sabato 5 novembre 2016

CINQUANTADUEESIMO SOLILOQUIO


Il parlarne sul serio è l’affrancamento dal nostro schema mentale, educato a segnare <la linea che l’interprete deve seguire nel futuro> (Vitello) – e il tempo defluisce nei cardini del sempre stato / la scommessa di un oggi che ci convalida, per dirla con Bauman, individui solitari <in una festa piena di gente> (Stato di crisi, cit.) / scommessa di uno stile praticabile un fuorviare i paradigmi disciplinari, e necessitante un conoscere a più voci.

In tale scommessa, la mia decisiva responsabilità: il prelevare: - in relazione al processo di trasformazione delle varianti instaurazioni, di riattualizzazione del <già è>, all'interno dell'insorgenza di nuovi problemi, provocati dall'inarrestabile fluire dell'esperienza della nostra mondanità - indici pregnanti nel loro mutamento di forma che investono strutture economiche, organizzazione dei nostri rapporti sociali, il sapere e i suoi generi discorsivi / indici estratti a partire da quella svolta, genealogia della nostra cultura / <non si tratta di una cifratura retrospettiva dello sguardo storico>, concordando con Foucault di <Che cosa è un autore?> / si tratta di un tentativo di usare quel che Foucault definisce <il chiavistello della dimenticanza> (ibidem) – il non dimenticare adorniano per non cadere in balia del mondo - : <la chiave che permette di aprir(e quella radice che instaura ogni diversa formazione discorsiva e il relativo effetto solvente sui dati di fatto), in modo tale che la dimenticanza e l'impedimento del ritorno stesso possono essere aboliti dal ritorno> (ibidem).

La chiave: il problema insoluto / il blocco mentale dell'amnesia della nostra intelligenza, distratta dalle imbrigliature delle lusinghe delle novità con l'affanno del vivere l'immediato / blocco, che oggi ci posiziona in una rassegnata indifferenza il vivere la crisi: rischio di un'attuale posta in gioco che circoscrive, una <crisi di rappresentanza> che passa oltre la perdita di fiducia della gente verso la società istituzionalizzata, poiché coinvolge tutte la varie sovranità territoriali / quel vissuto, praticato dalla gente nella bipolarità che la situava appendice di un apparato, macchina organizzativa del loro essere al mondo, viene assorbito da una complementaria bipolarità che relega, ancor di più, quella gente al rango di assoggettati volontari, normalizzati in balia del mondo.

Viene, infatti, a consolidarsi quella, già da me precedentemente evidenziata nel ciclo sulla crisi, <sovraclasse globale che prende tutte le principali decisioni economiche, e le rende del tutto indipendenti dai legislatori e, a fortiori, dalla volontà degli elettori di un dato paese> (R. Rorty, cit. in Stato di crisi).

Salta fuori n interregnum di gestione delle <finanze, (dei) capitali di investimento, (dei) mercati di lavoro e (della) circolazione delle merci> (perché) ha sottratto il potere dalla politica, vincolando ogni territorialità <a cercare soluzioni locali a problemi generati a livello globale> (Barman, Stato di crisi, cit.) / effetto, pertanto <paralizzante (del) sistema politico (di ogni geografia politica) ridott(a) a gestire l’ordinaria amministrazione, incapace di sostenere e risolvere problemi che il potere globale…impone con sempre maggiore frequenza> (ibidem).

Viviamo una situazione del tutto particolare che ci pone <di fronte al compito di innalzare la politica e le poste in gioco a un livello del tutto nuovo e senza precedenti> (ibidem) / noi educati normativamente da un sapere fondato sulla divisione dei compiti che dà luogo ad un comportamento statistico dominante, il quale disperde le possibili nostre manifestazioni (rinvio alla lettura del saggio di Pierre Livet Norne, specificatamente al cap. Norme collettive, dispersione statistica e genetica, in Concetti nomadi, cit.).

Un impegno che ci situa in una condizione dilemmatica che conia col sigillo dell'evidenza: ogni aspetto del nostro vivere il quotidiano; lo smantellamento del garantismo sociale; il propositivo riformista delle varie tendenze politiche e sindacali, indefinibile per la separatezza dei settori “guasti” dall'insieme normato e dagli eventi internazionali; la sconnessione, per l'impossibilità del prevenire la svolta di una situazione, tra logica dei fatti e logica delle norme, investendo, in conseguenza lo statuto dei vari saperi, chiamando, pertanto, in causa la nostra matrice culturale...
...e ciò che è frustrante è il rilevare quella condizione generale l'effetto solvente di quell'interregnum economico/finanziario, svincolato <da limitazioni di opportunità politica come da esigenze di natura sociale, in nome di un'oggettività e di un principio di equità che non esprime un'effettiva giustizia> (Bordoni, Stato di crisi, cit.).

Oggettività, - e la memoria culturale ricostruisce in essa, in quel suo manifestarsi, oggi, virtuale, l'istanzaimpronta attivante, nella misura, in cui si produce, l'operazione di cattura del nuovo – di giuntura incorporea di ogni condizione a partire dalla quale la relativa situazione si manifesta...
...e l'astratto diviene il reale del dato di fatto di ogni situazione / pre dato, oggi, che si ringiovanisce in una mondanità in veloce trasformazione, attraverso <situazioni insostanziali> (Duque, già cit.) e dispositivi tecnologici che agiscono sull'assetto organizzativo della società e sul nostro agire pensante, graffiandone l'affettività, la solidarietà la formazione della nostra personalità.

Ma tutto è umano, troppo umano, parafrasando Nietzsche / quell'astratto, in qualunque stagione del nostro passaggio, si attualizza come il compiuto dell'<esistente> in metamorfosi differenziata, climatizzandola in relazione al simbolo che lo specifica, è opera dell'intelligenza dell'uomo, in quanto agente pensante / essa è congiunta all'evoluzione delle strutture corticali del cervello, alla quale è legata la funzione conoscitiva, la quale, se nel linguaggio reperisce la sua ragion d'essere (J. Monod, Il caso e la necessità), nella connessione tra stimoli e risposte fa di essa la causale delle attività intellettuali (Oléron, cit,).

Un dato di fatto, il quale impone un prenderne atto attraverso un pensoso conoscere le cagioni di quella nebulosa che ha cinto e cinge ancora oggi la nostra intelligenza, canalizzandola alla elaborazione di quei modelli causativi della reificazione dell'<umanità (la quale, non solo la) comprende in sé (ma viene a costituirsi condizione) positivamente (accettata) come la forma, sia pure frammentaria e inadeguata, che realizza il moto soggettivo solo a patto di oggettivarlo> (Adorno, Prismi).

E, qui mi chiedo: Siamo dotati di una intelligenza indicibile; non oggetto da laboratorio né patrimonio di qualsiasi genere di discorso; è il seme fertile nel <rinnovamento costante, (nella) creazione di nuove modalità di agire, di pensare e perfino del sentire (messe) in luce dalla storia, (costituisce) il fondamento del progresso delle scienza e delle tecniche il cui ritmo di crescita è tra i fattori sorprendenti della nostra epoca> (Oléron)...
tuttavia lo spettro della reificazione, nell'esperienza che viviamo, per il suo esercizio, concentra in sé, in istanza unica, la singolarità del nostro vivere: precari con il cellulare in raffronto alla consumata procedura riformista delle forze che si contendono il governarci, uniti nelle diversità delle formule; procedure che autogarantiscono la loro “scientificità” nel riassestamento dell'equilibrio della società, - equilibrio, sbilanciato dalla crisi economica e dalla recrudescenza degli atavici mali / procedure in istanza unica per la conformità, nella differente messa in pratica delle forze in gioco, per il ritualizzo di quelle categorie d'intelligibilità, memoria culturale della nostra formazione mentale / categorie, condizioni di un pensare unico, basato sul criterio<del concetto superiore> (Adorno), in grado di canalizzare circostanze e variazioni ambientali.

Viviamo questo nostro passaggio in una frangente trasformazione economica che è sociale, ed è sociale in quanto è economica, per la correlazione di reversibilità delle operazioni dei loro circuiti all'interno dell'organizzazione umana, coordinatrice della complessità dei rapporti fra uomini uguali per natura e per diritto / trasformazione che si manifesta dissipativa della relazione interattiva dei loro circuiti: <i mercati, luoghi virtuali...,privati di territorialità, spersonalizzati e invisibili, sono diventati adesso lo strumento vincente di un potere sovranazionale...sottratto al potere politico> (Bordoni, cit.)...
...e noi siamo legati al vecchio modello, oggettivante l'attività dell'uomo in circuiti chiusi, determinante il dissociarsi dell'uomo del quotidiano vivere, persuadendolo ad agire nel modo previsto da quei circuiti, attraverso <modi e mezzi (tali da strutturare) la psiche dell'individuo, così da indurlo ad agire in certe prevedibili maniere> (cfr.A.I. Hallowell, Culture, personality, and society, in “Trattato”, vol. 10°, cit.).
Tale ragguaglio si spiega attraverso quel fattore individuato da Piaget/Inhelder (Le operazioni intellettuali e il loro svilppo, in “Trattato” , vol 7°, già cit.) l'<equilibrazione>, la cui caratteristica peculiare è data dall'esigenza che il processo delle coordinazioni generali applicabili all'azione individuale sfocino nella costituzione di un essere organizzato e regolato al fine della sopravvivenza e riproduzione del tipo di organizzazione umana della società. Da qui l'esigenza concettuale del modello unico, in grado di catturare, con le proprie categorie oggettive i dati di fatto e l'emergenza / esigenza...mimesi del morto (Adorno): ogni esperienza di verità ha i presupposti e la stessa impostazione, nella diversità configurativa, attinta al <già è> (Hòlderlin): il mito, <il vero apriori. Il prima che regola il dopo...e segna la linea che l'interprete deve eseguire nel futuro> (Vitiello, già cit): <siamo concettualmente radicati in una tradizione che ci ha dato accesso a un modello semplice e che ha definito gli strumenti convenienti a questa natura> (Stengers, Complessità, già cit.).
Il mio interrogativo: se lo <statuto di causa del modello unico è, in ultima analisi, la riequilibrazione dell'essere vivente in <istanza unica>; se ogni definito è l'uomo condizione di ogni manifestazione (Kant), poiché l'intelligenza in ogni uomo è in <”equilibrio mobile” cosicché, posta di fronte alle perturbazioni esterne, il soggetto tende a compensarle con trasformazioni orientate in senso contrario> (Piaget/Inhelder), perché è indotta <a dire, “Si, certo, dev'essere così”. Una mitologia che ha molto potere> (L. Wittgenstein, Lezioni e conversazioni, già cit.)?

La mia risposta: è tutto umano, e la spiegazione umana, per me, è rinvenibile nella correlazione tra l'instaurazione genealogica di quel criterio di oggettività, istitutivo di una centralità primaria e costitutiva del darsi e dell'accadere di ogni manifestazione e la nostra conformazione mentale, in concordanza uniformità protocollante l'oggettivazione in morfosi dei pensieri soggettivi: - instaurazione suo effetto solvente e <condizione irreversibile di un modo di comportamento del pensiero> (Adorno, Metacritica)...


...ne consegue il necessario rimando al prossimo soliloquio

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