giovedì 10 novembre 2016

CINQUANTAQUATTRESIMO SOLILOQUIO

Riattivo il soliloquio interrotto / reintroduco quella instaurazione, correlante nodo stimolante e rinvigorente la conformità tra l'esigenza indotta di un punto di riferimento, resistente all'arbitrio – il centro, rappresentazione funzionale, implicante una certa immobilità (Foucault), esigita come “verità”, alle origini e successivamente come “postulato scientifico”, indi “logica”, oggi “virtuale” - e l'atteggiamento mentale dell'agire pensante di ogni uomo, interprete, nella variante del ruolo, dell'esperienza che vive, / atteggiamento mentale, indotto...per educazione e per contagio, attivato...rispettivamente dalla famiglia e dalla scuola / e dalla relazione con l'ambiente, con il gruppo...ad agire, congegnando la sua intelligenza secondo quel penetrante <si, certo, dev'essere così> (Wittigenstein) / assunzione, pertanto, di dipendenza all'interno di <uno spazio fatto di organizzazioni, cioè di rapporti interni fra elementi il cui insieme determina una funzione (Foucault, Le parole e le cose) / spazio circoscritto da coordinazioni generali, espositivi di <un ordine prestabilito in un insieme di oggetti> (Piaget/Inhelder, Trattato, vol. 7°, già cit.), al cui interno si esercita l'azione di ogni individuo, reagendo <non in funzione di ciò che gli oggetti sono in se stessi, ma in funzione dell'interesse che presentano per lui> (Oléron, in Trattato, vol. 7°).

L'uomo di scienza e l'uomo senza qualità vivono...quindi tutti noi...entro spazi e tempi derivanti dalla normata organizzazione delle connessioni e della interdipendenza della medesima cultura, rinnovando l'affannoso problema del rapporto tra forma logica della normativa e vita vissuta, attraverso la sintassi in uso del medesimo linguaggio che definisce l'ambito convenzionale delle loro...nostre...rappresentazioni.

Uno scatto di immagine emblematico di una connessione-esistenza, immobile nella mobilità dei tempi / dato di fatto, il quale ha archiviato la fragilità, la subordinazione alle apparenze del nostro agire pensante, conferendo all'interprete di turno...nostro simile...il diritto di preporre le nostre condizioni di vita e il raggio di conoscenza: <io so, tu no> (Adorno, Metacritica), riconoscendoci oggi il diritto di pensare in libertà condizionata...
...e la nostra intelligenza, la quale...in raffronto alla assuefazione ad un modello unico che esprime la forma inoculata dell'instaurazione centripeta....nella soluzione operatoria posta di fronte alle perturbazione esterne, conosce la mobilità della sua inventiva sociale, tale da <compensarle in trasformazioni orientate in senso opposto> (Piaget/Inhelder, vol. 7°>...si funzionalizza compensatrice (ibidem) di quella staticità che la connota, riequilibrandola nel suo eterno ritorno nella diversità del nuovo equilibrio: il positivo, illuminante la “compensazione”, per i due autori citati / il positivo...nel mio riflettere l'aggettivo illuminante...in quanto espone alla luce del giorno l'incurvare la mobilità poliedrica dalla nostra umana intelligenza in quella linea direttiva che ci dispone a pensare...qualunque sia e il nostro orientamento ideologico, politico, filosofico, scientifico, tecnologico, teologico e l'atteggiamento mentale di chi è impegnato nel quotidiano mestiere del vivere...l'utilità di un centro (Nietzsche). quale punto di riferimento dei nostri comportamenti da singoli individui e da individui in relazione.

La compensazione, la posta in gioco della nostra capacità di inventare nuove pratiche del vivere la nostra temporanea mondanità / è l'ammodernare il ripristino di una strategia di cattura del nuovo per riportare i problemi che la sua perturbazione lascia circolare, a livello della condotta unica che caratterizza la razionalità della nostra cultura: il dominio dell'astratto che, nell'innescare differenti posizioni teoriche, convergenti nel chiarirci chi siamo, si propaga nelle nostre pratiche quotidiane, attraverso la messa in atto di un unico principio normativo della nostra condotta individuale, integrato nell'organizzazione umana della società che mostra la sua razionalità nella istituzione di una forma stato, il buon pastore, e di fatto nel dominio economico, il quale, nelle sue metamorfosi, manifesta la tendenza di sempre di massimizzazione del capitale investito, estendendo nelle nostre pratiche quotidiane il calcolo dell'utile.

Istintivo il mio interrogativo: come il nostro tessuto genetico e psicologico - che, se ci condiziona, non ci determina – si sia predisposto mentalmente, e di conseguenza nel suo privato e di organizzatore del rapporto sociale a sviluppare nella nostra intelligenza, portatrice di varianti, un potenziale adattativo?

Necessità di riflettere, rinviando al prossimo

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