martedì 22 dicembre 2015

TRENTASEIESIMO SOLILOQUIO

….un futuro pieno di incognite, allacciatura di sviluppo del precedente soliloquio / un futuro in atto / linea in soluzione di continuità, la quale non traccia una parabola di superamento di un limite: il figurato che assume la situazione relazionale nella linearità di un tempo, il quale, nella uniformità delle sue estasi, formalizzante il rapporto situazione/rappresentazione, incentra il suo focolaio nell’uomo, costituitosi, genealogicamente, sua cesura, in quanto <potenza positiva>,  dischiudendo un presente, il quale, sul <limite del vivente>, concentra in sé il passato e insieme lascia penetrare dal suo esterno il futuro.

Un compendiare, il mio, connettendo l’esigenza, sollevata da Deleuze in Lezione su Kant, di riflettere sulla portata del rovesciamento d’attenzione sulla situazione del soggetto nel rapporto tra <manifestazione/condizioni della manifestazione> e Differenza e ripetizione, nella quale Deleuze, in sintonia atonale con F. Gaill (Organismo, in Concetti nomadi), significa il pensare degli uomini nelle loro individualità, un per me, nel loro agire pensante, situarsi <negli strati del presente che serve da limite e racchiude l’esterno>.

Nel riflettere in me tale connessione, che io ho intravisto, ponendo in parentesi schemi, convenzioni, categorie interpretative e situandomi nella parola in ascolto di altre parole, sradicate dalle pieghe, dagli interstizi, dagli anfratti del loro tessuto argomentativo, echeggio Kant nel riproporre le “cose”, che pensiamo e li esprimiamo, a livello di fenomeni / quel Kant, distratto dal ravvivarsi in lui quella memoria culturale che, nel giudizio riflettente, sperimentava la loro sospensione, - e l’istanza mondana della condizione di ogni manifestazione esperenziale consuma quel taglio innovativo nell’attualizzare quella <parola, che sino a quel momento, aveva soltanto un ristretto uso teologico>: trascendentale (Deleuze, Lezione su Kant del 14 marzo 1978), fomentando, in quella distrazione, una sterile e infeconda diatriba tra immanenza e trascendenza (leggere Adorno) / echeggio Kant,  nel risvegliare in noi la consapevolezza della nostra mondanità e la nostra <potenza positiva> nella costruzione dell’esperienza del nostro vivere tale mondanità, - l’iter del nostro irto cammino in questo pianeta, diventato sempre più inospitale.

Un itinerario in climi fuligginosi, annebbiando la nostra capacità inventiva / <Abbiamo visto scomparire due idee e relative pratiche che giudicavamo fondamentali: l’idea di uguaglianza, e quella di pensiero critico> (L. Gallino, Il denaro, il debito e la doppia crisi, Einaudi) / abbiamo conquistato la democrazia, e la domanda che continua a tormentarci è come sia possibile l’insorgere del male radicale della disuguaglianza fra uguali e istituzionarla nella gestione del nostro spazio di coabitazione, che abbiamo nominato società? Come sia spiegabile la nostra inerzia valutativa e la consequenziale cecità, se non ci accorgiamo del sussistere nello stato di appendici delle decisioni di nostri simili, i quali nel loro definirsi Stato, si esibiscono rappresentanti della nostra conquistata sovranità della volontà collettiva? Sovranità, sanzionata dalla nostra costituzione – e la nostra indipendenza si è fatta campo conflittuale di illegale appropriazione dai quei nostri simili, i quali dovrebbero esercitarla. in rispettiva autonomia, secondo la distribuzione dell’esercizio di potere decisionale, sancita dalla costituzione - e gli interrogativi troncano <l’urlo nella strozza> (Dante).

Oggi, altro dall’ieri / dall’altrieri…e gli ultimi, verso cui, oggi una pia voce invita l’altro, primo, allo sguardo misericordioso, hanno raggiunto la maggioranza assoluta nel pianeta…costeggiamo marte…, quei primi…. in realtà...come sempre…più penultimi, poiché i veri primi, sempre più in minoranza, risiedono nell’anonimato olimpico del mercato finanziario…e mutatis mutandis, in tale spazio virtuale invadono <il tessuto della vita quotidiana>, dissolvendo <ogni forma di comunità e di espressione politica> (J. Crary, 24/7. Il capitalismo all’assalto del sonno, Einaudi).

Oggi, un punto interrogativo…siamo instradati in quel crocevia dove la possibilità e la realtà di fatto formano un tutt’uno nel loro attuarsi e manifestarsi…sperimentiamo  il vivere quotidiano della nostra mondanità, nel riscontro di un passaggio da quelle che sono le nostre dimensioni abituali. in posizione, rispetto a noi stessi e alla società, tessuto connettivo delle nostre situazioni relazionali, a <novità (dalle) virtuali conseguenze sociali> (Gaill) / conseguenze sociali che sono tali, in quanto individuali, e tali, in quanto sociali; ragione per la quale <la critica della società è critica della conoscenza, e viceversa> (Adorno, Parole chiare) / reciprocità, inoculate per <invaginazioni successive> (Gaill) oggi, in stridente e ambigua <operazione di devaginazione> (Ibidem) praticate da due manifestazione dell’intelligenza umana, per nulla contraddittorie, in relazione topologica disgiuntiva.

Proviamo a rifletterla riflettendo in noi stessi, noi senza ambizioni di costituirci Stato o propagatori di una anti-politica senza politica o di moralizzatori, noi, individui senza qualità, che avvertiamo il disagio nel vivere le nostre situazioni relazionali.

Parlo in me stesso, esternandomi senza farmi testo.

Linea economica: Non assistiamo impotenti di fronte ad una contemporanea coincidenza del processo di sviluppo del sistema  finanziario <al di là di ogni limite> e al suo accaparramento da un capitalismo in morfogenesi? In tale incettamento, non viene a varificarsi, per la conseguente trasformazione del denaro in capitale virtuale, <lo sfruttamento irresponsabile dei sistemi che sostengono la vita  (il sistema ecologico)> (Gallino)? In tali sistemi, gli effetti solventi dei loro procedimenti non sostengono in interattività il nostro vivere le situazioni relazionali in atto, posti alla nostra attenzione da Kant, (L. Gallino, Il denaro, il debito e la doppia crisi, Einaudi - testimonianza che integra l’apporto ricettivo dalla mia lettura del testo Stato di crisi)? Oggi, non posizionano le nostre situazioni relazionali in uno status dilemmatico (cfr. il mio ciclo di esternazioni sulla crisi odierna)? In tale  linea frastagliata, non interna in sé una rivalutazione della predisposizione di quella matrice culturale della nostra società, tessitura dei suoi intrecci, di produrre quei processi culturali di normalizzazione, analizzati da Foucault nei suoi vari lavori, tra i quali vorrei porre all’attenzione su L’uso del piacere e La cura di sé, mi ricorda Pierre Livet (Norme. I difficili rapporti del razionale e del normativo, in Concetti nomadi), in quanto <il normativo si rivela intessuto alla parte più intima del soggetto>? In tale elemento componente non è riscontrabile una continuità in ripiego del <già è>, attualizzandolo? Restando all’interno del propositivo kantiano del rilievo della nostra appartenenza alla terra e, in tale condizione esistenziale, per un bisogno di razionalizzazione degli equilibri, mobili per l’ondeggiamento incoativo dell’esperienza (Nancy), non ci siamo costituiti <cesura nel tempo>? In tale bisogno non è individuabile la radice genealogica di quello che Frege definisce <nucleo logico> della nostra cultura, quindi telaio formativo, per educazione e contagio, del come pensiamo? Non sorge qui il sospetto, e quindi l’interrogarci, se questo terreno sia chiamato in causa?

La linea della mobilizzazione della  tecnologica, mi suggerisce Duque (L’età è mobile, qual cella al vento, in <Antirem>: Non stiamo sperimentando, in prima persona e sul piano socio- politico, l’espansione planetaria della tecnologia mobile? Il telaio procedurale, proprio al livello di software, non viene a costituirsi nella rete, caratterizzante l’<Unità di comunicazione di base>, proprio nella sua costante mobilità, il tessuto connettivo di tutte le procedure, le quali si innestano in <permanente modifica e alterazione>, determinandone, appunto, l’instabilità (ibidem)? Unità di comunicazione di base!?! mi si arriccia il naso! e lo spettro del centro, attualizza (adattando al mio modo di pensare l’indicazione di Duque che a me si palesa in decifrazione positiva, pertanto non decodificante) quel reticolo del <già è> riproposto in quanto <medium> composito di quelle che di fatto sono rete/cellulare, indeterminabili nelle loro operabilità, in quanto, come lo stesso Duque risalta nella funzione del cellulare, <come strumento di connessione (quasi di communio) tra la gente…utente…veicolo…portatore di valori…(ma) istantanei…(tali che) non vi è ermeneutica possibile durante la trasmissione> / Come è possibile che uno strumento a prestazioni si adegui a veicolo del male atavico della cultura della nostra società: la disuguaglianza fra simili e la sua ripartizione gerarchica? / e l’uomo non più massa, ma individuo fra la moltitudine di individui si fa utente, trasformando il valore d’uso della sua prestazione in quel valore di scambio, usufrutto di un capitalismo da <un non tempo interminabile che erode ogni (situazione relazionale) tra un intenso e ubiquo consumismo e la strategia di controllo e sorveglianza> (Crary) / il presunto lettore mi considererà un vecchio conservatore…io mi interrogo e mi chiedo in angoscia come una portata dell’inventiva dell’uomo dalla <natura pensante, capace cioè di pro-durre pensieri non catturati dall’ordine stabilito dalla ragione> (Hölderlin) si faccia virus, propagatore di quel  fenomeno catturante, divenendo, in quanto tale, un <centro potenziale di un nuovo processo, che non esaurisce la sua causa, ma la rigenera nella misura in cui si produce> (I. Stengers, Propagazione e propaganda, in Concetti nomadi)…e quel sospetto, sollevato nella linea economica, mi si ripresenta anche nella mobilitazione della tecnologia, strumento possibile di una svolta decisiva del nostra stato perenne di appendici / mi si riattiva proprio nelle sue prestazioni; prestazioni, le quali, per le loro qualità operative innovatrici, possono costituire la base della partecipazione sociale, necessaria per affrancarci dallo status di perenne minorità…ma, quel sospetto mi convince ogni giorno di più che il reale problema sia il come pensiamo…il linguaggio che coniuga il punto di connessione tra le due linee della loro relazione topologica, parla in neo-liberalismo….e ciò mi spinge ad una temporanea sospensione riflessiva… al prossimo.


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