domenica 19 aprile 2015

VENTIQUATTRESIMO SOLILOQUIO

Riprendo il filo della riflessione nel punto della sua sospensione: gli stralci di lettura:

causale più lampante, visibile ad un laico come me di tali problemi, è marcata dall’indebitamento degli Stati: <non hanno la forza, forse neppure gli strumenti. Possono solo tagliare alla rinfusa, esasperando la recessione> (Bordoni), lasciando, ogni individuo all’arbitrio del mondo, generando un acuirsi dell’imbarbarimento del rapporto relazione, anche il più intimo: ci aggiornano la cronaca e i notiziari televisivi; mi amareggia e mi nausea il linciaggio carognanesco verso chi è indiziato di reato, ma non dichiarato ancora colpevole, da parte di chi si arroga il diritto di giudizio in nome di una sana politica senza politica: inedita “etica” del calcolo di esercizio di potere – credo con il beneplacito di Foucault; 


la non meno evidente è descritta da Zygmunt <crisi di rappresentanza>, giustificata dalla doppia sfiducia e perdita di credibilità del pubblico sia <nella saggezza e ”potenza dello Stato> che della <mano invisibile del mercato>;

la causale dell’imbarbarimento, qualificante la specificità del nostro vivere singolarmente, senza distinzione di età, sesso, ruolo, la nostra quotidianità in un territorio comune, che noi persistiamo a chiamare società, tale, ripeto, da rendere inaffidabile i nostri rapporti umani, è individuata da Bordoni nel vivere l’individuo <in una perenne crisi> assimilando in lui, il quale è poi un noi, l’insicurezza congenita in uno stato di sincope; insicurezza, tra l’altro, <dominata da ripetuti tentativi di aggiornamento e di adattamento, che sono continuamente rimessi in discussione> - discussione? Scambi verbali contendenti un primato di accorgimento del problema che si estingue nel vocio;

nel seguente rilievo di Bordoni rinvengo il fattore politico-culturale che rende fumigante le azioni dei politici e selvaggio l’abito del linguaggio in uso da politici, giornalisti, presunti moralisti e l’esibizione televisivi dei vari dibattiti; rilievo, pertanto, attrattore, per me, gravitazionale della disintegrazione del tessuto sociale – e su cui è necessario interrogarci: il divorzio tra <potere e politica>, produttore, secondo Bordoni, di un nuovo tipo di paralisi, attuando <una sorta di “statalismo senza Stato”, come l’ha definito Balibar, che è poi una forma di “governance” indiretta, obbliga di governare> - vocabolo che offende la dignità di ogni uomo / i vecchi contadini usavano quel termine per gli animali / ora è un diritto democratico che elimina la differenza fra l’uomo di “centro”, di “destra”, di “sinistra”, di “estrema sinistra”, della così detta “antipolitica”, di “coalizione sociale”, di “rivoluzione civile”: obbligo di governare / perdono: in delega che diventa di fatto atto/diritto liberatorio da ogni responsabilità verso i deleganti, i quali rimangono appendici delle loro delibere e che diventano attori politici nell’attimo del deposito della scheda nell’urna. Da qui l’antico rapporto del lupo contro lupo si attualizza, nel segno di sana politica, senza politica poiché essa si manifesta, come palesano gli autori del testo, in forma di potere / potere? Direi, in linea con Foucault, esercizio di potere, aggiungendo, rivestito di moralità;

e il modo di avvertire i sintomi che la crisi va manifestando nel suo decorso, sia all’interno delle geografie europee sia nel travagliato e composito territorio islamico sia nell’avanzata incontrollabile dell’economia cinese, e, in parallelo, le risposte alle domande che essa pone, in Europa, vanno ripiegate settorialmente o nel singolo episodio e in taglio, nel nostro paese, burocratico normativo e meritocratico (il “prezzo”, Habermas / misura del rendimento, anche nell’insegnamento / non sanno quel che dicono); tra l’altro, presente anche nelle voci dell’anti-politica, della coalizione sociale tra le forze di sinistra (?!?): Abbiamo bisogno di storia / nell’insieme del rilievo, nel rifletterlo, percepisco una certa tendenza liquidatrice della nostra cultura, presagio, nel monito di Adorno, in Sociologia II, di <ricaduta nella barbarie> 


il filo rosso che attraversa il paesaggio, composito nella distribuzione articolata dei vari settori (economico, politico, sociale, culturale) che ritraggono l’equilibrio sociale delle nostre geografie politiche, colpendone i registri nella forma di intelligibilità che li qualifica europee, è tessuto dalla cangiante fisionomia dell’attuale capitalismo nel persistente suo ruolo di controllo della società. 

Evidenziarne la trasfigurazione in atto come il filo rosso, per me, è inevitabile perché in esso si trovano innescate le operazioni debilitanti o rinnovanti quella conformazione nella sua capacità produttrice di condizioni di vivibilità del nostro vivere comunitario. Ne è motivazione il riscontro di una attivante crescita spontanea, che definirei entropica, considerata nella doppia valenza liquidatrice/innovativa di quel che costituisce la nostra impronta di intelligibilità; cioè, esprimendomi nel linguaggio di Frege (Il pensiero), il <nucleo logico> attorno al quale si sono e si istruiscono, in varietà notevole, le <fogge> di pensiero filosofico, scientifico, politico, sociale ed economico, e i cui effetti solventi costituiscono il fascio coerente della linea regolativa con cui le relative situazioni de facto, nel connettersi, interagendo, contestualizzano lo status della società. Per me è il fornire uno strumento di lettura della crisi.


– un indice di possibilità – in questo spazio, propedeutica (inversione del mio proposito di dar precedenza alla esposizione degli autori del testo) alla mia lettura della singolarità che assume oggi quella trasfigurazione / singolarità, la quale oltrepassa i limiti dell’esperienza economica / accede al dominio dell’esistenza, investendo quel <nucleo logico>, radice genealogica della nostra razionalità, la quale al di là delle forme o dell’informe con le quali ha preso storia, ha assunto il compito di “chiudere “ nelle sue varie forme conoscitive o nel suo manifestarsi Altro, costruite/o all’interno della propria poietica, l’ondeggiamento incoativo dell’esperienza, tracciando un solco col dire attraverso l’esperienza del poiein (Hölderlin) e al suo travaglio della ricerca della poietica intorno a quella stessa incoatività / trasfigurazione di conseguenza perturbante in sé e perturbatrice delle geografie in gestione di politiche con la “politica” della delega, pertanto legittimante la sua posizione dilemmatica / offuscando il rinnovarsi stagionale dell’antica contesa tra pathos e logos, in una esperienza mondana in ardua miscellanea di indifferenza e povertà / e acutizzando il solco prodotto da quel <nucleo logico> tra razionalità e poesia / <nucleo> immemore del rilievo da esso sollevato per bocca di Aristotele che l’azione umana in se stessa, a prescindere dalle intenzioni che l’accompagnano è, nel dire di Hölderlin, un <agire poetare>.

Ora spazio agli autori del testo 

Bordoni individua, in lettura economica, condividibile, la singolarità del nuovo capitalismo in <quelle caratteristiche inconfondibili del sistema fondato sulla fabbrica, i grandi impianti, le concentrazioni, gli investimenti a lungo termine, la fidelizzazione della mano d’opera / ha perduto il suo stretto legame con il mondo del lavoro / si è smaterializzato / si è rivolto ai mercati finanziari / un luogo virtuale, quindi un “non luogo”, che non ha una collocazione geografica, ma si muove liberamente a livelli più alti, al di sopra dei territori, con una modalità frenetica, immediata, mutevole ad ogni indizio>.

divorzio tra capitale e lavoro / liquidazione dei capitali investiti nell’industria, col conseguente suo trasferimento nell’empireo della finanza sovranazionale, <dove gli anonimi della finanza virtuale non hanno responsabilità per i danni provocati dal loro operato>. 

Sottolineatura di Bordoni, il rifletterla, da un lato: obliqua il mio sguardo sulla cecità di una lotta sindacale contro un capitalista che non ha storia, anche lui travolto dal virtuale come ha reso inutile la nostra volontà, già adulterata, di elettori – la citazione di Richard Rorty da lui riportata ne è la fotografia: <Ora abbiamo una sovraclasse globale che prende tutte le principali decisioni economici, e le rende del tutto indipendenti dai legislatori e, a fortiori, dalla volontà degli elettori di un dato paese>; dall’altro, incentiva in me un atteggiamento interrogante in taglio operazionale, intenzionato a sollevare quella che per me è diagnosticabile questione ineluttabile / l’interrogativo ineliminabile, sottostimato dal rumore della crisi, per la risultanza peggiorativa sul mondo del lavoro e sulla condizione del ceto medio, nervatura per l’equilibrio della società, accusante, per necessità virtù, interventi indilazionabili. Nodo fuori dubbio problematico, provocato dall’inviluppo di divorzio tra capitale e lavoro e virtualità con cui si impone il capitale finanziario, fruttuoso di ricchezza, schermata di fatto dall’irresponsabilità giuridica, in quanto non riconducibile ad una persona fisica, ma all’investimento e di disinvestimento di denaro virtuale <all’interno di un intreccio imperscrutabile, relazioni, operazioni>, mosso solo da funzionari (Bordoni) / nodo, sul quale, se è pertinente l’interrogativo economico, è fondamentalmente un fatto sociale / in quanto tale i processi di oggettivazione delle sue operazioni economico-finanziari non possono che ripercuotersi in risonanza con le pratiche, direbbe Foucault, di “normalizzazione” della società.



Non si pone, di conseguenza, legittima la pertinenza dell’interrogativo non economico sul suo processo soggiacente alle operazioni imperscrutabili, e chiedersi: siamo in presenza di una nuova razionalità in un contesto singolarmente ambiguo?

In attinenza, la crisi, segnalando in quelle operazioni l’inviluppo avvolgente in sé il divorzio tra capitale/lavoro e la virtualità del capitale finanziario, viene a leggersi con l’etimo cruciale / me lo spiego: in quella nominazione viene a trovarsi la motivazione dell’interrogativo: solleva all’attenzione l’angolazione nevralgica del passaggio, estuario di alternative possibili, ma tutte gravitanti all’interno di quell’interrogativo, aperto a nuovi e imprevedibili tipi di formalizzazione dell’organizzazione sociale, i cui effetti si riverseranno sul comportamento degli uomini e sulla trasformazioni nei campi del sapere.


Nel virtuale è il segnale di una svolta che interrompe la linea retta del tempo su cui si è istituzionalizzato ed articolato la successione delle sue configurazioni territoriali il <nucleo logico> della nostra cultura / occorre, pertanto, poiché essa mette in bilico la nostra cultura nella doppia direzione verso la sua liquidazione o verso quella svolta nella quale è lo svelarsi di una modernità mai esistita, è necessaria una sua meditata riflessione / al prossimo.
Franco Riccio



Nessun commento:

Posta un commento