martedì 7 marzo 2017

SESSANTASETTESIMO SOLILOQUIO

Quel bisogno di riflettere...in chiusura della precedente esternazione...mi grava di una responsabilità nel decifrare il divario intorno al taglio di considerazione sulla cultura / divario, tra una letturatura del termine cultura: concettuale, psicologica, sociologica, scientifica, antropologica estetica, da un lato; dall'altro, gli uomini e il loro habitat / divario, su cui, oggi, si coagula una nebulosa che aggrava e rende pericolosa la confusione in atto.

Sul piano del dibattito teorico...ieri, oggi avverto un silenzio che mi preoccupa...esisteva una convergenza...nella diversa angolatura...nel precisare che dire cultura è dire storia.
Indubbia svolta / quell'identità mi spingeva...e mi persuade oggi a maggior ragione...ad un obliquo riflettere su quella identità, innegabile fonte del sapere, della scienza, della organizzazione del nostro vivere sociale / un tangenziale alla feconda letteratura su tale argomento, per due cesure: delimitare il termine cultura all'area mediterranea, in quanto centro propulsore di una spirale di significatività che trasformerà l'Europa geografica in civiltà occidentale / un mettere in questione quell'identità, quale...a me...si manifesta congiunzione disgiuntiva di due datità, compiute in sé, e riportare quella identità al suo costruirsi tale / aspetto, quindi, caratterizzato dalla temporalità, crocivia di un contesto, rete di aspetti, associanti situazioni soggettivi e oggettivi.

Complessità di un problema che produce problemi <come le api: si disseminano ogni volta che sia raggiunta una massa critica> (D. Andler, Problema, in Concetti nomadi, cit.) / ramificazione di problemi che zittisce l'ultima parola / complica il mio travaglio, soprattutto nella scelta dei risalti di riferimntento, necessari per inquadrare la questione cultura: termine indicibile nella sua dicibilità nel prendere identità <a partire da una intenzione oggettivistica>...
...e in quel suo presumersi obiettivo, il dato di fatto si costituisce reale nel sanzionare un presunto <ordine eteronomo, progettato in <costituzione ontologica di ambiti e regimi specializzati...
...ordine, il quale si sottrae <alla giustificazione di fronte alla coscienza> (Adorno, Dialettica negativa), <lasciando valere delle affermazioni sulla natura (di quell'ordine) solo quel tanto che può essere captato dall'identità> (Adorno, Metacritica) delle sue forme di intelligibilità...
retaggio, bagaglio del come noi pensiamo, qualsiasi sia il ruolo che copriamo.

Il fronteggiare quel pericolo è il mio ricorso a dei risalti, estratti dall'Archeologia del sapere e dalla Genealogia di Foucault, in correlazione disgiuntiva con Augusto Böckh, <uno dei fondatori della moderna filologia>, nell'intepretazione di Vincenzo Vitiello (Hermes, o della contraddizione, in <Anterem>, n. 89) / tali risalti mi incoraggiano ad interpretare un rilievo che traggo dalla documentazione ellenistica.

<Il bisogno nel pensare esige...che si pensi...in quanto esso stesso (è) un comportamento> (Adorno, Dialettica negativa) / l'intenzione oggettivistica...in forza del linguaggio che rende manifesta la sua trasparenza, cioè la comunicazione del <criterio del concetto superiore (che) sussume (il dato di fatto) e fa saltare la sua identità (epurandone) i tratti intramondani> (ibidem).

Quei tratti intramondani...irrilevanti per quella intenzione oggettivistica...ne dilatano la restrizione, rendendolo complesso / ad essi...dalla mia angolazione...occorre portare l'identità cultura/storia, per una sua più schietta trasparenza, tangenziale alla letteratura / scelta nella consapevolezza che essa, in utima analisi, è la mia interpretazione (Böckh, in Vitiello).

Quei tratti mi instradano verso quel <campo di determinazione storica>, messo in risalto da Foucault / campo...indicativamente da Foucault...che nel <corpo (viene a delinearsi a) superfice d'iscrizione, iscrittoria di tutti gli avvenimenti> (genealogia): ciò che è mondano implica il vissuto e il vivere di ogni uomo, - la mia deduzione / deduzione che si potenzia, leggendo quella <superfice d'iscrizione> con l'assunto filologico di Augusto Böckh (Vitiello); assunto, il quale mi spinge a considerare, nel mio riflettere quel <campo>, di inserirlo <in una rete di significati che lo comprendono>, ascoltando l'avvertimento che Vitiello rileva in Bŏckh: quel contesto ha una sua normativa e l'atto che lo significa è...ribadisco... attribuito dalla mia interpretazione.

Interpretazione soggettiva, comunque, sostenuta da un dato di fatto, già espresso in un mio precedente blog che qui esterno in breve: VII-VI sec. a.C., sono verificabili nelle colonie greche e nella stessa Atene dei mutamenti nella travagliata organizzazione socio-politica (dal regime monarchico di tipo omerico all'oligarchia, con sprazzi di temporanea “democrazia”) / è ravvisabile un distendersi fuori area alla ricerca di nuovi mercati per il commercio che poi si sviluppa in vasto movimento di colonializzazione che porterà alla fondazione di città su tutte le coste del Mediterraneo e in Atene / avvenimenti intessuti dall'alfabetizzazione dell'alfabeto siro-fenicio, introdotto nel sec. VIII: - il conosciuto di quel <campo di determinazione storica>, normato in conformazione figurativa...cioè mitica..., ideativa di un tempo ciclico che misura il ritorno dello stesso (Hölderlin, Sul tragico).

Il dato di fatto, verificabile in qualsiasi manuale di storia antica e in ogni enciclopedia / dato, lasciato correre dal pensare sia in registro filosofico sia in quello delle scienze umane e antropologiche / <il fatto (di quei registri) non è rivolto alla storia...ma ciò che è “prima” della storia e che lo storico mai non attinge. Non (possono) attingere, perché la storia è allontanamento dal “fatto”. Storico è il verum, mai il factum> (Vitiello).

Su quel sorvolare è la mia riflessione obliqua: dissotterrare il pericolo che, in quella identità (dire cultura è dire storia) possa rintanarsi quello che si è manifestato virus in propagazione che ha infettato a vari livelli il come pensiamo, sia da intellettuali sia da giornalieri, cioè: il pensare oggettivistico di ieri, e che oggi si manifesta in un parlare tanto per parlare.

esternazione al prossimo diario del mio pensare

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