La scuola…e il mio pensarla si fa pesante / rifletterla è
interpretare…è identificare…riconoscere, mi ricorda il filologo
Böckh, la natura del suo problema di
fondo / in un oggi in fibrillazione…tale
da rendere dilemmatico il nostro vivere e la stessa proiezione di un domani senza futuro…quel riconoscere ingiunge in me una sospensione pensosa in esigenza interrogativa sull’elemento base
che dà identità al problema che
travaglia la nostra scuola / impronta in ombra dalle esigenze dell’immediato, il quale oggi è già passato…legittimità
per la non rispondenza alle aspettative del momento, e, pertanto, necessitante
una riforma tale da identificare in una buona scuola la guarigione del
morbo che affligge la nostra società, da secoli mutilata in quel legame naturale, articolando in “vincolo” ciò che…per nascita…già
ci esterna individi-in-relazione / “vincolo”, oggi in degradazione per la
recrudescenza di quel morbo, il
quale, ai focolai…mai spenti…nei
settori, configuranti la nostra struttura associativa, ha liberato e diffuso
una eruzione vulcanica tale da annebbiare il declamato stato di diritto, originando un conflitto tra i vari poteri che lo determinano, cagionando
una confusione tra l’autonomia dei loro compiti…dimenticando che l’attributo indipendente appartiene esclusivamente
alla sovranità del popolo, purtroppo delegante / “vincolo”, degradatosi nell’<assegnare un prezzo> ad <ogni
comportamento>, per Habermas…un suo giudizio captato da me fuori testo che ha dato supporto e spunto ai miei soliloqui per un
lavoro esplorativo su quel vincolo da
lui definito legame…improprietà
concettuale, condividendo con Adorno
che quel legame, espresso da
Habermas, appartiene ad una società mai esistita.
/ finalmente abbiamo una buona scuola! / rimando al mittente la buona novella…scelgo il silenzio
in distacco dalle critiche sollevate…sulle
quali è il mio silenzio…amarezza per
il ripetitivo…il rituale nel quale quel problema
costituisce…come ogni riforma del passato…il punto oscuro: inalienabile X
/ scelgo il meditabondo mio pensare…esternandolo, fuori da ogni architettura attraverso la quale si trasmette ogni critica / non entro nel dettaglio della riforma / rifletto in me…a voce alta…una voce qualsiasi, non ultima parola… quel grido “istituzionalizzato”, nell’adesione corale, sia di chi ci gestisce in delega sia dagli aspiranti, nell’agognato voto, sostenuto a svegliare le nostre coscienza sulla matrice culturale della crisi che in atto subiamo / mi pongo all’ascolto
di altri pensieri, credendo da naif che, nella comparazione adialogica, sia possibile aprire al pensiero di
ciascuno spazi non attualizzanti il già è: quel già è, il quale, oggi, riattiva…ribadisco…quei focolai…interni ed
esterni alla nostra territorialità…mai spenti che si riaccendono…sconvolgendoci
a tal punto da scoprirci…facendo mio il pathos
di Edmond Jabès…stranieri nello
stesso luogo natio e rispecchiarci
tali nell’altro, il quale a sua volta, ci richiama alla nostra
estraneità.
- Rifletto in me il chiarimento
filologico dell’interpretazione…
sollevatomi da Böckh…specificamente nel termine riconoscere…il punto nodale di ciò che si manifesta in dissipazione…qualunque
sia la forma: criminalità,
corruzione, norme costituzionali,
regole sociali dell’integrazione del diverso e scuola: settore reticolare per l’interattività dei vari elementi
che ne delineano la complessità e la valenza della sua singolarità / nel pensarlo, mi si spiega un prendere atto
di un perturbamento dell’equilibrio
sociale in recrudescenza / mi si fa
luce una situazione inter-relazionale in
dilapidazione strutturale dei suoi “valori”…una esperienza mondana, per
dirla con Nancy, in sincope: il suo
momento nevralgico / Nancy
attribuisce il nevralgico al
<testo>; io ripiego quell’indistinto sulla scuola…in distinguo dalle
altre manifestazioni sia per la singolarità sia perché in essa filtrano
le condizioni di una possibile rivoluzione
culturale dell’esperienza mondana del quotidiano viverla, in quanto individui-in-relazione
(Le discours de la syncope: il ripiego non è dettato dall’arbitrio, ma dallo scoprire…in quel ragguaglio…fattori che
consentono di nucleare quell’x, tacitato
in ogni riforma della scuola, dal
dopo guerra ad oggi.
/ Non stiamo traghettando un periodo in ondeggiamento
incoativo? Non sperimentiamo l’impossibilità di raggiungere traguardi minimi, orientativi
a delineare il delicato tessuto educativo, condizione di un vivere dignitoso l’esperienza mondana da
individui-in-relazione? Se, in buona parte, è da addebitare alla cecità delle varie riforme, quella cecità non è spiegale da quell’ondeggiamento…soprattutto oggi, non si lascia racchiudere in un sistema, in quanto sembra avvolgere l’infinità del disordine, e generare, come constatiamo, confusione
di idee e dello stesso linguaggio?
All’interno, in inter-relazione, di tale condizione: l’esperienza mondana della scuola: il suo manifestarsi instabile alla nostra percezione fragile, ma robusta a chi…per delega…acquisisce una capacità
di intravederne la portata superiore alla nostra immediatezza: figura dell’interprete – il suo sforzo…mi suggerisce Deleuze, lettore di Kant: ingiunzione pedagogica da me avvertita ed esternata nel
precedente ciclo…di cogliere <non
già di ciò che (quella manifestazione) gli si manifesta, ma delle condizioni
sotto cui ciò (di essa) gli si manifesta> (Lezione su Kant): quindi l’interpretarne
l’identità del problema che la
suffraga un male sociale e la
condizione a partire dalla quale e per mezzo della quale quel problema si determina.
Dopo Kant non possiamo rilevare
quella condizione in termini di peccato originale / con Deleuze (ibidem) sostengo l’irragionevolezza di
cercare una essenza dietro il fenomeno, quale è una esperienza
mondana, come è tale la scuola: la condizione
rileva l’uomo costituente la condizione – la svolta storica della
nostra cultura: Kant, travolto dal sinuoso ondeggiante emergere
dell’operatività dell’uomo che insediava l’occidente
in una dimensione esperenziale attraverso la quale possibilità e realtà
effettuale formavano un tutt’uno
nel loro attuarsi e manifestarsi: l’esperire nuove terre dissolve i confini,
schiudendoli all’occidente civilizzante/il
bisogno di discorrere la cultura madre, disserra nuovi orizzonti
di conoscenza, frazionando i vari saperi/valica
la scissione nell’uomo tra coscienza di sé
e la realtà effettuale,
rendendone possibile l’identità/lascia
emergere un nuovo soggetto politico ed
economico, tracciando la via di
una nuova dimensione della storia…approdando
oggi ad una svolta (e qui mi faccio ripetitivo…per necessità…di alcune delle esternazioni
espresse nei miei due cicli precedenti):
essa evidenzia la liquidazione dello stato sociale: particolare che coinvolge, non
solo l’Italia, ma l’Europa e <imperversa in minore o maggiore misura
la livello globale> / trasmette <un convincimento neoliberista che ognuno
debba provvedere per sé, senza far carico agli altri dei propri bisogni> /
lascia emergere <una sovraclasse globale che prende tutte le principali
decisioni economiche, e le rende del tutto indipendenti dai legislatori e, a
fortiori, dalla volontà degli elettori> dei vari paesi (Rorty) / separa il potere dalla politica.
rilievi
tratti dal lavoro di Barman e Bordoni
in Stato di crisi,ed. del 2014, trad.
it. del 2015: uno dei miei riferimenti
illuminanti…
…e la scuola in estraneità
ripetitiva / metto un punto in
continua riflessione al…spero…al prossimo…
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