/Adorno, scegliendo quest’ultimo come mia posizione di riferimento / tensione, mordace della catena dell’interpretato: tensioni risolte o non risolte – problema da intellettuali – / in riflesso, non mi reputo un loro perito intenditore, pur trovando a mio agio le tensioni di Adorno / il mio affanno: attivare, mettere in moto una riflessione su quello che…per me…è il nerbo centrale di quella svolta: l’aver sollevato a problema il riequilibrare, attualizzandolo, quel <mondo è fatto così> del mito, adottando una forma di intelligibilità, la quale, pur nella variante del genere, si conforma unificante e totalizzante nella sua normalità le increspature che si manifestano nella sfera delle nostre coscienze (Kant, Critica della Ragion pura) nel corso di eventi che diversificano l’esperienza…che ci costruiamo o siamo indotti…del vivere la nostra mondanità.

Dire cultura è dire storia – è bene non dimenticarlo. La coscienza storica che io ho della mia matrice culturale risveglia in me, riallacciandomi a quel rilievo di scelta, l’idea di raggruppare i vari modelli di intelligibilità della nostra mondanità in due forme che, per quanto dissimili nei loro dispositivi di decodificazione e congiunzione dei flussi decodificati…per quel mio arbitrio pensoso…ambissero al medesimo fine, diversificato nei loro costrutti: agire sul tessuto dei corpi viventi, quali sono gli individui, le stesse situazioni e la società / trasformarne i dissesti, ripararne gli scompensi: o ristabilendone l’equilibrio inceppato o riedificandone il tessuto connettivo: il nocciolo della questione che afferro e coltivo di quella svolta, persuadendomi a giuntare le dissimili forme, in un unico obiettivo: la compensazione alle perturbazioni esterne, mediante nuovi modelli, proiettandoli, come raggi di sorgente luminosa di tempi migliori…speranza degli uomini…condizione indispensabile degli esseri viventi e della loro società / compensazione da me coltivata, non in rapporto alle loro semiotiche privilegiate, ma al comune atteggiamento empirico su cui gravano i loro effetti solventi: quindi inconciliabilità di modelli, nella comune progettazione di un diversamente equilibrio, sia riguardante l’individuo, stereotipandolo sia l’organizzazione di quel suo vivere assieme lo spazio di coabitazione con i suoi simili, condizione della sua crescita, trasformando la naturalezza di quel legame in vincolo sociale / quel diversamente: la mia memoria storica delle due forme ne individua l’identità del diverso: ristabilendone un aggiornato bilanciamento delle nuove trasformazioni (una) o stravolgendone la composizione delle strutture operative, combinate in progetto probabilistico delle varie connessioni che si attuano (l’altra) / diversità incompatibili che non agiscono…urlo…sull’universo e sulla misteriosità dell’origine: si attivano su corpi viventi: si attivano su quegli uomini che vivono, parlano, lavorano, come ci ha ricordato Foucault: militi ignoti o consacrati eroi, dopo la morte, esaltandone i meriti, misconoscendo quella loro onestà intellettuale che li ha portati al sacrificio / onestà intellettuale, - intelligenza del riflettersi nell’interpretare senza malleveria né garanzia del contesto; il grande dono che la natura ha dato a ciascuno di noi e che quel consorzio umano che abbiamo costruito in sapienza e verità ha parafrasato in moralità, snodante il duo diritto/dovere.

Quel telos ideale, vestito nell’abito traslucido di sapere e saggezza, nel ricamare elegantemente le scuciture delle situazioni di fatto, trasparenti il livello del vivere degli uomini, sia come singoli sia congegnati in consorzio, si radica su quel tessuto di quei corpi viventi che hanno anche una tradizione storica / un ricamare, il quale si rileva, proprio nella connessione-esistenza, un concimare quella nostra capacità attitudinale, riscontrabile anche nei <sordomuti>, di assimilazione in fertilizzante suo arricchimento di ingegnosità…irriducibile ad ogni singolo uomo / il fondante nello stesso infondato oggettivante quella connessione-esistenza, di cui ogni singolo uomo è condizione, in quel risveglio del nostro ristagno (Kant), del suo manifestarsi / capacità di assimilazione, imprescindibile per ogni funzione simbolica e per lo stesso linguaggio: - incisività, efficacia di una sua naturalezza, attestante dell’azione di ogni uomo l’intrinseca sua caratterizzazione: la manifestazione dell’intelligenza, - attività mobilitabile, a vari circuiti, il nostro comportamento nel connettersi con il fuori e i suoi perturbamenti che chiedono risposte / risposte che l’attivano, nel collegamento, unitamente con tutto il nostro organismo e che <comportano la costituzione e l’utilizzazione di schemi e modelli riguardante gli oggetti che il soggetto percepisce e sui quali interviene> (P. Oléron, Le attività intellettuali, in “Trattato di psicologia sperimentale”,v. 7°, Einaudi, a cura di P. Fraisse e J. Piaget).

Frase, risveglio della mia memoria: il riscontrarla “nocciolo” nell’elaborato della Metacritica della teoria della conoscenza (Adorno) e riconducibile a Hölderlin (Sul tragico, Feltrinelli), intorno all’agire pensante di ogni uomo / Altro genere discorsivo cosi come angolazione di campi diversi dei due autori / l’essenziale…per me…il medesimo obiettivo dei due autori: prospettare quell’agire esternamente alle varie costellazioni costellate sia da filosofi sia da scienziati / altro orientamento / altro linguaggio, - espressione di un dire, nel quale <si dà l’insondabile profondità della parola> (M. Cacciari, L’estrema misura del possibile, in “Anterem, n. 92): l’esperienza poetica (Hölderlin); capacità di produrre un pensiero che si svolge disimpegnato da ogni ordine di previsione; pensiero ut sic, distinto dal pensiero razionale, per la sua organicità all’<involontarietà>, in forza della quale deve <la sua necessità>, nell’enunciato di Adorno (Minima moralia) / l’uno e l’altro, dissonanti nell’argomentare la pianificazione di quel pensare di dominare dall’alto la nostra quotidianità, ma in tangenziale convergenza nel far risaltare nell’operatività di ogni uomo una capacità di un sentire in fibrillazione interattiva con le perturbazioni esterne che sfuggono all’organicità del modello.
Tale capacitàper me…nel sottrarla al classico rapporto o di separazione o dialettico tra l’apollineo e il dionisiaco, è leggibile intelligenza, in quanto attitudine presente in ogni uomo sin dalla sua tenera età, - ed è verificabile nella tipicità delle indagini condotte da Oléron sui comportamenti degli uomini e delle loro interrelazioni, risaltandone le condizioni sotto cui soggiacciono / indagini, sviluppate dalle analisi di J. Piaget/B. Inhelder, Le operazioni intellettuali e il loro sviluppo (in “Trattato”, cit.)....

rimando

QUARANTOTTESIMO SOLILOQUIO

L'uomo, grandezza e opacità: spinta all'interrogarmi nella foschia dei miei pensieri / inespressività stordita dalla contratante evidenza tra la smagliante luminosità delle scienze e della tecnologia....trasparenza resa diafana da una informazione che ci rende dotti senza sapere intorno sia ai processi del nostro organismo, della nostra alimentazione, delle divergenti vie da percorrere per la nostra redenzione sia dalla conquista planetaria sia dalla nostra presa di diritto della parola, la rete, costituita unità di comunicazione di base (Duque, cit.)...e il nostro status permanente di povertà endemica, di instabilità economica che disorienta la nostra esistenza, dell'inalterabile nostra posizione di appendici delle deliberi di uomini che si dichiarono Stato, in una democrazia formalizzata in ogni sua procedura.
Memore delle varie teorie sostenute secondo il principio di oggettività, nella svolta scientifica postulato...dall'illusione antropocentrica al miraggio dell'uomo erede di Dio / chimere dissipate dallo sviluppo di nuove teorie, quali: relatività, la quantistica, delle particelle elementari...la mia lettura agrammaticale rintraccia l'effetto solvente dei loro risultati nell'offrirci una forma mentale di intelligibilità sui nostri comportamenti individuali e sociali che <assicurino la massimizzazione di una funzione globale> (cfr., I. Stengers/ F. Bailly, Ordine, in Concetti nomadi, cit.) che integra individui e società...
...e la mia memoria riconduce quella funzione globale alla svolta classica di quella cesura, genesi della nostra cultura e che traccia di quella funzione la linea orientata delle sue memorfosi: l'invarianza del centro nella forma di verità che si svela e che storicamente si fa ragione per divenire poi logica ed oggi virtuale...
...protezione del centro e di contro l'anonimata oscurità dell'<uomo vivente, parlante e lavorante> (Foucault, Sull'archeologia delle scienze, cit.); dell'operosità dell'agire pensante di ogni indiviuo di produrre pensieri non catturabili dal <sistema eteronomo dei compiti stabiliti dall'alto> (Adorno, Minima moralia).

Attivazione...intagliata dall'incidenza espansionistica di una economia razionale, basata sul <calcolo di un optimum in base al principio della pura concorrenza (Stengers/Bailly) / sulla colonizzazione delle nuove terre scoperte / su eventi storici: rivoluzione francese, nascita della borghesia, riforma protestante; intaglio, che fertilizza nuove idee sulla sfera del sapere, sui rapporti sociali giuridicamente organizzati, sulla convivenza quotidiana (si veda Il discorso filosofico della modernità di J. Habermas)...
di un nuovo atteggiamento mentale che potenzia di quell'uomo di Foucault e di Adorno l'autonomia della sua volontà individuale, scoprendosi io-soggetto, a condizione di aver assimilato <l'utilità della centralizzazione> (Nietzsche, Umano troppo umano II)...
e tale utilità si attua “motore immobile” di un orizzonte di intelligibilità dell'industrioso agire pensante della nostra mondanità / invariante nelle varianti climatiche, in forza del linguaggio, che, nei vari registri dei discorsi (filosofici, scientifici, tecnologici e nella stessa mobilità della parola) giunge alla trasparenza di quel tu devi (il cammello di Nietzsche) di quel pensare figurativo e personificato, esercitato, in quella esperienza di mondanità che la letteratura classificò mitologico.

Motore immbobile” nella spersonalizzazione di quel pensare / promotore rizomatico che muta la tradizione, tenendo ferma quella utilità nella regolabilità delle relative interconnessioni che deliniano i vari equilbri dell'organizzazione umana che abbiamo imparato a definirla società.

Ciò odora di stantio, anche per l'uso personalissimo del linguaggio: richiede un momento di riflessione, esortante un'osservazione sul presente, ricorrendo ancora una volta alla riflessione, non introspettiva, ma sul groviglio in cui siamo inviluppati / intravedere, avvistandolo, se quell'elemento del passato remoto – la centralizzazione – è in esso captabile / intercettandolo nella funzione a definire...ancora oggi...<che cosa sia pertinente fare o non fare in <tale situazione, e come si svilupperanno gli eventi situazionali> (Duque) / funzione, delineante una diversione, adattata agli agli schemi mentali “educati” dei nuovi redentoristi, equilibrazione della connessione-esistenza, in circolarità di movimento di <situazioni insostanziali (ibidem), che, per la loro mobile trasformazione, si collocano fuori dai cardini del tempo, escludendo l'idea di un “eterno ritorno”.
In tale riattivazione...il circostanziato da osservare...rende palpabile l'ondeggiamento incoativo dell'esperienza in generale e individuale - basta una indecisione, una sincope a farci cambiare idea (cfr., NancyJ.L. Le discours de la syncope) - perpetua il dato di fatto, antico nel tempo, dell'adattamento, regolarizzato dal nuovo centro gravitazionale dei nostri comportamenti...
...e la nuova esperienza assesta in sé quel processo di personificazione, attuato dal mito – in forma virtuale o di neoliberismo – manifestando un mondo che si contrae in sé, centro gravitazionale di coordinamento di ogni elemento naturale, umano, divino: riprista quella cultura, per la quale: il mondo è fatto così...il mito...
...si fa comportamentale, educativo, riproposizionale di un atteggiamento mententale di una corrispondenza diretta tra spazio/tempo e simbolismo: la questione che si impone questione, oggi / questione su cui si accentra sia l'intuizione di Nietzsche e, in modo penetrante, la svolta della scuola di Francoforte: svolta su cui è – proprio oggi – rileggere per capirci e capire.

al prossimo

giovedì 27 ottobre 2016

QUARANTASETTESIMO SOLILOQUIO

Connessione-esistenza, - riattivazione di un rilievo, già espresso, di un Kant, rispecchianti nuovi tempi in memore riverbero di un rivolgimento climatico, che assume in sé: verso nuovi mari / l'occidente sbriciola le geografie di un mondo sconosciuto, corredato dalla scoperta dell'individualità dell'uomo, rendendola intelligibile dalla conquista dell'autonomia di un io che auto-legittima il suo <volere> (Nietzsche, La seconda metamorfosi (dell'umanità) in Così parlò Zarathustra): presa di uno stato di diritto a ridefinire un relativo modello regolativo dell'agire pensante da individuo nella sua duplice relazione interagente con i suoi simili e con l'esperienza in generale: validità di una procedura che si fa centro potenziante processi di linee diversificate di riproduzione e di propagazione della matrice metrica della cultura di origine.

  • Un suggerimento in parentesi: un sollecito a confrontare, meditandola, quella seconda metamorfosi, da me indicata, con la lettura delle Lezioni sulla Sulla storia della Filosofia di Hegel / non suggerisco di cogliere una identità di vedute / ma ad indirizzare l'attenzione sulla convergenza intorno all'elemento di qualità che distingue la nostra cultura, sin dalle origini e che il moderno ha ingigantito e che in noi oggi è il cancro che sta erodendo la nostra individualità, piazzandoci in un frastornato e confuso disorientamento: la soggettività, status di diritto del nostro io, accreditato Io / elemento di qualità: insorgenza di una identità, fonte gravitazionale di un arbitrare sapiente sull'ordine umano, sulla natura e sul rapporto di convivenza fra gli uomini, equilibrando le diversità attraverso un pressione selettiva, esercitata in vari modi...
...e l'Io-soggetto si fa itinerario in evoluzione di una economia in grado di attualizzare le forme della produttività del capitale investito nell'industria, ieri, nel mercato finanziario, oggi / si fa anima di una classe, la borghesia, per reintegrarsi successivamente nel rivolgimento proletario, e in seguito, in forza di una tecnologia mobile, in moltitudini di individui in riflettente mobilità, ognuno dei quali si situa cmpentro gravitazionale di verità -

Quest'ultima annotazione ci riporta a quella procedura, posta all'inizio come determinante della connessione-esistenza che dà figura ad ogni, per dirla con Lacan, esperienza di verità.
Se ben si osserva, tale procedura si configura, nelle varie disgiunzioni che la distinguono, in successione rettilinea e uniforme secondo un'idea di un tempo che si estende in linea retta: genealogia di un <già è> (preciserò in seguito), sottratto al mito / idea, pur rinverdita da nuove elaborazioni scientifiche, introducendo il concetto di limite, suffraga un iato tra presente e futuro, itinerario che trascina Edipo verso dove? (inviterei a leggere la Lezione del 21 marzo 1978 di Deleuze su Kant) / interrogativo retorico: il disvelamento del recondito nella cesura disgiuntiva della successione...poiché <l'uomo (nella mia lettura l'Io soggetto, l'interprete) non è più che cesura nel tempo> (Deleuze)...attinge a schemi mentali, già culturalmente educati, in forza dei quali si fa motore di equilibrazioni del dissesto provocato, appunto, dalla cesura...
...da tale assimilazione, ogni connessione-esistenza assume e legittima la sua verità, reperendo il tagliato dell'insolito attraverso il quale il dato di fatto viene a costituirsi un accomodamento a quegli schemi.

Circolo vizioso di un atteggiamento mentale: conferisce evidenza di rinnovamento alla nuova fase organizzativa dell'esperienza della nostra mondanità, tale da lievitare l'uomo produttore di storia, e, allo stesso tempo, ne ripristina la presenza opaca di sempre....

...al prossimo