SESSANTACINQUESIMO
L'uomo?
Il maschio, manifestazione del genere umano, del
quale la donna è il complementare? Assuefazione mentale
biblica, che, nell'acquisizione del concetto di
virilità...memoria romana...è diventata costume di
supremazia, egemone in ogni settore dell'organizzazione del vivere
l'esperienza della nostra mondanità.
Ma, su
quella condizione che s'impone “architettonica” messa in ordine
una contingenza incontrollabile, la nemesi della
storia.
La
staffilata è piombata su quella mentalità, dissigillandola:
nel mio immaginario, la sollevazione delle donne /
sferzata...oggi, lontana e obliterata dalle donne, lusingate
ed appagate dal canto maschile del 50%...a quel costume
maschile di conduzione del vivere l'esperienza del transitare
questo nostro passaggio mondano.
Il mio
rievocarla con quel termine ha una motivazione politica: il suo
costrutto...in quel mio immaginario...esterna l'insorgenza di
un ribaltamento della nostra cultura / insorgenza, che
io...in arbitrio...esterno: da una libertà condizionata
dalla esigenza difensiva dell'equilibrio di un sociale,
organizzato con i criteri di chi ne assume la gestione,
all'autodeterminazione individuale in un sociale auto-gestito.
Soggettiva
interpretazione, ma che ha un suo fondamento, almeno per me,
in quella staffilata: non richiesta di
legittimare un diritto usurpato, ma affermazione di una
presa di diritto, e che maschi e donne nel '68 hanno
proiettata in immaginazione al potere: - data di una
rondine che non fa primavera...il mio rinascimento culturale.
Sollevarla
alla memoria è un voler urlare il valore dell'equipollenza
della differenza irriducibile dei due sessi e il suo farsi
statura sia per ogni altra forma di sessualità sia per la
eliminazione della sperequazione sociale / per me, energia per
provare a scuotere le menti sulla validità della circolazione della
diversità delle idee per una relazione sociale degna
ad esseri umani che fruiscono...direbbe Adorno...di <una coscienza
padrona di sé>.
Oltre
quell'urlo, sottolineare in quella presa di diritto la
vulnerabilità di quella condizione di vita, formalizzata in
“terminologia”, attraverso la quale l'articolazione del tutto
e l'organicità di ogni conoscenza rilevano il loro grado di
astrazione / obiettivo perduto / quella ventata,
normalizzata al maschile, intensifica la confusione / si fa,
in buona fede, acciambellare nell'incetta dei voti dell'elettorato.
Non siamo
usciti dal maschile / abbiamo assimilato le novità emergenti
attraverso schemi mentali ereditari, a diverso grado di
profondità / li abbiamo trasmessi all'attuale generazione / noi e
loro, oggi...in persistenza educativa, socialmente
stanziale...conformiamo la nostra psiche ad assimilare le novità
emergenti a quegli schemi – ribadisco – ereditati.
In ciò,
mi sostiene una convergenza fra Piaget, Lo sviluppo mentale del
bambino, e Hallowell, Culture, personality, and society, in Trattato,
vol. 10, già cit.
Per tale
influsso siamo strascinati nel vortice di una crisi diversa da
quella che provocò...nel 1929...il crollo di Wall Street (Bordoni,
Stato di crisi, già cit.).
Una crisi,
che coniuga, in ibrido amalgamare: virtualità del
capitale finanziario, che sconvolge il mondo del lavoro e rende
sterile la consueta lotta sindacale, in quanto il centro
gravitazionale dell'economia non è la fabbrica, ma la banca
/ crisi dello Stato di diritto, lacerato da un conflitto interno
tra i suoi poteri autonomi, esecutivo/magistratura – la
democrazia americana ne è testimonianza recente / crisi di
rappresentanza, per una classe politica svilita da idee e
cieca, a tal punto da non rendersi conto di aver perduto quel
potere politico...sia pur parziale...sull'economia, oggi
posseduto in anonimato nell'olimpo finanziario (rimando
al mio ciclo sulla crisi), per cui gli atti di specifici
contenuti politici si traducono in enfasi verbale: atti...direbbe
Adorno, (Prismi)...<a riempire il vuoto delle coscienze
espropriate> / <l'ordito sempre mobile e sempre mutevole di
relazioni instabili che formano noduli di intensità in una
Rete sempre in formazione e distruzione, come risultato di incroci
che aumentano o diminuiscono in base all'uso> (Duque, L'età è
mobile...cit.) / la mina islamica all'interno delle nostre
territorialità / l'imperialismo economico cinese.
Tematiche
già esternate nelle mie precedenti riflessioni / Qui, schizzi di una
panoramica molto più vasta per sottolineare il fattore causale...un
per me senza presunzione di prendere “testo”...della
confusione come il problema in risalto attanagliante il nostro
attuale agire pensante sia nelle nostre prese di
posizioni nei vari settori, che delineano il perimetro che
circoscrive la consuetudine del nostro vivere sia
nell'intrecciarsi...e nel conseguenziale interagire...della
crisi economica con sviluppi di eventi situazionali e
le sempre più aggiornate possibilità, fornite dalla Rete e dal
cellulare.
Presenza,
quindi, di un contemporaneo contesto che prende storia attraverso,
appunto, quel reticolo di connessione di situazione diverse
con una connotazione che va precisata: il contagio: diffondono
effetti di propagazione del loro reciproco interagire in ogni
settore del nostro vivere organizzato: lavoro, famiglia,
scuola, divertimento, religioni varie.
La
confusione come problema è posta da quel contesto ed è in
relazione alle dinamiche che si esplicano nella relazione
induzione/risposte: induzioni, che chiedono nuovi
adattamenti, e le nostre risposte sia da individui
privati sia da individui deleganti ai gestori della
nostra volontà politica e...in responsabilità...dai
delegati, i quali, per quell'onere, la risposta assume
valenza determinante per la legalità dei nostri
comportamenti / risposte a quelle induzioni...che
l'interazione reciproca rende complesse...implicanti il cambiamento
delle condizioni organizzative, in avaria, dell'insieme
associativo, e, quindi, assunzione di adeguati adattamenti...
...e in
quella assunzione di responsabilità dei delegati,
la confusione, che è nei nostri cervelli, rientra
tortuosa e si fa pericolosa...
...nella
misura in cui la risposta agli stimoli nuovi continua a reagire in
maniera conforme a quella mentalità ereditaria di una
riequilibrazione della condizione di sempre: l'utilizzo della
<centralizzazione>, la quale fa della <sovranità
individuale...una sola macchina, e di ogni individuo uno strumento
per un solo fine> (Nietzsche, Umano troppo umano, già
cit.)...
...con un
aggravio: quanto più il linguaggio nella comunicazione della
risposta all'induzione vuole essere più chiaro, tanto
più...nella varianza dei termini...quella confusione ritorna.
Retaggio
culturale di circostanze che
pongono l'intelligenza
dell'uomo di fronte alle perturbazioni che esse esternano, provocando
una rottura dell'equilibrio esistente / momento genealogico di un
diverso esercizio del pensare in andamento integrativo
delle variabili dell'esistente /
momento configurante un pensare oggettivante
che sancisce un criterio di demarcazione tra forma e
contenuto (Adorno) / criterio
che si fa pedagogia del
nostro agire pensante,
condizionando la costruzione linguistica del comunicare, e che la
nostra intelligenza...nella sequenza dei tempi...modificherà quel
criterio in
normalizzazione dei
nostri comportamenti (il moderno e la sua modernizzazione); oggi, in
<io, la verità, parlo> (Lacan).
La
confusione di oggi va posta in quel “concepimento”
genealogico della matrice logico/ontologica della nostra
cultura / matrice
datata: registra il trasfigurare
di quell'atteggiamento mentale
che contrassegnò la cesura dal
mito: la provenienza
della nostra cultura.
Periodo della decadenza di una Grecia sotto il dominio macedone;
quell'atteggiamento scopre
la sua conformazione mentale:
la gerarchia delle forme...Aristotele...firmò
la nostra cultura /
matrice, la quale è
sociale, in quanto è
genealogicamente concettuale, ed
è concettuale, in
quanto è sociale,
anche nella versione della critica...cioè nella sua negazione
(Adorno, Parole
chiave) / matrice,
che fertilizza
l'auto-legittimazione
di una formazione
discorsiva a costituirsi...attraverso l'auto-costruzione di
un linguaggio adeguato
(filosofico, scientifico, software)...modello di sapere /
matrice, che determina
quella gerarchia delle forme che allontana la cultura dalle nostre
vicissitudini, anche se li
normalizza a propria immagine.
Oggi...per
me...porsi la domanda sulla confusione è un prenderne
atto, in quanto problema della nostra contemporaneità /
un prenderne atto che è un rilevarne l'intelligibilità
in quella matrice istitutiva della forma di
razionalità della nostra cultura, della quale noi siamo
epigoni legulei.
Prendere
cognizione, in conseguenza, implica il riportare quella intelligenza
costituitasi intellighenzia, egemonia culturale, alla
dimensione di ogni uomo/donna <nella misura in cui questo/questa
vive, parla, e produce> (Foucault), ma, soprattutto riflette: un
riflettere che è un costruire, un trasformare le
situazioni e gli oggetti (Piaget/Inhelder, Le operazioni
intellettuali...già cit.): è cultura che si fa
storia, e, in corrispondenza, è storia che si fa cultura.
continua
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