….un futuro pieno di incognite, allacciatura di
sviluppo del precedente soliloquio / un futuro in atto / linea in soluzione
di continuità, la quale non traccia una parabola
di superamento di un limite:
il figurato che assume la situazione relazionale nella linearità
di un tempo, il quale, nella
uniformità delle sue estasi, formalizzante il rapporto situazione/rappresentazione, incentra il suo focolaio nell’uomo, costituitosi, genealogicamente, sua cesura,
in quanto <potenza positiva>,
dischiudendo un presente, il
quale, sul <limite del vivente>, concentra in sé il passato e insieme lascia penetrare dal suo esterno il futuro.
Un compendiare, il mio, connettendo l’esigenza,
sollevata da Deleuze in Lezione su Kant,
di riflettere sulla portata del rovesciamento d’attenzione sulla situazione del soggetto nel rapporto tra
<manifestazione/condizioni della manifestazione> e Differenza e ripetizione, nella quale Deleuze, in sintonia atonale
con F. Gaill (Organismo, in Concetti nomadi), significa il pensare
degli uomini nelle loro individualità, un
per me, nel loro agire pensante,
situarsi <negli strati del presente che serve da limite e racchiude
l’esterno>.
Nel riflettere in me tale connessione, che io ho intravisto, ponendo in
parentesi schemi, convenzioni, categorie interpretative e situandomi nella parola in ascolto di altre parole,
sradicate dalle pieghe, dagli interstizi, dagli anfratti del loro tessuto argomentativo, echeggio Kant nel riproporre
le “cose”, che pensiamo e li esprimiamo,
a livello di fenomeni / quel Kant, distratto
dal ravvivarsi in lui quella memoria
culturale che, nel giudizio
riflettente, sperimentava la loro sospensione,
- e l’istanza mondana della condizione di
ogni manifestazione esperenziale consuma quel taglio innovativo nell’attualizzare
quella <parola, che sino a quel momento, aveva soltanto un ristretto uso
teologico>: trascendentale (Deleuze,
Lezione su Kant del 14 marzo 1978),
fomentando, in quella distrazione,
una sterile e infeconda diatriba tra immanenza
e trascendenza (leggere Adorno) /
echeggio Kant, nel risvegliare in noi la
consapevolezza della nostra mondanità
e la nostra <potenza positiva> nella costruzione dell’esperienza del
nostro vivere tale mondanità, -
l’iter del nostro irto cammino in questo pianeta, diventato sempre più inospitale.
Un itinerario in climi
fuligginosi, annebbiando la nostra capacità inventiva / <Abbiamo visto
scomparire due idee e relative pratiche che giudicavamo fondamentali: l’idea di
uguaglianza, e quella di pensiero critico> (L. Gallino, Il denaro, il debito e la
doppia crisi, Einaudi) / abbiamo conquistato la democrazia, e la domanda
che continua a tormentarci è come sia possibile l’insorgere del male radicale
della disuguaglianza fra uguali e istituzionarla nella gestione del nostro
spazio di coabitazione, che abbiamo nominato società? Come sia spiegabile la nostra inerzia valutativa e la consequenziale cecità, se non ci accorgiamo del sussistere nello stato di appendici delle decisioni di nostri simili, i quali nel loro definirsi
Stato, si esibiscono rappresentanti della nostra conquistata sovranità della volontà collettiva? Sovranità,
sanzionata dalla nostra costituzione – e la nostra indipendenza si è fatta campo conflittuale di illegale appropriazione dai quei nostri simili, i quali dovrebbero
esercitarla. in rispettiva autonomia, secondo la distribuzione
dell’esercizio di potere decisionale, sancita dalla costituzione - e gli interrogativi troncano <l’urlo
nella strozza> (Dante).
Oggi, altro dall’ieri / dall’altrieri…e gli ultimi, verso cui, oggi una pia
voce invita l’altro, primo, allo sguardo misericordioso, hanno raggiunto la
maggioranza assoluta nel pianeta…costeggiamo marte…, quei primi…. in realtà...come sempre…più penultimi, poiché i veri primi, sempre più in minoranza,
risiedono nell’anonimato olimpico del mercato finanziario…e mutatis mutandis, in tale spazio virtuale invadono <il tessuto
della vita quotidiana>, dissolvendo <ogni forma di comunità e di
espressione politica> (J. Crary, 24/7.
Il capitalismo all’assalto del sonno, Einaudi).
Oggi, un punto interrogativo…siamo instradati
in quel crocevia dove la possibilità e la realtà di fatto formano un tutt’uno nel loro attuarsi e
manifestarsi…sperimentiamo il vivere
quotidiano della nostra mondanità, nel riscontro di un passaggio da quelle che sono le nostre dimensioni abituali. in posizione, rispetto a noi stessi e alla
società, tessuto connettivo delle nostre situazioni
relazionali, a <novità (dalle) virtuali conseguenze sociali> (Gaill)
/ conseguenze sociali che sono tali,
in quanto individuali, e tali, in quanto sociali; ragione per la
quale <la critica della società è critica della conoscenza, e viceversa> (Adorno, Parole chiare)
/ reciprocità, inoculate per
<invaginazioni successive> (Gaill) oggi, in stridente e ambigua
<operazione di devaginazione> (Ibidem)
praticate da due manifestazione
dell’intelligenza umana, per nulla contraddittorie, in relazione topologica disgiuntiva.
Proviamo a rifletterla riflettendo in
noi stessi, noi senza ambizioni di costituirci Stato o propagatori di una anti-politica
senza politica o di moralizzatori,
noi, individui senza qualità, che avvertiamo il disagio nel vivere le nostre situazioni
relazionali.
Parlo in me stesso, esternandomi senza farmi testo.
Linea economica: Non assistiamo impotenti di fronte ad una contemporanea coincidenza del
processo di sviluppo del sistema
finanziario <al di là di ogni limite> e al suo accaparramento da
un capitalismo in morfogenesi? In tale incettamento, non viene a varificarsi,
per la conseguente trasformazione del denaro in capitale virtuale, <lo sfruttamento irresponsabile dei sistemi
che sostengono la vita (il sistema
ecologico)> (Gallino)? In tali sistemi, gli effetti solventi dei loro
procedimenti non sostengono in interattività
il nostro vivere le situazioni
relazionali in atto, posti alla nostra
attenzione da Kant, (L. Gallino, Il
denaro, il debito e la doppia crisi,
Einaudi - testimonianza che integra l’apporto ricettivo dalla mia lettura del
testo Stato di crisi)? Oggi, non posizionano le nostre situazioni relazionali in uno status
dilemmatico (cfr. il mio ciclo di esternazioni sulla crisi odierna)? In
tale linea
frastagliata, non interna in sé una rivalutazione
della predisposizione di quella matrice
culturale della nostra società, tessitura dei suoi intrecci, di produrre quei processi culturali di normalizzazione, analizzati da Foucault nei suoi vari
lavori, tra i quali vorrei porre all’attenzione su L’uso del piacere e La cura
di sé, mi ricorda Pierre Livet (Norme.
I difficili rapporti del razionale e del
normativo, in Concetti nomadi),
in quanto <il normativo si rivela intessuto alla parte più intima del
soggetto>? In tale elemento componente non è riscontrabile una continuità in ripiego del <già è>,
attualizzandolo? Restando all’interno
del propositivo kantiano del rilievo della nostra appartenenza alla terra e, in tale condizione
esistenziale, per un bisogno di razionalizzazione
degli equilibri, mobili per l’ondeggiamento incoativo dell’esperienza
(Nancy), non ci siamo costituiti <cesura nel tempo>? In tale bisogno non è individuabile la radice
genealogica di quello che Frege definisce <nucleo logico> della nostra cultura, quindi telaio formativo, per educazione e contagio, del come pensiamo? Non
sorge qui il sospetto, e quindi
l’interrogarci, se questo terreno
sia chiamato in causa?
La linea della mobilizzazione della
tecnologica, mi suggerisce Duque (L’età è mobile,
qual cella al vento, in
<Antirem>: Non stiamo sperimentando, in
prima persona e sul piano socio- politico, l’espansione planetaria della tecnologia mobile? Il telaio
procedurale, proprio al livello di software,
non viene a costituirsi nella rete, caratterizzante l’<Unità di
comunicazione di base>, proprio nella sua costante mobilità, il tessuto
connettivo di tutte le procedure, le
quali si innestano in <permanente modifica e alterazione>,
determinandone, appunto, l’instabilità
(ibidem)? Unità di comunicazione di base!?! mi si arriccia il naso! e lo
spettro del centro, attualizza (adattando al mio modo di pensare l’indicazione di Duque che a me si palesa in decifrazione positiva, pertanto non decodificante) quel reticolo del <già è> riproposto in
quanto <medium> composito di
quelle che di fatto sono rete/cellulare, indeterminabili nelle
loro operabilità, in quanto, come lo stesso Duque risalta nella funzione del cellulare, <come strumento di
connessione (quasi di communio) tra
la gente…utente…veicolo…portatore di valori…(ma) istantanei…(tali che) non vi è
ermeneutica possibile durante la trasmissione> / Come è possibile che uno strumento a prestazioni si adegui a
veicolo del male atavico della cultura
della nostra società: la disuguaglianza
fra simili e la sua ripartizione
gerarchica? / e l’uomo non più massa,
ma individuo fra la moltitudine di
individui si fa utente, trasformando
il valore d’uso della sua prestazione
in quel valore di scambio, usufrutto
di un capitalismo da <un non tempo interminabile che erode ogni (situazione relazionale) tra un intenso e
ubiquo consumismo e la strategia di controllo e sorveglianza> (Crary) / il
presunto lettore mi considererà un vecchio
conservatore…io mi interrogo e mi
chiedo in angoscia come una portata
dell’inventiva dell’uomo dalla
<natura pensante, capace cioè di pro-durre
pensieri non catturati dall’ordine stabilito dalla ragione> (Hölderlin)
si faccia virus, propagatore di
quel fenomeno
catturante, divenendo, in quanto tale, un <centro potenziale di un nuovo
processo, che non esaurisce la sua causa, ma la rigenera nella misura in cui si
produce> (I. Stengers, Propagazione e
propaganda, in Concetti nomadi)…e quel sospetto, sollevato nella linea
economica, mi si ripresenta anche nella mobilitazione
della tecnologia, strumento possibile di una svolta decisiva del nostra stato perenne di appendici / mi si
riattiva proprio nelle sue prestazioni;
prestazioni, le quali, per le loro qualità operative innovatrici, possono costituire la base della partecipazione sociale, necessaria per affrancarci dallo status di
perenne minorità…ma, quel sospetto mi convince ogni giorno di più che il reale problema sia il come pensiamo…il linguaggio che coniuga il punto di connessione tra le due linee della loro relazione topologica, parla in neo-liberalismo….e
ciò mi spinge ad una temporanea sospensione
riflessiva… al prossimo.
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