SESSANTASETTESIMO
SOLILOQUIO
Quel
bisogno di riflettere...in chiusura della precedente
esternazione...mi grava di una responsabilità nel decifrare il
divario intorno al taglio di considerazione sulla cultura
/ divario, tra una letturatura del termine cultura:
concettuale, psicologica, sociologica, scientifica, antropologica
estetica, da un lato; dall'altro, gli uomini e il loro habitat /
divario, su cui, oggi, si coagula una nebulosa che aggrava e
rende pericolosa la confusione in atto.
Sul piano
del dibattito teorico...ieri, oggi avverto un silenzio
che mi preoccupa...esisteva una convergenza...nella diversa
angolatura...nel precisare che dire cultura è dire storia.
Indubbia
svolta / quell'identità mi spingeva...e mi persuade
oggi a maggior ragione...ad un obliquo riflettere su quella
identità, innegabile fonte del sapere, della scienza,
della organizzazione del nostro vivere sociale / un tangenziale
alla feconda letteratura su tale argomento, per due cesure:
delimitare il termine cultura all'area mediterranea, in
quanto centro propulsore di una spirale di significatività
che trasformerà l'Europa geografica in civiltà occidentale / un
mettere in questione quell'identità, quale...a me...si
manifesta congiunzione disgiuntiva di due datità,
compiute in sé, e riportare quella identità al suo
costruirsi tale / aspetto, quindi, caratterizzato dalla
temporalità, crocivia di un contesto, rete di aspetti,
associanti situazioni soggettivi e oggettivi.
Complessità
di un problema che produce problemi <come le api: si disseminano
ogni volta che sia raggiunta una massa critica> (D. Andler,
Problema,
in Concetti
nomadi,
cit.)
/ ramificazione di problemi che zittisce l'ultima
parola / complica
il mio travaglio, soprattutto nella scelta dei risalti
di riferimntento, necessari per inquadrare la questione cultura:
termine indicibile
nella sua dicibilità
nel prendere identità
<a
partire da una intenzione oggettivistica>...
...e
in quel suo presumersi obiettivo,
il dato
di fatto si
costituisce reale
nel
sanzionare
un presunto <ordine eteronomo, progettato in <costituzione
ontologica di ambiti e regimi specializzati...
...ordine,
il quale si sottrae <alla giustificazione di fronte alla
coscienza> (Adorno, Dialettica
negativa),
<lasciando valere delle affermazioni sulla natura (di
quell'ordine) solo quel tanto che può essere captato dall'identità>
(Adorno, Metacritica)
delle
sue forme di intelligibilità...
…retaggio,
bagaglio del come noi
pensiamo,
qualsiasi sia il ruolo che copriamo.
Il
fronteggiare quel pericolo è il mio ricorso a dei risalti,
estratti dall'Archeologia
del sapere e
dalla Genealogia
di
Foucault, in correlazione disgiuntiva con Augusto Böckh,
<uno dei fondatori della moderna filologia>,
nell'intepretazione di Vincenzo Vitiello (Hermes,
o
della contraddizione,
in <Anterem>, n. 89) / tali risalti
mi incoraggiano ad interpretare un rilievo
che
traggo dalla documentazione ellenistica.
<Il
bisogno nel pensare esige...che si pensi...in quanto esso stesso (è)
un comportamento> (Adorno, Dialettica
negativa)
/ l'intenzione oggettivistica...in
forza del linguaggio che rende manifesta la sua trasparenza, cioè la
comunicazione del <criterio del concetto superiore (che) sussume
(il dato
di fatto)
e fa saltare la sua identità (epurandone) i tratti intramondani>
(ibidem).
Quei
tratti
intramondani...irrilevanti
per quella intenzione oggettivistica...ne dilatano la restrizione,
rendendolo complesso
/
ad essi...dalla mia angolazione...occorre portare l'identità
cultura/storia,
per una sua più schietta trasparenza, tangenziale alla letteratura
/ scelta
nella consapevolezza che essa, in utima analisi, è la mia
interpretazione (Böckh,
in Vitiello).
Quei
tratti
mi
instradano verso quel <campo di determinazione storica>, messo
in risalto da Foucault / campo...indicativamente da Foucault...che
nel <corpo (viene a delinearsi a) superfice d'iscrizione,
iscrittoria di tutti gli avvenimenti> (genealogia):
ciò che è mondano implica il vissuto
e
il vivere
di ogni uomo, - la mia deduzione / deduzione che si potenzia,
leggendo quella <superfice d'iscrizione> con l'assunto
filologico di Augusto Böckh
(Vitiello); assunto, il quale mi spinge a considerare, nel mio
riflettere quel <campo>, di inserirlo <in una rete di
significati che lo comprendono>, ascoltando l'avvertimento che
Vitiello rileva in Bŏckh: quel contesto
ha
una sua normativa e l'atto che lo
significa
è...ribadisco... attribuito dalla mia
interpretazione.
Interpretazione
soggettiva, comunque, sostenuta da un dato
di fatto, già
espresso in un mio precedente blog
che qui esterno in
breve: VII-VI sec. a.C., sono verificabili nelle colonie greche e
nella stessa Atene dei mutamenti nella travagliata organizzazione
socio-politica (dal regime monarchico di tipo omerico all'oligarchia,
con sprazzi di temporanea “democrazia”) / è ravvisabile
un distendersi fuori area alla ricerca di nuovi mercati per il
commercio che poi si sviluppa in vasto movimento di colonializzazione
che porterà alla fondazione di città su tutte le coste del
Mediterraneo e in Atene / avvenimenti intessuti dall'alfabetizzazione
dell'alfabeto siro-fenicio, introdotto nel sec. VIII: - il conosciuto
di quel <campo di determinazione storica>, normato in
conformazione figurativa...cioè mitica..., ideativa di
un tempo ciclico che misura il ritorno dello stesso (Hölderlin,
Sul tragico).
Il
dato di fatto,
verificabile in qualsiasi manuale di storia antica e in ogni
enciclopedia / dato,
lasciato correre dal pensare sia in registro
filosofico sia in
quello delle scienze umane e antropologiche / <il
fatto (di quei
registri)
non è rivolto alla storia...ma ciò che è “prima” della storia
e che lo storico mai non attinge. Non (possono) attingere, perché la
storia è allontanamento
dal “fatto”.
Storico è il verum,
mai il factum>
(Vitiello).
Su
quel sorvolare è
la mia riflessione obliqua: dissotterrare il pericolo che, in
quella identità (dire cultura è dire storia)
possa rintanarsi quello che si è manifestato virus in
propagazione che ha infettato a vari livelli il come pensiamo,
sia da intellettuali sia da giornalieri, cioè: il
pensare oggettivistico di ieri, e che oggi si
manifesta in un parlare tanto per parlare.
esternazione
al prossimo diario del mio pensare
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