martedì 22 dicembre 2015

TRENTOTTESIMO SOLILOQUIO

Oggi…un altro giorno? Ho già messo un punto oscillante per la fuoriuscita di una conclusione non conclusiva: il ciclo precedente…induzione pedagogica di Deleuze di pensare sull’opera di cambiamento radicale, esercitata da Kant intorno alla nuova situazione del soggetto: svolta…genealogia di una incisione, registrante una incrinatura sul quel <nucleo logico>, come lo definisce Frege, che ufficializza la nostra cultura: taglio che rimuove il rapporto uomo/verità <in termini di rapporto manifestazione/condizioni della manifestazione> nell’immutata relazione, in piega scientifica, di una concettualizzazione rettilinea e uniforme del tempo (rimando le riflessioni al riguardo, stimolate da Deleuze, al ciclo precedente)…
taglio, genealogica maturazione di eventi…occidentalizzazione del resto del mondo, legata all’insorgente affermazione socio-economico-politica di un nuovo soggetto storico…espansione, attualizzante quel miraggio panellenista di Pericle, tendente a riunire in una sola comunità tutti i popoli greci; Isocrate ci dice che Atene aveva <fatto sì che il nome Ellade non distinguesse più la razza ma l’intelletto, e il titolo di ellenico fosse un indice di educazione anziché di discendenza comune> (Hadas, 1959, citato da T. Dobzhansky, L’evoluzione della specie umana).

rilevanza, ottemperante un interrogarci sillabante la nostra storia / Non ritenete necessaria una sua sospensione riflessiva, proprio oggi che non sappiamo chi siamo, pur dichiarandoci artefici del nostro destino?  

TaglioFenditura, la quale pone l’uomo condizione di apertura al mondano, istaurando un circuito inter-comunicativo di interlocutori, coltivato a campo fertilizzante il fluire dei loro discorsi fra uomini a ricondurre la trama, l’ordito, le connessioni, i rimandi, le fessure attraverso i quali è il manifestarsi dei “fatti”, con i quali l’esperienza mondana si mostra alla coscienza di ogni io, in corrispondente coesione, alla tessitura argomentativa

…il tarlo: eredità divenuta congenita nella formazione evolutiva del come noi pensiamo sia da uomini del quotidiano vivere sia da “pensatori possessori di sapere” dal linguaggio erudito…codici linguistici differenziati nei registri dei loro generi discorsivi, ma corali nella loro teologia del dire o in positivo o in negativo o nel parlare tanto per parlare

… e il vissuto e il vivere la nostra esperienza mondana…no la <vita>, nel detto di Nietzsche…accorpara nel dire…sapiente o giornaliero…la molteplicità dei suoi segni, trasformando l’io in Io penso…<Io, la verità, parlo> (Lacan), tralucendo in quel dire un rapporto di potere tra uguali (Foucault), poiché quell’Io sa, mentre la molteplicità degli io non sanno (Adorno), relegandoli allo stato di sempre: appendici delle loro decisioni (Adorno)…e in quel rapporto abbiamo istituzionalizzato l’iter della nostra formazione culturaleio che denuncio reo confesso nei miei pensieri in affanno.

Non si tiene conto, nella condotta del nostro pensare alla <fondamentale interazione dei fattori interni ed esterni>, in funzione dei quali <ogni condotta diviene un’assimilazione del dato a schemi anteriori>…schemi, appunto già educati, in funzione dei quali <ogni condotta è allo stesso tempo accomodamento di tali schemi alla situazione attuale> (J. Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino)…

… e l’incamminarci ingenera in quel miraggio un intralcio inquietante a quello che è il nostro desiderio di un rivolgimento della logica della nostra cultura…e finisce, nel fomentare, oggi, attraverso le condizioni di precarietà del lavoro, determinate dalla svolta finanziaria dell’economia, il cancro di un soggettivismo, alieno da ogni forma di comunicazione in netto contrasto col presente comunicativo, in forza dell’affermazione della mobilità tecnologica…e mostrare <invece il volto di una società regredita, dove torna a vincere la legge del più forte, del più astuto, del più avido; dove si perde la certezza del diritto…dove prevale lo spirito di rapina di un consumismo praticato senza tenere conto delle risorse del pianeta (dall’acqua all’energia…ed io aggiungo al dispendio del denaro collettivo), seguendo l’istinto feroce dell’avere per sé…(e nei più deboli di sempre) una lotta per la sopravvivenza> (Bordoni, Stato di crisi).

Pessimismo? Realismo schietto, lungi da ogni realismo amministrativo e burocratico  / consapevolezza maturata, sperimentata in me attraverso l’insorgenza di quella logica, nella quale ho maturato la mia esperienza culturale…

…insorgente, nel mio rifletterla mi si rivela impregnata di un affanno catulliano, in un condividere il monito di Adorno che una critica spazza tutto ha come risultato il buttare l’acqua sporca del <bagno col bambino dentro> (Minima moralia)…

…abbiamo bisogno di storia…particolarmente oggi…cinto di caligine, ottenebrante le nostre menti…tenebre caliginose di una confusione di idee che investe lo stesso linguaggio in una inversione di termini tale che l’espressione, nel manifestarsi, nega, al suo interno, una chiara comunicazione…

clima, lascia insorgere in me due interrogativi: lo spettro del sempre stato diviene orizzontale o per la stretta di mano umanizzante tra diversi ipotecati nella loro condizione socio-economica o per un burocratico rendimento degli operatori addetti alla formazione dei giovani…tutti normalizzati nella concomitanza di due segni di una redenzione, attualizzabile: - uno, mediante l’ingentilimento del  divario sociale nel mondo, attraverso la donazione del dono, lasciandolo immutato / l’altro, limitato alla nostra società, che…attraverso la buona scuola…sostenuta da una statistica del rendimento degli operatori, dall’utilizzo gerarchico delle differenze linguistiche, dall’impiego della tecnologia mobile…impone norme culturali nelle operazioni sintattiche fondamentale, le quali, più che promuovere l’inventiva sociale, legano il cervello umano alla uniformità del pensare.

Due interrogativi…ingiunzione ai miei pensieri in affanno in tonalità sintonizzate in modulazione differenziata:
- la prima, in scansione “voce bianca”…il canto del fanciullo…cristallino…toccante le coscienze, svegliando in esse la fratellanza fra gli uomini, aprendo… nell’autorevolezza che traluce da quella “voce bianca”…un orizzonte di consensi che…in buona fede…si dimostrano…di fatto…fittizi perché la normalità dell’imposizione educativa delle operazioni razionali del nostro cervello sono legate culturalmente…nel nostra civiltà e nelle varie geografie mondiali: sia alla differenza nella gerarchia sociale; sia all’incomunicabilità dei rispettivi credi religiosi / legame, il quale viene a “sigillare” la coscienza storica che ogni individuo ha della propria cultura, in forza della quale nomina Dio
…ogni proposta di apertura fraterna nella relazione sociale, la quale si mantiene in tinta bicolore cosi come si presenta pluricolore nell’abbraccio fra i vari credi trova il suo limite radicale in quella maturata coscienza storica della propria cultura…il problema, intorno al quale l’interrogativo esige domande qualitativamente nuove

/ nel rispetto di quella voce…il mio turbamento, il quale si appesantisce dal sopravvenire in me il gestonon simbolico…espresso nel linguaggio del corpo: il denudarsi dagli abiti in moda nella sua società: Francesco: una  testimonianza che solleva alla mia attenzione il tarlo…effetto solvente di  un sapere…in egemonie climatiche…il quale ha morfologiato la struttura inter-relazionale del convivere fra uomini…uguali nelle loro diversità…in situazioni relazionali piramidali.

- il secondo…protervia del dire…indice sintomatico del livello di confusione di idee di una classe dirigente, al quale fanno eco un’opposizione mirante al governare per governare, un sindacato barricato nella rivendicazione, eludendo la richiesta di domande e di azione qualitativamente nuove, richieste dalla diversa strategia del capitalismo finanziario, un movimento studentesco, ripetitivo nelle forme di contestazione…     

…e la centralità del problema si dilegua…sfuggente nel nuovo…sempre vecchio…indottrinamento

la scuola non è fabbrica di cervelli

disincantato dal chiasso delle contestazioni e dal silenzio di coloro che sanno di scuola, chiudo il blog per riflettere, rinviando la mia esternazione al prossimo


TRENTASETTESIMO SOLILOQUIO

e il linguaggio ciarla con la parola neo-liberalismo

…..e l’uomo…immemore dei linguaggi coniati…nel suo perturbante cammino da ultimo… per decreto egemonico dei primiprovvidenziali in confezione variegata…in temporanea successione rettilinea e uniforme nel superamento dei limiti dei rispettivi configurati spazio-temporali del tessuto relazionale di coabitazione…in vocaboli…soggetto / soggettività / persona / soggetto storicoindividualità…si rivela a se stesso…evocato dai primi…in anonimato potere di una economia…resa virtuale dalla trasformazione finanziaria del capitale…e (mi scuso con Duque  per la mia licenza poetica dei suoi concetti, espressi nel già citato suo saggio) “in una metafisica ipostatizzazione” della Rete delle reti”…connettiva dell’uso “della digitalizzazione high-tech, esemplificata in Internet e nella telefonia mobile 3G”…e fra “una moltitudine” di simili…accomunati trasversalmente nella prestazione dalla flessibilità funzionale dell’impiego di una tecnologia mobile…”innovazione capace di rilegare i diversi gruppi sociali con una seconda natura frutto della simbiosi tra animali e prestazioni macchinali …mediate da un linguaggio altamente formalizzato (software)…a sua volta implementato come se fosse naturale”...

…e nel sostare nella parola “individuo” sperimentiamo l’inizio di un cammino che non cessa di essere presente e nello stesso tempo senza futuro.
   
Istantanea, irriverente verso la grammaticaimprontarisalto del vissuto memorizzato dalla storia / tentativo senza accento di un linguaggio in scrittura di montaggio di istantanei sussistenti in sé / irruzione di una provocazione a un riflettere inter-comparativo su quell’incamminarci, reso più ostico dal piombarci due insidie, miranti alla nostra deoccidentalizzazione: islamismo fondamentalista e imperialismo economico cinese.

Un incamminarci nel miraggio di una libertà individuale, di fatto acquisita
/ il cellulare e la rete danno la voce, prerogativa di pochi, alla moltitudine sfilacciata di individui senza distinzione…cancellando dalla storia l’ibrido appellativo di massa / in quanto strumenti connettivi immediati di trasmissione tra la gente, possono generare nuove forme di comunità sociale (Duque)…ma…sospensioneirriflessivaspinta a un mio riflettere, interrogandomi…noi esercitiamo quella libertà di fatto nella prestazione, garantita dallo strumentoinventiva che ci la parola non più in delegaconquistanon riconoscimento acquisito dalla formalità giuridica di una politica progressista: la svolta che l’illuminismo non ci ha dato?
/oggi…l’uomo…la sua inventiva, ci situa…nella prestazione di strumenti di comune uso, il cui utilizzo, nella pratica del vivere la nostra quotidianità, da uomini della strada a singoli protagonisti, al di là dell’età, del sesso, della condizione e del ruolo sociale, dell’uso senza veli della parola…cancellate dalla nostra memoria storica modernità e post-moderno, la rondine che non fa primavera…il 2000 oltre il tempo?
...ma su ma…usiamo la libertà di parlare attraverso il nostro modo di pensare…cioè. attraverso la formazione educata dell’articolazione dei nostri meccanismi mentali…messa in moto da un complesso processo psichico soggettivo…
…disatteso problema…ma attivo, in quanto rivive nella costruzione di nuove esperienze / educazione e contagio: esche a doppio taglio annodate al nostro naturale agire pensante di dispiegarci oltre ogni ordine di previsione in flessibile apertura all’insolito (Hölderlin, Sul tragico) / agire pensante, il quale esercita i suoi processi di sviluppo e di comunicazione all’interno dello spazio di coabitazione in rapporto di comunicazione interattiva…spazio di ordine superiore al suo, in quanto corpo vivente, assorbente in sé la relativa moltitudine sfilacciata di corpi viventi: gli individuisingolarità caratteriarizzate…dalla medesima matrice culturalecondizione fondamentalmente formativa del nostro e del loro distinto agire pensante
agire, in funzione del quale l’insieme articolato, configurativo dello spazio, in temporanea coabitazione (la società), viene a costituirsi corpo <normato> formato da un vincolo inter-attivo di interlocutori, a loro volta, ribadisco, <normati> dalla stessa matrice culturaleinterlocutori. oggi, esercitanti libera parola mediante, appunto, il ricorso alla tecnologia mobile, nell’uso della quale comunichiamo esperienze <di ciò che arriva
alla parola attraverso la parola stessa> (Derrida, Comment ne pas parler. Dénégations)…
…prerogativa innovativa di un esercizio libertario della parola…propedeutica alla realizzazione di quel desiderio del rivolgimento totale della logica della nostra cultura? è la strada percorribile per un risveglio in noi di quel legame…non vincolo giuridico-socialeper nascita…che ci dispone costituenti…nella dinamica spazio-temporale del nostro viveredestinatari inter-comunicativi…nel rispetto reciproco delle nostre diversitàcostruttoriindividui-inter-attivi…del comune spazio di convivibilità?
…alienazione mentale, il mio pensarlo…mi guardo intorno…e lo spirito di gravità del <nano> cavalca quel desiderio, altresì mio, interrando quella voce in unisono, stormirmi che pensare fuori quella grammatica” è possibile, e per di più prioritario nell’esercizio della critica: Nietzsche e Adorno in pinacoteca
…e un mettermi sul chi vive, mi induce a riflettermi…il bisogno di regolamentare lo squilibrio lacerante l’articolazione istituzionalizzata delle varie situazioni inter-comunicative fra i diversi corpi viventi, quali sono il settore politico-amministrativo-giudiziario / la lottizzazione degli strati sociali e dei ruoli, a loro volta circoscritti in categorie: lavoratori/impiegati:maschi/donne:giovani/vecchi:intellettuali/manuali…..ognuna delle quali con le proprie urgenze, con le proprie rivendicazioni / articolazione simultaneamente congiunta in quella macchina organizzativa…oggi in erosione…che formalizza l’unità di quel corpo vivente  in entità normata: la società
…la crisi – rinnovata dimostrazione di una ripresa, in trasformazione finanziaria dell’economia, del ruolo di controllo del nostro vivere individuale e associato, di una <sovraclasse globale>…oggi, in anonimato...<che prende tutte le principali decisioni economiche, e le rende indipendenti dai legislatori, e a fortori, dalla volontà degli elettori> (ripropongo questo pensiero di Rorty, già da me citato, per i messianici riformisti).

In parentesi il suo dettaglio riflessivo…un dovuto, già esternato nel precedente ciclo ad essa destinato / in questo ciclo, in sua disgiunta connessione, su input di Deleuze, un riflettere sull’aspetto culturale che la crisi nel suo eczema economico manifesta / un per me in  riallaccio alla svolta, operata dai pensatori della scuola di Francoforte, nei confronti di Marx, propositivo di una cultura ritenuta sovrastrutturale del tessuto sociale, rispetto alla economia, considerata sua struttura portante / un economista agisce pensando come ogni uomo, eccetto l’espressione linguistica e le relative attività comportamentali, pertinenti al suo campo di appartenenza / ne consegue un interrogativo radicale sia per un riforma “seria” sia per un ribaltamento radicale: la storia ne è maestra registratrice delle rivoluzioni perdute e delle primavere obliate…è giunto il momento, in forza dell’uso della tecnologia mobile, di porre l’interrogativo al posto dovuto: come pensiamo

/ l’interrogativo - motivazione sussultante dal segnale critico delle perturbazioni che rendono singolare, imparagonabile la crisi che subiamo / segnale: l’incrocio, mi ripeto, di due congiunture…manifestazioni (in senso kantiano) in deterritorializzazione dei loro terreni di appartenenza…economia e tecnologia…mette in problema i meccanismi logici della nostra cultura sociale, decifrando nella crisi…senz’altro economica…nell’incrocio con la tecnologia…l’elemento strutturalmente culturale (rimando la delucidazione all’esternazione, composita nel ciclo sulla crisi)
/ incrocio di un capitalismo a capitale in virtuale metamorfosi, per l’assunzione finanziaria del suo valore di scambio, inalterato nella sua funzione di controllo sociale e provocatorio di una separazione tra potere e politica (cfr. Stato di crisi, cit.) e (in sintonia con Duque) la NewOnto(techno)logy, <dato che la (sua) tendenza generale è l’interconnessionei onnimoda di tutte le procedure (almeno a livello di software) in una rete comune, costituita proprio da differenze in costante mobilità>
/ la crisi, nel mostrare il sopravvenire di problemi irrisolti e l’evidenziare spinose questioni, tra le quali rappresentanza/democrazia formale e conflittualità tra i poteri dello Stato, non scioglie la sua fase dilemmatica…interrogativo in sospensione…complessità di problemi nuovi, insorgenti in sincronico risveglio delle vecchie ferite mai rimarginate…e un strapparci le vesti, commisto ad un auto-dichiararci persone per bene, moralisti implacabili verso il pubblicano, si fa politica…in un seppellire la storia – memoria di quelle ferite: tara della nostra civiltà…e una consueta pratica normativa da parte delle varie intellinghènzieobosolete in chirurgia platica: le une/in insorgenza mobile, già logora prima dell’uso. le fiorenti -…pre-auto-poste alle risposte ai problemi…da tempo irrisolti e nuovi, richiedenti risposte qualificate che le singole disfunzioni lanciano in messaggio forte…invece risposte in utilizzo di quelle procedure intellettuali e relative operazioni logiche di base…pedagogicamente assimilati… che hanno reso quelle ferite la nostra malattia sociale
/ apostrofarci messaggeri dalle mani pulite / operatori ecologici / show-isti in sceneggiata contro-informazione / professionisti della mafia (Sciascia, tacitato) - restando fermo il principio giuridico della comprovata reità della colpevolezza dell’individuo da parte del magistrato, il quale emette il giudizio in nome del popolo sovrano (etichetta sanatoria di responsabilità individuali) – messaggeri dal calcolato politico in quel nostro apostrofarci…politico, umiliato nella politica, avvizzita nel miraggio del governare 
…abbiamo sputtanato l’uomo…lasciando in putrefazione quello che è la cancrena di una genealogica organizzazione del nostro convivere sociale in esercizio di potere di un pensare in civiltà, direbbe Nietzsche, da barbari per barbari: l’individualismo…camuffato in diverse forme, compresa la sua negazione, in quanto l’esercizio di potere è dell’individuo che sa, sia in regime collettivistico sia in regime di delegapolitico, insuperbito dal segno di redenzione...eppure gli Stati, in consorzio, hanno attestato. nel primo articolo della carta costituzionale europea, inalienabile la dignità dell’uomo…la nostra distrazione!

/ la crisi…intersezionandosi con il cellulare, rendendolo stregato per un uso del parlare in libertà in <esplosioni situazionali> (Duque) che dissolvono il limite tra privato e pubblico…ha messo a nudo il male genealogicamente congenito di una forma mentale di pensare…al di là della egemonia temporale della forma di ragione…in qualità di macchina organizzativa il nostro vivere la nostra individualità…dimenticando che siamo tali, in quanto siamo in relazione inter-comunicativa con i consociati nostri simili…manovrata da un Io penso, memore di Aristotele, nel distratto Kant, impegnato a salvaguardare l’oggettività dei pensieri, nella cui coerenza della sua forma logica è l’accordo col fattocoerenza, la quale, pertanto, si fa garante dell’equilibrio del vincolo consorziale, in pericolo per la circolazione dei pensieri soggettivi dell’agire pensante dei nostri vari io…strutturandola in dirigenziale amministrazione di chi impressiona nel segno un sapere vincenteipotecando noi a praticare il nostro mestiere del vivere - noi simili, irrobustiti dal cellulare, protagonisti di un agire in libero parlare
/ segno…liturgia della redenzione laica…ha stupito lo stesso Cristoperché questa generazione chiede un segno?- interrogativo in istanza sospensiva, quasi a volerne registrare l’atemporalità (Marco, 8.24) / la parola incisa nel segno, egida di una relazione comunicativa di un <Io so> verso un <tu, no>: Adorno in Metacritica della conoscenza…e il suo eco si ricostruisce nell’operatività analitica di Foucault…riflettiamo…   

/ la crisi…genealogica manifestazione di un passaggio al limite? In ultima analisi, proseguiamo…né moderni/né post-moderni…nella memoria, attiva e sempre attivata, di quell’ uomo cesura nel tempo, sottratto alla natura (Deleuze, già cit.), cardine del <nucleo logico>, di cui parla Frege, della nostra cultura? Linea retta del tempo, oggi in iscrizione dilemmatica, vergata dalla simultaneità operativa di due variabili della medesima   affiliazione culturale di quella che è la nostra configurazione socio-politica, di cui una dipendente in progressivo decadimento, l’altra, in progressiva evoluzione, indipendente, quale di fatto è la tecnologia mobile?

Allora, siamo all’interno di quello che è il  miracolo della nostra matrice culturale (Deleuze) del pensare il nuovo, attualizzando il <già è> (Hölderlin?
La prestazione del cellulare di una libera parola è uguale a quella del cane che si morde la coda?

Due voci, in note atonali dal coro dei variegati redentoristi mi riportano alla storia – la nostra, protagonisti ignoti

 <Non si dispone di altro modello di libertà di quello in cui la coscienza penetri nella complessione generale della società e attraverso questa in quella dell’individuo> (Adorno, Dialettica negativa)

<Un rivolgimento totale qui, come in genere ogni rivolgimento totale, è privo di qualsiasi ritegno, non è lecito all’uomo in quanto essere conoscente> (Hölderlin, Sul tragico)

Pensieri soggettivi, angolati nella tipicità del loro genere discorsivo: il filosofo e il poeta, in concordante sollevare la natura della posta in gioco che ha travagliato il cammino verso la civiltà delle generazioni che ci hanno preceduto…così come il loro…altrieri che ci appare, oggi 2000”, passato remoto: il complesso rapporto tra il cognitivo e il normativo…rapporto da cui erompe in istanza prioritaria il come pensiamo
…il problema in gioco, oggi in dilemma, per la variabile indipendente, qual’è la tecnologia mobile che lascia all’individuosingolarità della nostra cultura…l’io…in sfilacciatura multipla…di assumersi la responsabilità di proporsi condizione costituente della soluzione di ciò che si presenta problema complesso / io…educato nella logica culturale dei padri…attraverso quegli stessi schemi mentali…sanciti da Aristotele, in grado di esprimere un discorso che può essere riconosciuto vero…attualizzati da Kant in un Io trascendentale…riattualizzati dal neopositivismo nella logica…oggi, da chi grida più forte / discorso, pertanto. che imprime nella tonalità, oggi praticata, quel segno del riconoscimento della portata del  vero, nel medesimo propositivo dei predecessori; il discorso vero si presenta irriducibile all’io empirico…noi…subordinato alle apparenze, vittima, quindi, di cadere nelle illusioni sensibili / schemi mentali, esercitati, per scuola, attraverso un loro dispiegarsi in un tempo, concettualizzato in linea rettilinea uniforme nella cesura genealogica del suo affermarsi tale e…lungo il suo processo evolutivo, nel taglio di Newton, nell’espressione scientifica modale da Kant (si vedono le Lezioni di Kant di Deleuze, già cit.)…esercizio, costituente la soluzione della crisi del configurato spaziale della convivenza fra gli altri io, normato dai medesimi schemi mentali, dimostrandosi, la soluzione, non una svolta, il prolungamento culturale del passaggio al limite del precedente…
variabile, in concomitanza con la metamorfosi finanziaria del capitalismo che, nella rottura del naturale situarsi in relazione, pone ogni individuo nella singola responsabilità nell’affrontare in prima persona i problemi, in un concentrato d’incertezze, tale da innestandogli una <cultura dell’immediato> (Stato di crisi).

/Posta in gioco, la quale, nel segnale inquietante di due voci è rilevabile un condizionamento invalicabile inavvertito dalla normalità dell’esercizio del  pensare, in forza della quale la capacità di istruire nuovi processi, pur nella radicalità della decodificazione dei vecchi, si fa <centro potenziale di un nuovo processo che non esaurisce la sua causa, ma la rigenera nella misura il cui si produce>
/ ripropongo volutamente il rilievo già citato di Isabelle Spengers (Concetti namadi), poiché quel pregiudiziale ha la sua risonanza nell’ordine dell’indagine scientifica

/ Una delle due voci; Ogni comportamento individuale è implicato in una <interazione di fattori esterni ed interni (in forza della quale, esso) diviene un’assimilazione del dato a schemi anteriori (ereditari e per contagio comunicativo della sua situazione relazionale e) allo stesso tempo (un) accomodamento di tali schemi alla situazione attuale> (J. Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino)…

…naturale processo evolutivo di assimilazione/accomodamento… in funzione del quale la condotta di ogni uomo tende a raggiungere un equilibrio in mobilità (Piaget)…proprio in esso si innesta una genealogica grammatica…non linguistica…del come pensiamo, assunta a legge del pensare (Adorno)…nella sua genesi, come verità che si svela / l’altro ieri, come logica formalizzante il senso del discorso (Aristotele/ Wittgenstein) / oggi, echeggiando Hölderlin in Scritti di estetica, nel mercanteggiare di Faust per una legittimazione di giovinezza – e il nuovo…come i precedenti…in enunciato vero…si oggettivizza in esaustiva configurazione dell’esperienza sociale…e il novello Faust si istitualizza in società-stato – e il ripristino del normativo come strategia dell’equilibrio della società…nella dimenticanza di chi gestisce il mondo…rinnova…in quel segno…l’eterna pressione…in chiave pubblicitaria…ideologica, con la relativa pressione selettiva – e la reificazione delle coscienze continua a intessere la parte più intima della costituzione del soggetto: la denuncia di Foucault.

/ La seconda; Una particolare forma di organizzazione <sociale umana (affinché) si mantenga, non occorre soltanto che in essa si provveda all’aggiunta di nuovi individui per mezzo della riproduzione, ma che vi siano modi e mezzi di strutturare la psiche dell’individuo, così da indurlo ad agire in certe prevedibili maniere> (A.I. Hallowelle, Culture, personality,and society, in Dobzhanky, L’evoluzione della specie umana).

/ La cultura soddisfa due esigenze dell’organizzazione del nostro vivere individui-in-relazione interattiva in quel corpo vivente che è la società in due funzioni che si integrano: <processo culturale d’apprendimento per cui si acquista la deviazione; i modi in cui i ruoli, presi dalla cultura e psicologicamente incorporati, determinano la deviazione e la conformità / il processo d’interazione con cui s’apprende la cultura, s’acquisiscono i ruoli, si costruisce il e si formano e si trasformano i modelli di azione deviante> (A. K. Cohen, Controllo sociale e comportamento deviante).

e ciarlano di cultura!

<In questo momento, in cui l’uomo ritorna verso la propria vita, nuovo Sisifo che torna al suo macigno, nella graduale e lenta discesa, contempla la serie delle azioni senza legami, che sono divenute il suo destino, da lui stesso creato, riunito sotto lo sguardo della memoria e presto suggellate dalla morte> (A. Camus, Il mito di Sisifo).

…e Sisifo segna in attualità il nostro passaggio al limite verso un futuro senza futuro…il rimescolare delle carte di sempre lascia in ciascuno di noi rivivere la fatica vana di Sisifo…e il ciarlare illuministico di oggi…dimentico che il padrone del mondo, proprio, ripeto, nel separare il potere dalla politica, fa rivivere quale tempo ciclico…il figurato del mito…in forza del quale <l’esperienza mondana (di un mondo, si torna a rilevarsi) “tutto è come è, e tutto avviene come avviene: non v’è in esso alcun valore”> (è una citazione di Cacciari, in Krisis)…e in esso il ciarlare del nuovo illuminismo si fa mito (Dialettica dell’illuminismo).  

pessimismo? amarezza…alleviata da una speranza…propositiva di una voce…rincuorante i miei pensieri vaghi…sollecitante un pensare in termini relazionali all’interno del contesto interattivo nel suo insieme, in cui si opera, intraprendendo un graduale intervento ecologico del come pensiamo: G. Bateson, Verso una ecologia della mente

… con tale  auspicio chiudo questo ciclo sul 2000, oltre i cardini del tempo 


TRENTASEIESIMO SOLILOQUIO

….un futuro pieno di incognite, allacciatura di sviluppo del precedente soliloquio / un futuro in atto / linea in soluzione di continuità, la quale non traccia una parabola di superamento di un limite: il figurato che assume la situazione relazionale nella linearità di un tempo, il quale, nella uniformità delle sue estasi, formalizzante il rapporto situazione/rappresentazione, incentra il suo focolaio nell’uomo, costituitosi, genealogicamente, sua cesura, in quanto <potenza positiva>,  dischiudendo un presente, il quale, sul <limite del vivente>, concentra in sé il passato e insieme lascia penetrare dal suo esterno il futuro.

Un compendiare, il mio, connettendo l’esigenza, sollevata da Deleuze in Lezione su Kant, di riflettere sulla portata del rovesciamento d’attenzione sulla situazione del soggetto nel rapporto tra <manifestazione/condizioni della manifestazione> e Differenza e ripetizione, nella quale Deleuze, in sintonia atonale con F. Gaill (Organismo, in Concetti nomadi), significa il pensare degli uomini nelle loro individualità, un per me, nel loro agire pensante, situarsi <negli strati del presente che serve da limite e racchiude l’esterno>.

Nel riflettere in me tale connessione, che io ho intravisto, ponendo in parentesi schemi, convenzioni, categorie interpretative e situandomi nella parola in ascolto di altre parole, sradicate dalle pieghe, dagli interstizi, dagli anfratti del loro tessuto argomentativo, echeggio Kant nel riproporre le “cose”, che pensiamo e li esprimiamo, a livello di fenomeni / quel Kant, distratto dal ravvivarsi in lui quella memoria culturale che, nel giudizio riflettente, sperimentava la loro sospensione, - e l’istanza mondana della condizione di ogni manifestazione esperenziale consuma quel taglio innovativo nell’attualizzare quella <parola, che sino a quel momento, aveva soltanto un ristretto uso teologico>: trascendentale (Deleuze, Lezione su Kant del 14 marzo 1978), fomentando, in quella distrazione, una sterile e infeconda diatriba tra immanenza e trascendenza (leggere Adorno) / echeggio Kant,  nel risvegliare in noi la consapevolezza della nostra mondanità e la nostra <potenza positiva> nella costruzione dell’esperienza del nostro vivere tale mondanità, - l’iter del nostro irto cammino in questo pianeta, diventato sempre più inospitale.

Un itinerario in climi fuligginosi, annebbiando la nostra capacità inventiva / <Abbiamo visto scomparire due idee e relative pratiche che giudicavamo fondamentali: l’idea di uguaglianza, e quella di pensiero critico> (L. Gallino, Il denaro, il debito e la doppia crisi, Einaudi) / abbiamo conquistato la democrazia, e la domanda che continua a tormentarci è come sia possibile l’insorgere del male radicale della disuguaglianza fra uguali e istituzionarla nella gestione del nostro spazio di coabitazione, che abbiamo nominato società? Come sia spiegabile la nostra inerzia valutativa e la consequenziale cecità, se non ci accorgiamo del sussistere nello stato di appendici delle decisioni di nostri simili, i quali nel loro definirsi Stato, si esibiscono rappresentanti della nostra conquistata sovranità della volontà collettiva? Sovranità, sanzionata dalla nostra costituzione – e la nostra indipendenza si è fatta campo conflittuale di illegale appropriazione dai quei nostri simili, i quali dovrebbero esercitarla. in rispettiva autonomia, secondo la distribuzione dell’esercizio di potere decisionale, sancita dalla costituzione - e gli interrogativi troncano <l’urlo nella strozza> (Dante).

Oggi, altro dall’ieri / dall’altrieri…e gli ultimi, verso cui, oggi una pia voce invita l’altro, primo, allo sguardo misericordioso, hanno raggiunto la maggioranza assoluta nel pianeta…costeggiamo marte…, quei primi…. in realtà...come sempre…più penultimi, poiché i veri primi, sempre più in minoranza, risiedono nell’anonimato olimpico del mercato finanziario…e mutatis mutandis, in tale spazio virtuale invadono <il tessuto della vita quotidiana>, dissolvendo <ogni forma di comunità e di espressione politica> (J. Crary, 24/7. Il capitalismo all’assalto del sonno, Einaudi).

Oggi, un punto interrogativo…siamo instradati in quel crocevia dove la possibilità e la realtà di fatto formano un tutt’uno nel loro attuarsi e manifestarsi…sperimentiamo  il vivere quotidiano della nostra mondanità, nel riscontro di un passaggio da quelle che sono le nostre dimensioni abituali. in posizione, rispetto a noi stessi e alla società, tessuto connettivo delle nostre situazioni relazionali, a <novità (dalle) virtuali conseguenze sociali> (Gaill) / conseguenze sociali che sono tali, in quanto individuali, e tali, in quanto sociali; ragione per la quale <la critica della società è critica della conoscenza, e viceversa> (Adorno, Parole chiare) / reciprocità, inoculate per <invaginazioni successive> (Gaill) oggi, in stridente e ambigua <operazione di devaginazione> (Ibidem) praticate da due manifestazione dell’intelligenza umana, per nulla contraddittorie, in relazione topologica disgiuntiva.

Proviamo a rifletterla riflettendo in noi stessi, noi senza ambizioni di costituirci Stato o propagatori di una anti-politica senza politica o di moralizzatori, noi, individui senza qualità, che avvertiamo il disagio nel vivere le nostre situazioni relazionali.

Parlo in me stesso, esternandomi senza farmi testo.

Linea economica: Non assistiamo impotenti di fronte ad una contemporanea coincidenza del processo di sviluppo del sistema  finanziario <al di là di ogni limite> e al suo accaparramento da un capitalismo in morfogenesi? In tale incettamento, non viene a varificarsi, per la conseguente trasformazione del denaro in capitale virtuale, <lo sfruttamento irresponsabile dei sistemi che sostengono la vita  (il sistema ecologico)> (Gallino)? In tali sistemi, gli effetti solventi dei loro procedimenti non sostengono in interattività il nostro vivere le situazioni relazionali in atto, posti alla nostra attenzione da Kant, (L. Gallino, Il denaro, il debito e la doppia crisi, Einaudi - testimonianza che integra l’apporto ricettivo dalla mia lettura del testo Stato di crisi)? Oggi, non posizionano le nostre situazioni relazionali in uno status dilemmatico (cfr. il mio ciclo di esternazioni sulla crisi odierna)? In tale  linea frastagliata, non interna in sé una rivalutazione della predisposizione di quella matrice culturale della nostra società, tessitura dei suoi intrecci, di produrre quei processi culturali di normalizzazione, analizzati da Foucault nei suoi vari lavori, tra i quali vorrei porre all’attenzione su L’uso del piacere e La cura di sé, mi ricorda Pierre Livet (Norme. I difficili rapporti del razionale e del normativo, in Concetti nomadi), in quanto <il normativo si rivela intessuto alla parte più intima del soggetto>? In tale elemento componente non è riscontrabile una continuità in ripiego del <già è>, attualizzandolo? Restando all’interno del propositivo kantiano del rilievo della nostra appartenenza alla terra e, in tale condizione esistenziale, per un bisogno di razionalizzazione degli equilibri, mobili per l’ondeggiamento incoativo dell’esperienza (Nancy), non ci siamo costituiti <cesura nel tempo>? In tale bisogno non è individuabile la radice genealogica di quello che Frege definisce <nucleo logico> della nostra cultura, quindi telaio formativo, per educazione e contagio, del come pensiamo? Non sorge qui il sospetto, e quindi l’interrogarci, se questo terreno sia chiamato in causa?

La linea della mobilizzazione della  tecnologica, mi suggerisce Duque (L’età è mobile, qual cella al vento, in <Antirem>: Non stiamo sperimentando, in prima persona e sul piano socio- politico, l’espansione planetaria della tecnologia mobile? Il telaio procedurale, proprio al livello di software, non viene a costituirsi nella rete, caratterizzante l’<Unità di comunicazione di base>, proprio nella sua costante mobilità, il tessuto connettivo di tutte le procedure, le quali si innestano in <permanente modifica e alterazione>, determinandone, appunto, l’instabilità (ibidem)? Unità di comunicazione di base!?! mi si arriccia il naso! e lo spettro del centro, attualizza (adattando al mio modo di pensare l’indicazione di Duque che a me si palesa in decifrazione positiva, pertanto non decodificante) quel reticolo del <già è> riproposto in quanto <medium> composito di quelle che di fatto sono rete/cellulare, indeterminabili nelle loro operabilità, in quanto, come lo stesso Duque risalta nella funzione del cellulare, <come strumento di connessione (quasi di communio) tra la gente…utente…veicolo…portatore di valori…(ma) istantanei…(tali che) non vi è ermeneutica possibile durante la trasmissione> / Come è possibile che uno strumento a prestazioni si adegui a veicolo del male atavico della cultura della nostra società: la disuguaglianza fra simili e la sua ripartizione gerarchica? / e l’uomo non più massa, ma individuo fra la moltitudine di individui si fa utente, trasformando il valore d’uso della sua prestazione in quel valore di scambio, usufrutto di un capitalismo da <un non tempo interminabile che erode ogni (situazione relazionale) tra un intenso e ubiquo consumismo e la strategia di controllo e sorveglianza> (Crary) / il presunto lettore mi considererà un vecchio conservatore…io mi interrogo e mi chiedo in angoscia come una portata dell’inventiva dell’uomo dalla <natura pensante, capace cioè di pro-durre pensieri non catturati dall’ordine stabilito dalla ragione> (Hölderlin) si faccia virus, propagatore di quel  fenomeno catturante, divenendo, in quanto tale, un <centro potenziale di un nuovo processo, che non esaurisce la sua causa, ma la rigenera nella misura in cui si produce> (I. Stengers, Propagazione e propaganda, in Concetti nomadi)…e quel sospetto, sollevato nella linea economica, mi si ripresenta anche nella mobilitazione della tecnologia, strumento possibile di una svolta decisiva del nostra stato perenne di appendici / mi si riattiva proprio nelle sue prestazioni; prestazioni, le quali, per le loro qualità operative innovatrici, possono costituire la base della partecipazione sociale, necessaria per affrancarci dallo status di perenne minorità…ma, quel sospetto mi convince ogni giorno di più che il reale problema sia il come pensiamo…il linguaggio che coniuga il punto di connessione tra le due linee della loro relazione topologica, parla in neo-liberalismo….e ciò mi spinge ad una temporanea sospensione riflessiva… al prossimo.


domenica 1 novembre 2015

TRENTACINQUESIMO SOLILOQUIO

situazione relazionale climatica”, il “sospeso” in pausa di riflessione / Kant, e l’interrogarmi, sollecitato da Deleuze a flettere sul quel suo taglio, - genealogia di una svolta, freccia, indirizzo d’<attenzione della diversa situazione del soggetto>, in relazione al rapporto tra il suo agire pensante e le manifestazioni che appaiono alla sua osservazione, siano esse nell’ordine della natura sia in quella sociale.

e il presumibile lettore, offeso e disgustato, spegnerà questo mio blog / avrà la mia piena comprensione: sussistiamo nell’arbitrio assoluto di un chiassoso confronto politico, senza politica / siamo implicati in una disavventura esistenziale senza futuro / ed io propongo di riflettere sul sesso degli angeli! / la nausea opprime anche me / eppure mi penso nella viltà del mio silenzio, e mi inquietoe mi interrogo, esternandomi, lasciando circolare una idea che ha impensierito il mio cammino di uomo senza qualità nelle traversie dell’impegno sociale e professionale: chi è il responsabile delle angustie del nostro vivere individuale, il quale è tale, in quanto è sociale, ed è sociale, in quanto è individuale? / e la memoria risveglia in me il lavoro filosofico di Kant, e la bizzarria, proprio della singolarità della memoria, l’associa all’estro poetico di Hölderlin; associazione, che l’espressione del <quando io dico> di Deleuze ha acceso in me il bisogno di comunicarla, interrogando, in arbitrio, quella diversa situazione del soggetto, eloquente, nella diversità espositiva degli autori in questione, e che data con Kant, sospinto dalle trasformazioni economiche, dall’emergere di un nuovo soggetto storico e dall’ondata espansionista di un occidente colonizzatore, la maturità di un moderno, figurato da Cartesio nella centralità dell’uomo soggetto, in quanto, nell’atto del suo cogitare, verificava la sua identità di elemento attivo della sua autoreferenzialità.

situazione relazionale, - Kant, l’accento che sveglia in me dal torpore indottrinato di una umanità operosa irrigiditasi con ostinazione in una esperienza di parole / Io, la verità, parlo (Lacan), - e nel dire, quell’io, nato legato al seno materno, dimentico di quel legame di relazione, nativo in ogni uomo e che in quel suo taglio disgiuntivo, attiva in sé, quel segno commutativo, il quale, col vagito, lo introduce nel suo limitrofo spazio, culturalmente normato, si costituisce Io maiuscolo – e, in tale postura, costituisce Se stesso soggetto in rapporto all’altro da sé, in positura di oggetto, sia nel suo manifestarsi natura sia uomo, società / la svolta dal mito – il moderno civile e civilizzatore, figurato da Nietzsche, in Così parlò Zarathustra, leone, il predatore con lo spirito del nano, - e, nel quale Adorno esterna il realismo burocratico/amministrativo di quella postura          

diversa situazione del soggetto, la mia, la tua, la nostra immagine allo specchio / non credete che sia necessario interrogarla, interrogandoci nel nostro vivere oggi la nostra situazione di esperienza individuale? / esperienza, la quale è tale, riaffermo, in quanto si istruisce e si pratica, attraverso quel legame relazionale che lo situa io/fuori e fuori/io: l’invito di Kant alla nostra rinnovata attenzione / relazione altro del relativo, osservabile, sottratta ai modelli culturali, nella sua genesi fisica e fisiologica: reciproca corrispondenza interattiva di legame spontaneo tra diversità, che permangono tali, in mutua condizione di vivibilità; condizione, quindi, che implica una scambievole permutabilità di messaggi tra i due elementi che temporaneamente la situano. intercambiandone la genesi in commutata conformazione culturale: io/altro, io/società: l’indicazione che traluce dalle riflessioni di Adorno; valutazioni da dettagliare attraverso l’identità di natura, cioè fenomeni (Kant), emergenti, in forza dei rilievi scientifici che mi confortano, dall’indeterminazione dei circuiti interattivi dei loro messaggi, attraverso i quali si intessano invarianza/varianza / Situazione, non è il circuito della nostra mondanità, in cui le nostre resistenze, induttanze, capacità interagiscono in una interdipendenza di funzionamento con le costanti procedure razionali e “invenzioni” normative?
Piuttosto che, allora, piagnucolare sulle nostre piaghe, che, poi sullo scenario aperto dei mass media, appaiono riguardare gli altri, non riflettiamo riflettendoci? il suggerimento di Nancy, ma l’incipit è manifesto nel giudizio riflettente, proposto da Kant pregiudiziale al giudizio determinante: sospensione / interstizio tra il logicamente dovuto, riattivante il <già è> e l’esperire l’inquietante novum (Hölderlin).

Non assistiamo, assillati, al continuo lacrimare spettacolare verso i guai derivati dalla mancanza di lavoro, dello svilimento del nostro potere d’acquisto? Allo struggente e patetico interessamento verso i giovani, che sembrano costituire una categoria sociale circostanziata da allattare? Il mio urlo degli anni cinquanta contro questa anomala distinzione, testimonia una sordità in attualità. Per non parlare del moralismo becero sulla corruzione, sulla criminalità, puntando il dito contro gli uomini, la cui giusta punizione è incontestabile, ma: quel dito in severa auterevolezza diserta legittimamente, sotto l’aspetto della legalità (specifica competenza dell’autonomia, non dell’indipendenza. confusione nel linguaggio, della magistratura), l’ordito delle causalità (competenza, dovuta per delega, del potere normativo, altrettanto autonomo / indipendente è la volontà del popolo, delegante); ordito, il quale ne costituisce la condizione sotterranea, ignorata dallo stesso reo / non questione attenuante la colpa / problema sociale che non va navigato  in un’aula di tribunale e, a maggior ragione, negli scenari televisivi / insorgenza di interrogativo come la malattia che ha afflitto la storia delle nostre società. Per non parlare del pietismo misericordioso verso i poveri, oggi, per il candore di un papa, ma che permane nel suo stato, individuati ultimi! e tutto fa spettacolo

Non siamo stati noi stessi a determinarli, in quanto, oggi, agenti deleganti? In quella delega non abbiamo firmato una deroga all’affrancamento dal sempre status di assoggettamento? In quella svolta storica, alla rassegnazione dell’ieri, nell’aver contrapposto, attraverso la lotta e la sofferenza, non abbiamo messo in risalto lo slancio dinamico della nostra capacità emancipativa di creare spazi di convivenza fra uguali? In seguito, per un riflusso di quella atavica pigrizia, non ci siamo inchiodati in quello stato di perenne minorità? In quell’atto non abbiamo restaurato lo status duplicativo di quella uguaglianza riappropriata, spazio normato in governati e governanti?

Non è giunto il momento di parlarne sul serio?

Addentrarsi, non nell’organico di Kant, lavoro per un concorso a cattedra universitaria, ma nei <termini (in completamento del suggerimento di Deleuze: inquadrati all’interno di una situazione relazionale climatica)  di rapporto manifestazione/condizioni della manifestazione> di ogni situazione, posizione, congiuntura, non pensate che sia una necessità impellente per capirci e capire la crisi che subiamo?
Non occorre munirci di un armamentario adeguato, assordato, oggi, dal chiacchiericcio e dall’accesa concorrenziale a governarci? Corredo, fornito dalla nostra cultura, la quale, pur nei suoi ritorni grammaticali, offre gli strumenti per orientarci nel marasma che ci avvolge e ci stordisce?
Non stiamo vivendo una trasformazione economica attraverso l’esperienza tragica della disoccupazione, della pauperizzazione di quel ceto medio, privo di ogni privilegio? della precarietà del lavoro?
Tale esperienza non si deve a un capitalismo sempre pronto a cambiare volto? volto che distoglie lo sguardo dalla fabbrica, il luogo: - prima, del produrre per produrre la sua ricchezza nell’impoverimento di quei sempre, (Marx), oggi, riconosciuti, appunto, ultimi; - sino a ieri, produttore di valori, trasformando il valore di scambio in valore d’uso (Adorno), l’illusione della nostra emancipazione; - oggi, per spiegarlo, ampliando ricchezza/povertà, sul mercato finanziario, luogo della banca, trasformando il capitale liquido in capitale virtuale, che sfugge al controllo e rende anonimi i fruitori della ricchezza. (sul virtuale ho soffermato la mia attenzione nel ciclo di esternazione sulla crisi – dal 23° al 29°).
Tale distorsione non favorisce la formazione di quella delineata del già citato Richard Rorty in quel ciclo, e che ripropongo all’attenzione di chi vuol capire, <una sovraclasse globale che prende tutte le principali decisioni economiche, e le rende del tutto indipendenti dai legislatori e, a fortiore, dalla volontà degli elettori di un dato paese>?
In ciò non è visibile la liquidazione di quella situazione di relazione che qualifica il nostro essere viventi in questa nostra terra?
Tale separazione, <risposta alla crisi del modello post-verstfaliano>, col rendere indipendente il potere economico e collocarlo a livello sovraterritoriale, non destabilizza l’equilibrio tra politica e potere, e in conseguenza del quale viene a rendersi possibile sia una separazione tra politica ed economia sia una politica senza politica? (Bordone, Stato di crisi, Enaudi 2015, trad. dall’ed. del 2014, Cambridge)
La crisi di rappresentanza e la crisi di sovranità territoriale, nonostante i tentativi egemonici della Merkel, nei rilievi di Baurman (Stato di crisi), e che noi subiamo, non è un fattore solvente dello stabilizzarsi, in sintonia con Bordoni, <una profonda divisione sociale> (Stato di crisi) da impallidire le fratture storiche tra massa ed élite? Non rende palese la crisi socio-culturale dell’egualitarismo, ponendo in opposizione democrazia formale e rappresentazione, quali termini inconciliabili in una svolta che non vuole essere un riordinamento del <già è>? Dov’è rintracciabile l’ememento differenziale tra sinistra, destra, anti-politica? Non è conseguenzale a rendere spettacolare una banalizzazione dei processi democratici, coinvolgendo sia politica sia i cosiddetti fautori di unanti-politica, esercitata con quelle stesse regole contestate? Non si deve a quell’inconciliabilità l’allontanamento della gente dalla politica?

Sospendiamo un istante le nostre opinioni personali, senza smentirli, e con me, interroghiamoci sulla nuova pratica manageriale di quel volto cangiante: un capitalismo, il quale si è manifestato e si manifesta razionalmente metamorfosato, in quanto, come quella radice, ha la capacità di produrre volti nuovi, con la funzione di riserva dell’accumulazione di ricchezza, perpetuando, come quella radice, la funzione originaria: ricchezza/controllo sociale – e chiediamoci:
In tale pratica, insorgenza delineante la svolta finanziaria dell’economia capitalistica, proprio, per le esigenze economiche del mercato finanziario, se la si analizza, in sospensione della pertinenza economica e finanziaria, ma in base al <nucleo logico> della cultura della nostra società (oggetto di analisi in precedenza – sol. 27°), per me, è rilevabile, non una svolta (e ciò è spiegabile, purtroppo in sbirciatura), ma un ripiego della forma di quella razionalità, - genesi genealogica, in cesura dal mito, della nostra cultura, come bisogno di un pensare, sottratto alla dipendenza assoluta (il destino nella tragedia greca - Hölderlin), forgiante nell’uomo una mentalità che lo ponga <cesura nel tempo> - un tempo non ciclico (il mito) ma nell’estensione rettilinea delle sue articolazioni uniformi (si veda il relativo commento di Deleuze, con il quale si apre questo ciclo delle riflessioni su Kant – blog 31°)

Ripiego: ripropone nella operatività, esercitata nella qualità assunta dagli  elementi istitutivi della logicità della nuova forma di razionalità - cioè: contingenza, volatilità, fluidità, incertezza endemica, rischio elevato (Baurman) -, gli stessi processi, esperiti dalle precedenti forme di razionalità, e cioè: cattura e oggettivazione, requisiti di ogni formazione discorsiva e, per esse, il medesimo effetto solvente sul comportamento individuale e sull’assetto sociale.

Riproposizione, e qui la sospensione riflessiva: non sottolinea una contraddizione, nella mia lettura, ma una forma di razionalità in binatura operativa, in quanto predisposizione di quegli elementi citati che la distinguono per ottenere il medesimo effetto solvente delle storiche forme di razionalità / attinge a quel che <già è> di Hölderlin, tra l’altro prodotto da un cogitare "fenomenico”, il quale non produce cose-da-sé (Kant), attualizzandolo;  

 - diserta (il nuovo volto) la regolazione normativa della codificazione operativa, dettata dalla razionalità in atto vigente, intesa a garantire la coerenza delle operazioni, definiti rilevanti allo scopo: scudo contro ogni fattore deviante dall’obiettivo (criterio che rilevo con profonda tristezza, al di là della bontà o no, nell’aggettivo buona scuola). Per intenderci, getto all’attenzione l’esempio che mi suggerisce Baurman: <le tecniche di misurazione dei tempi e dei movimenti in fabbrica e il nastro trasportare che (corre)  lungo la catena di montaggio> (Stato di crisi).
- doppia, separando economia e politica, il marchio di identità della nostra razionalità nella nuova pratica e nella sua risonanza sul comportamento individuale e sull’assetto sociale, e l'attualizza in “corporatura” rinnovata.
Per intenderci: permane, in linea di continuità, la costante, operante nel lavoro in fabbrica e con essa la sua risonanza, per i processi di oggettivazione del sapere, come già evidenziato, nelle pratiche di normalizzazione del controllo sia comportamentale dell’individuo sia sociale (Foucault), argine alla deviazione dalla routine imposta (Barman/Bordoni, Stato di crisi) / la novità è nella tecnica manageriale delle operazioni finanziarie, la cui risonanza nelle pratiche di controllo, introduce nuovi processi culturali di normalizzazione.

Pratiche, burocrate in sé, indipendente la forma di razionalità che le sostiene: linfa pedagogica del mio e del nostro agire pensante, burocratico nella stessa contestazione e in ogni nostra opinione, produttrice di quei processi culturali, analizzati da Foucault, che hanno reso accettabile il costituirsi del nostro convivere sociale nella dissociazione fra uguali. In tale dissociazione non abbiamo squilibrato la nativa situazione relazionale che ci destinava compartecipi nella costruzione dello spazio in cui coabitare?

Tale risonanza mette in gioco il ruolo dello Stato, e quindi della politica, e, in essa, il debilitarsi delle lotte sociali; risonanza, effetto solvente per quello che è sempre stato il controllo sociale, il quale è più penetrante poiché dà spazio all’individuo, indipendente dal sesso, e lo svincola dallo sfaccettato ruolo assegnatogli/le all’interno dell’organizzazione (Bauman); effetto solvente, il quale, in forza della tecnologia mobile e la rete, lascia emergere <una nuova soggettività sfilacciata e multiforme>, appunto, e che <si fa esperienza di una possibilità della parola>, articolabile in diverse tonalità: critica, pettegolezzo, parlare tanto per parlare, <anticipazione dell’incontro fisico, carnale>…(Duque, L’età è mobile, qual cella al vento, in <Anterem> / in conseguenza: - incastra nella memoria storica, le elaborazioni dottrinali del liberalismo classico, dello Stato sociale, del collettivismo; - dischiude elaborazioni in chiave neo-liberista, che io oso definire, in piena responsabilità, surrettizia: rende responsabile l’agire pensante di ogni uomo, qualunque sia la condizione economico-sociale, rendendolo <centrale ed in grado di determinare gli eventi con la sua volontà e il suo operato>; - mette in uso una modifica della logica della nostra cultura nelle sue operazioni, esercitate, in conseguenza, razionalmente in circostanze volatili ed imprevedibili, producendo quindi instabilità degli equilibri, necessari, invece ad una organizzazione sociale; - introdurre un nuovo sapere (ho valutato ciò nelle esternazioni sulla crisi), non oscurando quelle stesse gestioni burocratiche della divisione sociale, mantenuta in vita, nell’infedeltà delle lotte emancipative, nel segno del collettivismo, del liberalismo, della democrazia, ma sostenuto dall’esigenza della <stabilità e continuità degli scenari e di conseguenza sulla creazione e stretta osservanza di una routine> (Barman).

e quella situazione relazionale, - svolta storica, provocata da un Kant, immemore, in quanto segna un risveglio in noi la consapevolezza della nostra mondanità, in quanto esistenti, e, con essa, la responsabilità di esperire, in interattività con l‘ondeggiamento incoativo (Nancy) dell’esistente del quale facciamo parte, il nostro operare una costruzione della propria esperienza all’interno del nostro stesso operare, in quanto processo che ci introduce verso sempre orizzonti nuovi mostra in se stessa la soglia critica della separazione.

Soglia, trasparente nella rivelazione del virus, nella modifica. operata all’intermo della logica della cultura di provenienza, un oggi dilemmatico, per il dispiegarsi nel suo status, culturalmente normato, di processi culturali di nuovi modelli di normalizzazione, training del comportamento pensante di ogni individuo, al di là di ogni distinzione, già socialmente educato, sin dalla sua tenera età, nella normalità comportamentale del suo agire pensante della cultura dei padri (Foucault, dimenticato),  quel suo agire pensante educato….

….e le vecchie cicatrici, nel ripiego della logica della nostra cultura, mai rimarginate, in putrefazione, si acuiscono in quell’elemento cardine della nostra cultura: l’individuo / agente pensante in divisione strutturale della relazione (Kant) con l’altro e, di rimando, con la società, provocando <conseguenze importanti sulla cultura, sui rapporti umani, sul destino del mondo in cui viviamo, che separa il passato conosciuto (e diserta l’altro elemento cardine: la successione lineare come superamento del limite del già consolidato – distacco dal mito) da un futuro pieno di incognite> (Bordoni, Stato di crisi).


stacco qui: esigenza di continuità del ciclo
Franco Riccio