sabato 29 ottobre 2016

QUARANTOTTESIMO SOLILOQUIO

L'uomo, grandezza e opacità: spinta all'interrogarmi nella foschia dei miei pensieri / inespressività stordita dalla contratante evidenza tra la smagliante luminosità delle scienze e della tecnologia....trasparenza resa diafana da una informazione che ci rende dotti senza sapere intorno sia ai processi del nostro organismo, della nostra alimentazione, delle divergenti vie da percorrere per la nostra redenzione sia dalla conquista planetaria sia dalla nostra presa di diritto della parola, la rete, costituita unità di comunicazione di base (Duque, cit.)...e il nostro status permanente di povertà endemica, di instabilità economica che disorienta la nostra esistenza, dell'inalterabile nostra posizione di appendici delle deliberi di uomini che si dichiarono Stato, in una democrazia formalizzata in ogni sua procedura.
Memore delle varie teorie sostenute secondo il principio di oggettività, nella svolta scientifica postulato...dall'illusione antropocentrica al miraggio dell'uomo erede di Dio / chimere dissipate dallo sviluppo di nuove teorie, quali: relatività, la quantistica, delle particelle elementari...la mia lettura agrammaticale rintraccia l'effetto solvente dei loro risultati nell'offrirci una forma mentale di intelligibilità sui nostri comportamenti individuali e sociali che <assicurino la massimizzazione di una funzione globale> (cfr., I. Stengers/ F. Bailly, Ordine, in Concetti nomadi, cit.) che integra individui e società...
...e la mia memoria riconduce quella funzione globale alla svolta classica di quella cesura, genesi della nostra cultura e che traccia di quella funzione la linea orientata delle sue memorfosi: l'invarianza del centro nella forma di verità che si svela e che storicamente si fa ragione per divenire poi logica ed oggi virtuale...
...protezione del centro e di contro l'anonimata oscurità dell'<uomo vivente, parlante e lavorante> (Foucault, Sull'archeologia delle scienze, cit.); dell'operosità dell'agire pensante di ogni indiviuo di produrre pensieri non catturabili dal <sistema eteronomo dei compiti stabiliti dall'alto> (Adorno, Minima moralia).

Attivazione...intagliata dall'incidenza espansionistica di una economia razionale, basata sul <calcolo di un optimum in base al principio della pura concorrenza (Stengers/Bailly) / sulla colonizzazione delle nuove terre scoperte / su eventi storici: rivoluzione francese, nascita della borghesia, riforma protestante; intaglio, che fertilizza nuove idee sulla sfera del sapere, sui rapporti sociali giuridicamente organizzati, sulla convivenza quotidiana (si veda Il discorso filosofico della modernità di J. Habermas)...
di un nuovo atteggiamento mentale che potenzia di quell'uomo di Foucault e di Adorno l'autonomia della sua volontà individuale, scoprendosi io-soggetto, a condizione di aver assimilato <l'utilità della centralizzazione> (Nietzsche, Umano troppo umano II)...
e tale utilità si attua “motore immobile” di un orizzonte di intelligibilità dell'industrioso agire pensante della nostra mondanità / invariante nelle varianti climatiche, in forza del linguaggio, che, nei vari registri dei discorsi (filosofici, scientifici, tecnologici e nella stessa mobilità della parola) giunge alla trasparenza di quel tu devi (il cammello di Nietzsche) di quel pensare figurativo e personificato, esercitato, in quella esperienza di mondanità che la letteratura classificò mitologico.

Motore immbobile” nella spersonalizzazione di quel pensare / promotore rizomatico che muta la tradizione, tenendo ferma quella utilità nella regolabilità delle relative interconnessioni che deliniano i vari equilbri dell'organizzazione umana che abbiamo imparato a definirla società.

Ciò odora di stantio, anche per l'uso personalissimo del linguaggio: richiede un momento di riflessione, esortante un'osservazione sul presente, ricorrendo ancora una volta alla riflessione, non introspettiva, ma sul groviglio in cui siamo inviluppati / intravedere, avvistandolo, se quell'elemento del passato remoto – la centralizzazione – è in esso captabile / intercettandolo nella funzione a definire...ancora oggi...<che cosa sia pertinente fare o non fare in <tale situazione, e come si svilupperanno gli eventi situazionali> (Duque) / funzione, delineante una diversione, adattata agli agli schemi mentali “educati” dei nuovi redentoristi, equilibrazione della connessione-esistenza, in circolarità di movimento di <situazioni insostanziali (ibidem), che, per la loro mobile trasformazione, si collocano fuori dai cardini del tempo, escludendo l'idea di un “eterno ritorno”.
In tale riattivazione...il circostanziato da osservare...rende palpabile l'ondeggiamento incoativo dell'esperienza in generale e individuale - basta una indecisione, una sincope a farci cambiare idea (cfr., NancyJ.L. Le discours de la syncope) - perpetua il dato di fatto, antico nel tempo, dell'adattamento, regolarizzato dal nuovo centro gravitazionale dei nostri comportamenti...
...e la nuova esperienza assesta in sé quel processo di personificazione, attuato dal mito – in forma virtuale o di neoliberismo – manifestando un mondo che si contrae in sé, centro gravitazionale di coordinamento di ogni elemento naturale, umano, divino: riprista quella cultura, per la quale: il mondo è fatto così...il mito...
...si fa comportamentale, educativo, riproposizionale di un atteggiamento mententale di una corrispondenza diretta tra spazio/tempo e simbolismo: la questione che si impone questione, oggi / questione su cui si accentra sia l'intuizione di Nietzsche e, in modo penetrante, la svolta della scuola di Francoforte: svolta su cui è – proprio oggi – rileggere per capirci e capire.

al prossimo

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