domenica 19 aprile 2015

VENTICINQUESIMO SOLILOQUIO

Virtuale, configurazione spazio-temporale connotativa di un capitalismo che si attiva nell’autoestraniamento dal lavoro / declinazione effettuantesi, pertanto, attraverso una sospensione del normale rapporto di referenza / “afferra” in sé gli indici già rilevati e la motivazione di lettura del profondo in denotatività delle “categorie” con le quali si sono resi leggibili modernità e postmodernità / di conseguenza fa luce una esigenza interrogativa vagliatrice, svincolata da ogni formalizzazione di ragionamenti normativi; richiesta vitale oggi, per una configurazione di operatività sociale sottratta sia alla politica réclame sia alle egemonie culturali del marxismo, del liberalismo e dello stesso neo-liberalismo, il quale sembra, oggi, mostrarsi il lettore più “credibile” e ispiratore della politica, esemplificata dalla tecnica operativa della sua logica economicista, riguardante in prima istanza, la flessibilità del lavoro estesa ai datori di lavoro, per esigenze temporanee di produzione, e giustificata propensiva di occupazione e nuove opportunità per giovani e donne / politica da noi praticata da Renzi, col beneplacito della Merkel.

Virtuale, pertanto, va ricondotto alla genealogia del suo prendere storia: istanza economica ricostruita in operatività finanziaria di scambi fruttiferi di ricchezza / terreno immateriale su cui defluisce denaro volatile e senza volto (si rimanda al precedente sol.) / in tale caratteristica è rilevabile un autodissociarsi dalla sintattica terminologica del nostro uso linguistico: si produce nella denotatività della connotatività della sua semantica che la significava possibilità d’essere / si attiva temporalità in assetto-base in fluttuanti oscillazioni, provocate dall’intreccio, estemporaneo o valutato secondo esige di mercato, di scambi, relazioni, operazioni, finalizzati a produrre ricchezza, di una configurazione mondana in temporanei variazioni di equilibri, correlata alla situazione di fatto con un sociale, a sua volta, genealogicamente determinante della possibilità del suo farsi strada / frattalità di equilibri nella dinamica fluttuante delle sue operazioni, generatrici di evoluzioni differenti dalle precedenti, ma assimilabili nella produzione di ricchezza / frattalità, che, per la correlazione, incide profondamente negli equilibri sociali delle varie geografie politiche e che si ripercuote sulla vita delle persone.

Correlazione irrelata, in un inradicamento genealogico geografico, quindi non cosmologico né ontologico, lascia emergere una situazione de facto che delinea una differenza oggettiva, nella rialiattulizzazione dei meccanismi di interazione, tra un oggi, socialmente in crescita entropica, e un ieri passato e prossimo, le cui rispettive situazioni de facto si determinavano attraverso meccanismi di interazione, egemonizzati, rispettivamente, da un capitalismo, in lettura di Marx, del produrre per produrre ricchezza (il Capitale); e la più recente, in successione rettilinea uniforme, letta da Adorno, nell’assunto teorico del valore, in funzione del quale <i consumatori…credendo di consumare il loro valore d’uso, consumano di fatto il valore di scambio, per la forma di merce che assume> (Dissonanze).

In tale contestualità in movenze dinamiche, appunto, per gli effetti solventi di un capitale finanziario, la cui flessibilità delle disponibilità finanziarie e del loro ampio raggio di investimenti produttivi produce simultaneamente concentrazione di ricchezza e incertezza e instabilità negli individui e nel loro rapporto sociale (Zygmunt), si rivela il carattere dilemmatico del cambiamento in atto.

Dilemmatico, mette in circolazione un interrogativo cruciale / interrogativo indispensabile, per reperire, nello spazio di confine che distingue la smaterializzazione del capitale - proprio nello spiegare l’originalità dell’intelligencija che la corrobora e la quale non è indipendente, ma genealogicamente radicata nell’esistente culturalmente organizzato -, dalle forme precedenti.

Una originalità, quindi, genealogica, manifestazione, nella contingenza del presente, di una peculiarità, prerogativa di ogni uomo, di essere, per dirla con Monod, dotato <di un progetto ׀ io direi: intelligencija, produttiva del figurabile progetto ׀ rappresentato nelle loro strutture e al tempo stesso realizzato mediante le loro prestazioni> (Il caso e la necessità). / Essa è tale, in quanto si rivela portatrice di una singolare cesura che staglia la differenza con l’intelligencija, connotativa del <nucleo logico> della nostra razionalità.

Cesura / sottolineo il termine di proposito / in essa è l’avvento del problema che salta fuori radicale e risolutivo nelle sue soluzioni oggi imprevedibili / cesura, manovra operantesi nella snodabilità virtuale del capitale finanziario / manovra economica, la quale è tale in quanto è sociale e in esso si rivela nella sua statura culturale / problema in inasprimento per l’intrecciarsi casuale con l’evolversi del processo di deoccidentalizzazione nella sfida dell’Islam e nella minaccia dell’imperialismo economico della Cina. 

Essa dà adito a problematiche aperte intorno a quel <nucleo logico> nei vari giochi tematici, messi in atto dai vari stili enunciatici delle varie discipline, intorno all’annoso rapporto tra discorso e realtà, proposto come solvente dei problemi socio-politici del nostro vivere comunitario, rendendo necessaria una meditata riflessione sulla nostra razionalità normativa e che passa, facendo mia una sollecitazione di J.-M. Lévy-Leblond (L’esprit de Sel ), in <messa in cultura della scienza>, estesa a tutti saperi e, poiché non è una questione elitaria, in messa in cultura del nostro agire pensante come individui sociali.

La contestualità degli effetti solventi sul nostro quotidiano vivere del taglio di cesura operato e operabile da quell’<immateriale, volatile e senza padroni> (Bordoni) con il quale si dà oggi il figurato del capitalismo: il virtuale, rende indispensabile passaggi graduali di una messa in cultura del nostro agire individuale, politico, sociale tutt’uni con il divenire dell’esperienza, senza ritorni / siamo <figli del tempo>, scriveva qualche hanno fa Prigogine. / oggi, in un sociale, perforato nella sua radice materiale e formale - spinosità di un passaggio / interrogare interrogandoci, per capirci, all’interno di una confusione di idee e di linguaggi, miscelati con una mistica piagnistea che ci lascia immiserire in un precariato economico, esistenziale, culturale / spinosità, incentivante, in conseguenza, un tirare fuori dai cardini economici i segni che rendono leggibile il livello di cesura del virtuale nei confronti della nostra travagliata, ma sfavillante tradizione culturale.

a poi
Franco Riccio

Nessun commento:

Posta un commento