lunedì 31 ottobre 2016

CINQUANTESIMO SOLILOQUIO

Rilievi, accondiscendenti alla mia esigenza di capire, espressa nel precedente soliloquio, per quel taglio che produce una diversa intelligibilità nella critica alla forma storica con cui si dà ogni centro gravitazionale (unificante, normativo, multiforme, virtuale) / condizione che qualifica la connessione-esistenza esperienza di verità, nel linguaggio di Lacan.
Taglio, che, nel mio serpeggiante occhieggiare, riscopro nella svolta di Adorno e nell'archeologia di Foucault, differenziato nelle rispettive formazioni discorsive: non investe il risultato - la forma della centralizzazione – ma il percorso, in differenti iter, che conduce al risultato / percorso che vedo rilevato, tratteggiato su altro binario, dalla psicologia sperimentale di Piaget / accostamento non amalgamante le diverse categorie di intelligibilità degli autori, da me proposto in arbitrio, attinenza nel centrare i processi soggiacenti che ci orientano a chiarire la questione della centralizzazione, focolaio di <una malattia sociale che colpisce gli uomini e li determina ereditariamente> (Adorno, Minima moralia).

Da tale angolazione, attraverso quei rilievi, che io traggo dalla procedura scientifica su noi, corpi viventi, espressa da Piaget e dai vari autori del Trattato, è possibile collaudare dalla svolta francofortese e dall'archeologia di Foucault una idea più chiara di quel fattore gravitazionale e la sua relativa pressione selettiva esercitata sul come pensiamo sia da uomini in grado di congegnare saperi sia da uomini segnati dal loro mestiere di vivere il quotidiano.

Considerazioni di notazioni, ovviamente / considerazioni non neutrali, ma deliberate a svolgere un ruolo provocatorio di quelle domande qualitative di cui oggi abbiamo grande bisogno / considerazioni, le quali possono aiutarci a svincolarci dalla posizione di partigiani, barricati nel nostro credo, che legittima e, quindi, sancisce e conferma il nostro potere di decisione teorica e politica, riattivando la radice della logica della nostra cultura; radice che ha reso infeconda la nostra intelligenza, fertilizzandola in quel <pensiero>, definito da Derrida della <gerarchia violenta> (Posizioni).

Pensiero della gerarchia violenta, - ricostruzione di un processo del pensiero condivisibile / tuttavia, quell’intelligibilità induce a pensarlo come proprietà di fatto di una sua autonomia, separata dalla realtà del nostro vivere: ciò ingiunge un mio rifletterlo…senza farmi testo, ma in desiderio consorziale: osservarlo…con le mie lenti…schiarite da quelle analisi, intorno alla costruzione progressiva delle sue strutture operatorie che sono opera del vivente, in grado di cambiare le sue forme di pensiero nell’interazione con il suo ambiente.
Occhiata, per la quale è la scelta di fare mia l’espressione di Oléron. Adottare <i termini “attività intellettuali” piuttosto che “pensiero”> (cit.) / Due le motivazioni: pensiero ha un sua conformità “olimpica”, a tal punto da assumere quella autosufficienza in grado da promuoversi una autocritica – è sufficiente dare uno sguardo al dibattito sulla critica della ragione (“ragione” è equivalente a “pensiero”, distinguendosi dal nostro uso linguistico), a partire da Kant, includendo lo stesso Adorno; di contro, squadrarlo, nella lettura di aggiornamento, nell’articolazione in circuiti interagenti dei vari elementi genetici, psicologici, fisiologici nel loro interagire con le perturbazioni esterne / in tale composito, che ci struttura corpi viventi, le “attività intellettuali” (la Stengers usa il termine logica) svolgono <un ruolo essenziale nella stabilità di un comportamento vivente> (Complessità, in Concetti nomadi, cit,). / “attività intellettuali”, frutto dell’intelligenza che possediamo unitamente con le nostre pulsioni, con le nostre passioni, con le diverse esigenze.

Scorsa, pertanto, sfuggente dalla lettura di Derrida nel suo normalizzarsi nella prospettica compensazione di <indicibili>. i quali <non si lasciano più comprendere> in quella forma di pensiero che riattiva quella dialettica speculativa, in funzione della quale, nella congiunta disgiuntiva lettura di Adorno e Foucault, è rigeneratrice di rapporti di potere.
Guardata, altrettanto letta in schermirmi, per non scivolare in quella compensazione che riscopro in quell’arricchimento datoci da Deleuze e da Guattari per averci reso intelligibile il desiderio e il suo funzionamento nel sociale: il propositivo di una semantica desiderante e la posizione trasversale alla società. di gruppi soggetti, pluralità di centri di rinnovamento di un reale possibile su quelle dinamiche molecolari, da loro sollevate nel L’anti-Edipo: - non ricadiamo in quella logica della normalizzazione, <che fa di molti una sola macchina, e di ogni individuo uno strumento per un solo fine. Il suo effetto più generale è di insegnare l’utilità della centralizzazione> (Nietzsche, Umano troppo umano, II)?
Ripetizione per sollevare l'attenzione sul diverso / il diverso è un <modo di strutturare l'esperienza>, quindi è <una interpretazione>; in quanto tale, le procedure mentali...assorbiti pedagogicamente...muovono dalle operazioni <logiche di base> dell'interprete e rendono il diverso normato dalla stessa cultura dell'interprete (cfr., P. Livet, Norme, in Concetti nomadi, cit.) - <differenza mimetica>, mi suggerirebbe Adorno (Dialettica negativa). Centralizzare, sia al plurale sia nella sua indicibilità decostruttiva, non implica un <giudizio di valore> dell’interprete sull’interpretato? In quanto tale non ripristina quel mondo è fatto così, poiché in quella tessitura, monopolarizzandosi, l’esperienza mondana si fa radicale, in quanto ogni problema di qualsiasi ragione è risolto (cfr. M. Cacciari, Krisis, Feltrinelli)? In tale tessitura non si rinnova il <valore della discriminazione? Infatti, <il non identico (non viene) mediato dalla coazione all’identità, vuoto resta dopo che l’identificazione si è tagliata via la propria fetta> (Adorno)? Quell’atto giudicante non <è più che il semplice ordinare in uno> (Adorno, Metacritica)? Il suo attuarsi come processo di oggettivazione del pensiero soggettivo dell’interprete non richiama quel processo di normalizzazione in ogni sapere che si trova in risonanza con le pratiche di normalizzazione, analizzate da Foucault?

Riflettendo in me queste esternazioni, si fa bruciante la convinzione di slittare l’interpretazione su quel pensiero della gerarchia violenta che si ripristina nell’Altro del pensiero, pur aprendoci nuovi orizzonti, e concentrarmi intorno allo schema mentale che ci costringe ad oggettivare i nostri pensieri soggettivi, sorgenti dall’urto della nostra intelligenza con le perturbazioni esterne.
Quindi, individuare la prassi che lo riattiva: delineare in quel percorso il binario ad unica corsia di preferenza / binario, riscontrabile nella ricostruzione dei modelli e delle tecniche, nelle varie ideazioni delle teorie, nella formazione di ogni genere di sapere, che qualificano l’eterogeneità della filosofia, delle scienze, comprese quelle esatte e quelle, definite da Lacan, congetturali / scoprire i meccanismi di una stessa posta in gioco: <il dominio (sia) nella sfera del concetto (sia nella sfera de l’Altro del concetto) si erge sul fondamento del dominio nella realtà> (Adorno, Metacritica) / dominio, esercitato attraverso l’oggettivazione del pensiero dell’interprete, dispiegante quella normalizzazione dei comportamenti e degli assetti associativi, come già ho evidenziato.

Tale orientamento mette in causa l’aspetto operativo delle funzioni cognitive nel loro processo di sviluppo a strutture logiche. Lavoro, quindi, non da logici, ma da psicologi che sperimentano quel percorso su basi organiche...
...implicando, in conseguenza, questa mia scelta in un problema di relazione con il tema in questione: la pertinenza che io non posseggo. Da qui il supporto delle analisi della psicologia sperimentale condotte da Piaget, ricca per me di spunti di chiarificazioni e che non chiudono ma aprono altri percossi possibili, e proiettarli in quell'orizzonte di rinnovamento radicale, proposto da Adorno e Foucault..

La tirannia dello spazio e la logorrea della mia prolissità mi impongono il rimando alla prossima esternazione.


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