lunedì 15 dicembre 2014

OTTAVO SOLILOQUIO


Possibile strada per una rivoluzione culturale della società, indicante, a chiusura del mio settimo soliloquio, rivolgendomi all’interrogativo di Marco Furia (sono proprio davanti a un soliloquio?) una prassi dell’ascolto reciproco.
Un per me, certamente. Un pensiero soggettivo di un uomo, come la grande maggioranza dei miei simili, senza qualità, Un <”panproblematismo”, mi direbbe Daniel Andler (Problema. Una chiave universale, in Concetti nomadi di I. Stengers, già citato), puramente verbale>. Desiderio di un certo mio stato d’animo – lo confesso. Desiderio che socializzo e vorrei percepirlo ascoltando il travaglio esistenziale di chi, come me, vive come <appendice>, per dirla con quella tensione di Adorno ribelle alla reificazione dell’individuo, di un processo sociale in < balia di un mondo>, preda da una anonima macchinazione internazionale economico-finanziaria, agevolata dalle avanzate tecnologiche, dettante equilibri sociali, funzionali al suo occulto dominio, da un lato; dall’altro, dalla progressiva deoccidentalizzazione dell’occidente e il profilarsi di lotta di religione, mascherante la motivazione economico-politica; e quello, il quale è maledettamente disumano, la dilagante pauperizzazione che investe, a gradi diversi, i vari ceti sociali del mondo: palcoscenico planetario di un teatro dell’assurdo, debuttante, in quello status, una uguaglianza di base / e si ergono i profeti dalla sgorgante parola innovata mobile – il software, turlupinandone quella conquista di comunicazione di base, possibilitante una percorribile via trasversale di uscita dall’atavica minorità, e, invece flauto magico, rassicurante, attraverso la nostra cambiale in bianco, salubri spazi di vivibilità tra l’incalzante insalubre criminalità, senza geografia, e l’indeteriorabile corruzione delle persone per bene.

Un desiderio, pertanto, sintomatico di una posta in gioco inafferrabile / la possibilità di scelta: bisogno di un viandante in affanno di uscire dalla sua solitudine e comunicarla per quella via trasversale, se considerata prestazione, la rete, come pratica del nostro agire pensante, quindi, riflettente, tra il vocio tanto per parlare / non paradigma, ma referente discutibile aperto e diretto ad ascoltare ascoltatori possibili: ascoltiamoci, ciascuno con la singolarità del dicibile delle proprie riflessioni; trasformiamo il perpetuarsi di un conflitto interpretativo, retaggio di quel pensiero della <gerarchia violenta> (Derrida) che riduce ad una unica angolazione di lettura le varietà spigolose di un sociale senza legame compartecipativo – infezione ereditaria -; cresciamo insieme nella differenza.
Franco Riccio 


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