Ritorno al bisogno di storia,
- la nostra memoria da ravvivare, proprio oggi
/ in essa, ribadisco, è da
investigare la genesi implicita nello schema ordinatorio,
identico nelle variabili indipendenti del divenire dell’esperienza
umana, imposto alle coscienze / sradicarne la motivazione non
psicologica che fa di quella imposizione l’ordine naturale
degli oggetti: il grido di Adorno in Metacritica /
denunciarne un comportamento sociale.
Quel grido echeggia in me
la travagliata necessità del mettere in chiaro/scuro il
fattore chiave che genera il perpetuarsi della reificazione degli
uomini e del spazio interrelazione – la tessitura di
quella che noi, per cultura, definiamo società / il
legame spontaneo, espresso da quel vagito, paritario di
una disuguaglianza basilare disadorna dall’abito civile;
disuguaglianza, la quale per un artificio strategico, provocatorio di
una sua dimenticanza, è divenuta essenziale per una
correlazione, assorbita, oggi, dall’inferenza
statistica, funzionale all’equilibrio mobile della sua
governabilità.
e i miei pensieri schivano la
conseguenza logica di una intenzione di ricostruire quel filo
intrecciato dei rilievi storici / interruzione per un ascolto,
non igienico al riflettermi / ricezione che continua a
distogliermi dal quel filo, per me essenziale / un impulso
stimolato dall’ascolto inattivo del consueto e
contraddittorio dibattito televisivo sulla crisi che attualmente ci
coinvolge: un sovrapporsi di motivazioni causali / estemporaneo
bisogno di annotarmi alcune mie riflessioni, riallacciandomi al
soliloquio precedente, esortante un reciproco ascoltarci nel
riflettere proprio sulla crisi che, appunto, ci coinvolge
direttamente.
Crisi, - e nel mio
rifletterla rilevo un indice, per me pregiudiziale, da sollevare
all’attenzione: la reciproca convertibilità dei perturbanti
dispositivi dei processi di ordine sociale, economico-finanziario,
politico, culturale, scientifico, informatico, ai quali si innerva
una rivoluzione climatica provocata dalla “ingegnosità”
dell’uomo: un aspetto da riflettere a più voci, poiché tale
convertibilità, per la multiformità con cui si
manifesta, rende problematica la riduzione ad un unico indice di
causalità.
Per tal motivo scelgo di
“lanciare” alcune chiose.
Indicibilità del fattore
chiave del perturbamento che ci, ripeto, coinvolge e ci rende
responsabili?
o
nebbia offuscante il nostro
agire pensante, sviato dal miraggio dell’immediato vantaggio,
eredità di una interruzione storica, iniettante quello
spirito di gravità, denunciato da Nietzsche e ribadito da
Adorno in principio di realtà che rende ad ogni individuo
<pesante la terra e la vita> (Così parlò Zarathustra>?
il problema, il mio
– ma, non è il nostro nodo problematico? complesso e
slittante in conclusioni smisurate, a causa del reticolo
dell’immissione dei vari input che lo scansionano, e, quindi,
riduttivo per una riflessione solitaria: perché non riflettere
coralmente in un ascoltarci reciprocamente, liberi da quel conflitto
delle interpretazioni, l’antinomia in cui si impiglia la
cultura, proprio in quella <tendenza più forte> di radicalità
critica?
Adorno e Horkheimer, in
Sociologia II, ci pongono di fronte ad una grave
responsabilità: <…la teoria della società, e qualsiasi prassi
che si orienti su di essa, non può buttarsi col coraggio della
disperazione dalla parte della tendenza più forte, colpire ciò che
cade e far propria la liquidazione della cultura: altrimenti si fa
complice della ricaduta della barbarie>.
Problema sociale in quanto
problema culturale, il quale è tale in quanto è problema
sociale? Il monito di Adorno (Parole chiave).
Il pericolo del gettare <il
bagno col bambino dentro il bagno> (Minima moralia) esiste.
Altra annotazione. Il
fissaggio di un unico indice causale del fattore chiave
della nostra reificazione e del nostro spazio interrelazionale
circoscritto in un settore specifico è irriducibile ad un
rapporto di conoscenza / ciò che annoda il nostro nodo problematico
è la risultante dall’intrinseca qualità differenziale degli
elementi che lo costituiscono / problema, imposto,
oggi, dall’accadimento storico che ci pone oltre
quella modernità, profetizzata da Hegel e ridiscussa sino
all’altro ieri, oggetto della mia riflessione sul risveglio
della nostra memoria – oggi nell’oscurità del domani.
Il silenzio? Tacere nel
rimbombo delle voci ?
Di contro non parlarne, provo un
disgusto verso me stesso in neutralità / mi renderei complice sia
con l’egocentrismo degli indifferenti sia con la coralità
del tanto per parlare mentre la società va in balia del
mondo.
Pressato da tali problemi / il
subire una posta in gioco in cui l’individuo viene soltanto
considerato indirettamente; direttamente, in mistica
coralità, nella sua disperazione / la casualità della
lettura della frase di Habermas e l’immediato flusso illuminante
decidono sulla scelta di annotare queste mie osservazioni.
Altra postilla –
rimuovere un accento: dalla verità all’effetto
solvente di un pensiero scientifico, filosofico, politico,
economico, teologico…avvincente e trascinante / retaggio di
una egemonia culturale: mi sono di conforto Foucault, Lacan,
Lévy-Leblond.
Ancora una glossa –
viviamo un salto di esperienza planetaria strutturata e
ordinata, basata su degli elementi semplici irriducibili,
ad una esperienza rapsodica e disorganica, basata
dalla riducibilità di quegli stessi elementi semplici:
intreccio tra il fenomeno scientifico della complessità e
quello informatico della newonto(techno)logy, per dirla con
Duque (citato).
Al di là dell’effetto
solvente, retaggio, su cui mi soffermerò nella ripresa
dello scorrimento storico, solleverò all’attenzione, alcuni
elementi, per me, interessanti e vincolanti, per il tentativo
di scioglimento (?), del nostro problematico nodo o, più
realisticamente, sgravarlo dalla sua statica onticità.
Complessità – un
aspetto, suggeritomi dalla lettura del saggio su tale argomento da
Isabelle Stengers (Concetti nomadi, già citato)
dà forza a quel tentativo e nello stesso tempo può far nascere una
riflessione in coralità differenziata dai vari punti di vista:
una premessa in parentesi: la
complessità si segnale per l’intreccio perturbante tra il
regime stazionario dei suoi attrattori e la dinamica frattale,
insorgente da attrattori che la Stengers definisce <strani>; la
riflessione che sollecito riguarda quest’ultimi, per l’effetto
solvente in positivo su quel nodo che ci affligge:
<essi impongono di pensare la
mappa dei problemi come un bilancio di esplorazioni locali, di
scoperte di possibilità di passaggio che non provano niente al di là
di se stesse, che non autorizzano né generalizzazioni né metodo>.
Una via da percorrere?
NewOnto(techno)logy –
delinea la convergenza tra Social Web e la Semantic Web
(hardware e software):
<è l’ordito sempre mobile
e sempre mutevole di relazioni instabili che formano noduli di
intensità in una Rete sempre in formazione e distruzione, come
risultato di incroci che aumentano o diminuiscono in base all’uso>.
Non si intessa con quell’altra
via, se la adoperiamo come prestazione?
Riflettiamo riflettendo in
noi fuori da quella condizione ideologico-culturale che ci rende
stranieri.
Rientro in me stesso, riallacciandomi al mio affanno.
Rientro in me stesso, riallacciandomi al mio affanno.
Franco Riccio
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