Il mio interrogativo
un riflettere riflettendomi in esternazione come se
servisse a smuovere qualcosa tra il chiacchiericcio generale e il profetizzare
chiaroveggente che acuiscono le cicatrici di
un legame sociale adulterato in origine.
Inservibilità e inefficacia, implicazione di una pratica
comunicativa tra sordi / diffusa verbosità di linguaggi raffigurativi di una
oggettività effettuale, incrinata nella sua struttura di base, tacitata e
rilevata in singoli prospetti, indubbiamente gravi e necessitati di interventi
immediati, su cui grava l’enfatizzazione moralistica che colpisce l’uomo in colpa,
meritevole dell’adeguata punizione, e diserta la condizione di base – manifestazione di una malattia sociale, radice
rizomatica, la quale si riproduce in sintomi diversi: il muro del silenzio.
Infertilità / la “gramigna” si fa “grano” / seduzione interiorizzata in funzione attuale di una dipendenza assoluta, modernizzante nella
tecnologia mobile il già citato mito
di eros: il divino logos (Eraclito), il quale <costringe al suo volere,
riverbera nell’acquiescenza, quel <fuoco sottile> (Saffo) che serpeggia nelle vene di ogni uomo
posseduto da quel segno / <perché questa generazione ha bisogno del
segno?> (Marco, 8.24); - metamorfosi di un capitalismo sempre più regolatore
dell’ingegno dell’uomo e che, nell’assunto teorico del <valore>,
trasforma i consumatori, <davanti ai capricci teologici della merce…in scaccini (sacrestani), i quali, credendo
di consumare il loro valore d’uso, consumano di fatto il valore di scambio, per la forma di merce
che esso assume> (Adorno, Dissonanze).
Inquietudine di scelta. Screditato il dialogo in rissa / mostrandosi il contendere:
- presunzione condominiale di una forma razionalmente
idonea a regolare: la relazione sociale, lo scambio intersoggettivo, l’amore,
il crimine, il tipo di modello economico da adottare, pacificando imprenditore
e lavoratore, dando così lavoro alla massa, sempre più crescente, di
disoccupati giovani e non più giovani {fatta salva l’emergenza, diritto al lavoro
è una questione che va rivisitata in
profondità: il lavoro è lo svolgersi dell’energia vitale peculiare
all’agire pensante di ogni individuo,
connaturata al talento e alla predisposizione
individuale; energia, la quale identifica una identità di base comune
nella variante delle forme di attività
che assume sotto l’influenza regolativa della società – diventa agire economico nell’inscrizione nella
rete totale degli scambi dei beni}, l’università, la ricerca, la scuola {altra questione centrale: sono spazi concentrici di vasi comunicanti, aventi il centro in comune nell’autocrescita
individuale e non settori
differenziati in linea aristotelica
mai spezzata ׀ l’osare illuministico: un bluff dell’uscita dell’uomo dall’atavica minorità ׀: <si diventa costruttori di casa col
costruire case e citaredi col costruire la cetra…lo testimonia anche ciò che
avviene nelle città: infatti i legislatori rendono buoni i cittadini facendo
acquistare buone abitudini> (Etica
nicomachea, 1103 A
33-B4)}; - polivocità di toni
discordanti, ma uniformi nella scala,
tendente nello stesso ritornello di rappresentare
i bisogni e la rabbia della gente,
sempre più immiserita e stordita dalla confusione
insita nei loro linguaggi; - lo stato, la democrazia, la sovranità del popolo,
e il linguaggio che li definisce entra in tilt nell’intelligenza dell’individuo
/ lo stato? un super individuo uno e
trino, lacerato dalla conflittualità della sua stessa trinità nel
contenzioso litigio di attribuzione
di indipendenza in miscellanea con autonomia – concetto, questo, non
equivalente all’altro, in quanto l’autonomia
contempla la non ingerenza nell’ambito
di competenza; mentre indipendenza è
tale per la sua irresponsabilità verso
l’esterno, obbligo questo che il concetto autonomia ingloba / la democrazia?
autogoverno del popolo, nel
quale è intrinseca la sua sovranità,
conquistata attraverso le lotte contro la dittatura e contro ogni forma di privilegio, sanzionando una uguaglianza di natura nelle differenze
individuali – oggi, formalizzata
nella delega a una formazione sovrana, la quale, in forza del voto in fede, assume la legittimità di governo.
retaggi di una malattia sociale inoculata
storicamente
Cristo non si è
fermato ad Eboli, Carlo Levi! Si è
fermato, chiedendo perdono agli storici e ai cattolici, nel, VIII sec., prima della sua nascita, al verificarsi
di un vasto movimento di colonizzazione che porterà alla fondazione delle città greche su tutte le coste del
Mediterraneo, dal Ponte Eusino alla Spagna.
Un ricalco di
metafora intrecciato di storia nel quale metto in gioco la mia reputazione di
artigianato filosofico, provocando in me un doppio patimento: sfiducia a me
stesso nel temere di cadere nell’arbitrio; scetticismo verso un sapere
caratterizzato in <struttura di potere degli esperti, espressione di una
dimensione sociale sempre più tecnocratica> e, aggiungerei sotto l’egida del
mercato (J.-F. Lyotard, La condizione postmoderna).
Condizione del postmoderno? Retaggio pedagogico come condizione necessaria affinché una
società, qualunque sia la <sua
forma costituzionale>, ne salvaguardi il regime <e, all’inizio, la sua stabilizzazione> (Aristotele, Politica A II-8)?
Interrogativi in sospensione / intervallo per una
riflessione comunitaria, contribuendo in comparazione con una mia travagliata scelta di posizione angolata – scelta che spero di esemplificare nel
prossimo soliloquio.
Franco Riccio
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